mo
. Significa fondamentalmente " ora ", adesso ", ma anche " poco fa ", oppure " fra breve ", indicando un tempo presente, o da poco trascorso, o di prossimo accadimento. È usato assai spesso da D., con differenti sfumature espressive.
Indica circostanza di tempo immediatamente presente: Cv III IV 13 questa canzone, che corre mo per mano; Pg XXIII 56 La faccia tua, ch'io lagrimai già morta, / mi dà di pianger mo non minor doglia (incontro con Forese); Pd VII 94 Ficca mo l'occhio per entro l'abisso / de l'etterno consiglio; Pg XXIII 111, XXXI 43, Pd XIX 67, XXII 11, XXIII 55, XXX 70, Detto 344. In Pd XXI 15 raggia mo misto giù del suo valore, indica un determinato mese, l'aprile, quando Saturno irradia sul mondo la propria virtù. Sempre in riferimento a tempo presente e, più precisamente, all'età contemporanea, in Pd XII 82 e XXII 73.
Altrove l'avverbio significa " poco fa ", " or ora ": If XXVII 20 O tu... / che parlavi mo lombardo; Pd IV 32 questi spirti che mo t'appariro, e XXI 143.
Isolato il caso di If XXVII 109 quel peccato ov'io mo cader deggio, dove indica circostanza prossima a realizzarsi.
Frequente la locuzione pur mo, " proprio ora ", " soltanto ora ", " allora allora ": If XXIII 28 Pur mo venieno i tuo' pensier tra' miei; XXVII 25 pur mo in questo mondo cieco / caduto se'; XXXIII 136 tu vien pur mo giuso (entrambi col valore di " da poco tempo "); e ancora Pg VIII 28, XXI 68. Preceduto da negazione, in If X 21 tu m'hai non pur mo [" non solo ora ", " non una volta sola "] a ciò disposto.
È da notare, infine, il triplice uso correlativo in Pd XXXI 48 mo sù, mo giù e mo recirculando, dove D. esprime l'impossibilità di percepire in un sol tratto l'Empireo, tale da non poter essere colto se non attraverso parziali visioni, volgendo lo sguardo ora in alto, ora in basso, ora circolarmente.