MITOGRAFIA (μυϑογραϕία)
Il mito (v.) è una creazione da cui prende forme e spirito ogni grande espressione artistica dei Greci. Esso si trasforma e si traveste via via che s'allontana dai tempi eroici, quanto più si fanno avanti e urgono l'illuminismo, il razionalismo, l'individualismo, le varie forze disgregatrici, che finiscono poi con il dissolverlo dalla coscienza e dal pensiero degli uomini a cui era connaturato; ma per la Grecia non muore del tutto neppure quando la crisi spirituale dell'età ellenistica porta definitivamente da codeste splendide figurazioni di vita esteriore, dal mondo delle favole, delle leggende, degli eroi a quello interiore dell'io. Secoli di cultura si erano sostanziati di codesto elemento, che parlava plasticamente vivo dalle opere dei più antichi e, meno a tinte di meraviglioso, ma sempre colorito e mosso, dalla poesia dei tempi più maturi; e proprio alla vigilia dell'era ellenistica, in cui la mitografia sorge, i peripatetici meglio d'ogni altra scuola avevano affrontato il problema del mito e mostrato la via d'afferrarlo nella sua vera essenza. Gl'impulsi a raccogliere sistematicamente e ad esporre in manuali il ricco patrimonio spirituale rappresentato dalla fantasia mitica vengono già di costà, anzi già dai Tragodumena d'Asclepiade di Tragilo, uno scolaro d'Isocrate; particolarmente però dalle esigenze che s'impongono all'attività esegetica della filologia alessandrina, il cui lavoro scientifico culmina in questo campo nel Περὶ ϑεῶν d'Apollodoro di Atene, e più ancora dai bisogni di quella cultura generale che si propagò largamente con i vaganti dotti d'Alessandria e al cui servizio appunto le compilazioni mitografiche vennero alla luce come lettura amena e necessaria a un tempo per intendere i poeti. Quale fosse allora l'amore del pubblico per la saga, risulta dal diffondersi di essa sotto forma di romanzo: un'apparizione letteraria che ha luogo dapprima con Erodoro d'Eraclea, detto da Aristotele il μυϑολόγος, autore d'un λόξος καϑ'‛Ερακλέα (attorno al 400 a. C.), non dotta esposizione dei viaggi e delle imprese di Ercole ma romanzo mitologico a tendenze razionalistiche allegoriche, peraltro non nuove fra i dotti, dove dal peregrinare dell'eroe si traeva occasione a dire di usi e costumi dei popoli. Questa maniera di favellare miticamente, scevra di vero sentimento mitico, tutta imbevuta di elementi razionalistici e umani, ha la sua più significativa espressione tra il sec. IV e il III con Evemero, con la sua ‛Ιερὰ ἀναγραϕή (Ennio tradusse sacra scriptio), coi romanzi geograficì di Mnasea di Patara, un allievo di Eratostene, e di Dionisio Scitobrachione (sec. II a. C.) e d'altri ancora fino all'età imperiale. L'estratto dell'opera Περὶ ἀπίστων di Palefato, un personaggio male definibile per l'età e per il nome stesso che forse è pseudonimo, è l'unico documento pervenutoci di certa ampiezza dal buon tempo per tale spirito raziocinizzatore con cui il mito fu infine generalmente veduto, per la sua concezione tra romanzesca e favolistica. Quindi abbiamo prodotti tardi, quali l'Anonymus de incredibilibus del codice vaticano greco 305. Naturalmente, simili tendenze non sono estranee ai manuali mitografici stessi, come risulta dalle propaggini che a noi ne sono giunte, l'opera Βιβλιοϑήκη d'Apollodoro, le Fabulae attribuite a Igino, gli excerpta del neoplatonico Proclo, le ἱστορίαι degli scolî omerici, tutti prodotti con cui hanno intime relazioni le Tabulae Iliacae, in quanto non risalgano a fonti assai più antiche, le Tazze Omeriche, di cui le prime cronologicamente sono del sec. III a. C., e poi storici come Diodoro, poeti come Ovidio, e forse anche, comunque in minima parte, le Hypotheseis o sommarî di lavori poetici nel senso di cui dettero esempio Dicearco e Aristofane di Bisanzio. Tali propaggini mitografiche da noi possedute non sono che assottigliamenti delle enciclopedie, che dovettero fiorire in buon numero tra il secolo II e il I a. C. e derivarono dalla poesia epica e drammatica, in genere dalla poesia, ovvero dalla letteratura genealogica e dalla storiografia locale, tipo quella d' Istro, l'allievo di Callimaco, autore d'una Συναγωγὴ τῶν 'Ατϑίδων o 'Αττικά che l'opera si chiamasse, insomma una raccolta di saghe attiche, di notizie sugli eroi, sulle feste, sulle istituzioni, dedotta da materiali storici antichi. Siffatte enciclopedie, che miravano alle persone di cultura e si chiamavan κύκλοι, ridavano in narrazione continua tutto lo svolgersi dei miti più comuni, dalle nozze di Urano e Gea fino al termine della guerra di Troia: abbracciavano con ciò nella tradizione più largamente accettata teogonia e saga eroica, poco occupandosi delle varietà di versioni locali o, altrimenti, conciliandole; oppure si restringevano, anche, a leggende di singole provincie. Di ciclografo ebbe nome un celebrato loro rappresentante, Dionisio di Samo, vissuto certo nel sec. II a. C., il quale nei 7 libri del suo Κύκλος ἱστορικός narrava, non senza spunti romanzeschi, i miti dell'antica poesia ionica, e, accanto, quelli degli Argonauti, di Eracle, di Dioniso. Sotto Cesare è da ricordare poi per eguale letteratura Teopompo di Cnido; poco dopo, Lisimaco d'Alessandria; infine quel Teodoro, sul cui ciclo furono costruite le figurazioni della Tabula Iliaca di Bovillae conservata nel museo capitolino, la quale porta il suo nome. Un Κύκλος è del pari la citata Biblioteca di Apollodoro, che dalle saghe teogoniche va fino alle genealogiche dell'Attica, ma da notizie dovute a Fozio, da un epitome di Tzetze, da frammenti rintracciati a Gerusalemme e a Roma consta che proseguiva nella parte perduta col mito ciclico e omerico fino alla morte di Ulisse. Base sostanziale della Biblioteca è la tradizione epica, riveduta però sulle varianti della finzione tragica: opera senza dubbio non originale, codesta, sì piuttosto, lo si accennava più sopra, rielaborazione e compendio di quei manuali mitografici da cui desunsero e Diodoro e lo Pseudo-Igino, e, come ormai con buon fondamento i più dei critici ritengono, Proclo, la cui Crestomazia vuole anch'essa, non altrimenti che tutta la mitografia antica, disegnare a larghe linee le concezioni mitiche, non punto riprodurre il contenuto e lo svolgimento di determinate creazioni poetiche; onde la prudenza che occorre per riedificare di là ad esempio i poemi ciclici, dove è essa a noi la sorgente principale d'informazione. Un genere mitografico fiorito collateralmente alle enciclopedie cicliche, ma con scopi diversi, è l'altro delle raccolte di mit[ speciali e meno noti, tipo il Περὶ ἐρωτικῶν παϑημάτων di Partenio di Nicea (sec. I a. C.), che abbiamo in estratto, una silloge di numerosi esempî d'amore infelice dedotta da poeti e da storici a uso di Cornelio Gallo per canti epici ed elegiaci e perciò con le indicazioni delle fonti, anche se queste nella forma in cui le leggiamo non dovessero provenire dall'autore. Simili le narrazioni mitiche, Διηγήσεις, che un Conone dedicò a re Archelao di Cappadocia (36 a. C.-17 d. C.), di cui abbiamo sommarî in Fozio; ovvero le metamorfosi in 41 capitoli di prosa d'Antonino Liberale, Μεταμορϕώσεων συναγωγή (sec. II d. C.?), ovvero ancora il raffazzonamento d'uno scritto d'Eratostene, la 'Αστροϑεσία ζῳων o le 'Αστροϑεσίαι ζωδίῳν, insieme con altri lavori analoghi, che ci documentano la fioritura di questi prodotti.
A Roma naturalmente la mitografia ha uno sviluppo più limitato e fluisce sostanzialmente, insieme col mito stesso, dalla Grecia. A tacere degli abbondanti e spesso importanti materiali che ci offrono per molte versioni gli scoliasti, specialmente di Virgilio e di Stazio, a tacere altresì di opere dotte che trattavano più o meno direttamente la mitologia, né soltanto la greca, quali le varroniane, i cui riflessi ritroviamo ampiamente nella prosa pagana e cristiana dell'impero, fondamentale è qui lo Pseudo-Igino col De Astronomia, originato da scaturigini alessandrine, e più con le già rammentate Fabulae o Genealogiae, che cominciando dal caos espongono gli alberi genealogici degli dei e degli eroi, e di seguito i miti di varî cicli, con vivaci elementi tolti dalla tragedia a dare colorito drammatico al racconto. Con questo autore siamo certo nel sec. II d. C. Una fortuna singolare attraverso i tempi era riservata in Roma, non meno che in Grecia, al mito di Troia cantato da Omero e da Virgilio, onde nel sec. IV e nel VI i fantastici libri, e per lunghe generazioni divulgatissimi, di Ditti Cretese e di Darete Frigio, nei quali ricompare il punto di vista realisticamente romanzesco già avviato per il mito troiano da Egesianatte (verso il 200 a. C.): all'autorità di Omero si contrappongono informatori delle età più remote o testimonî oculari della guerra. Fondamento storico o fisico-naturalistico o etico-allegorico si cerca ora volentieri nelle concezioni mitiche in Roma e in Grecia, segnatamente fra i cristiani, ma anche fra i pagani; quindi Marziano Capella, le Mitologiae e l'Expositio Virgilianae continentiae secundum philosophos moralis di Fulgenzio, e i tre Mythographi Vaticani, con il terzo dei quali si scende fino al sec. IX-X: il De deorum imaginibus è un estratto del medesimo. Sia accennato per ultimo alle Narrationes fabularum quae in Ovidii libris metamorphoseon occurrunt, tramandate senza paternità da un codice Marciano del secolo XI. Il Medioevo va specialmente sulle orme di Ovidio.
Edizioni: A. Westermann, Μυϑογράϕα, scriptores poeticae historiae Graeci, Brunswick 1843; Mythographi Graeci, I (Lipsia 1894), II, 1 (1897), III, 11 (1902) ad opera di varî editori; Mythographi Latini, a cura di Th. Muncker, Amsterdam 1681; id. id., a cura di A. van Staveren, Leida e Amsterdam 1742; Mythographi Vaticani, a cura di A. Mai, Classici auctores, III, Roma 1831; G. H. Bode, Scriptores rerum mythicarum latini tres, Celle 1834.
Bibl.: E. Schwartz, De scholiis homericis ad historiam fabularem pertinentibus, in Jahrbücher für Philologie, Suppl. 12°, e articoli su Apollodoro di Atene, Diodoro Siculo, Dionisio Scitobrachione e Dionisio Samio, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., passim; E. Bethe, Quaestiones Diodoreae mythographae, diss., Gottinga 1889; P. Wendland, Die hellenistisch-römische Kultur, 2ª ed., Tubinga 1912, p. 115 segg.; E. Rohde, Der griechische Roman, Lipsia 1914, p. 12 segg.; Christ-Schmid, Geschichte der griechischen Literatur, 6ª ed., II, i, Monaco 1920, p. 230 segg., 418 segg. Sulla mitografia latina in genere: V. Volgraff, De Ovidii mythopoesia, diss., Berlino 1901.