Vedi MITHRA e MITREI dell'anno: 1963 - 1973
MITHRA e MITREI
La religione del dio iranico e persiano M. si venne costituendo attraverso un lungo e complicato processo che, iniziatosi a Babilonia, si compì specialmente in Asia Minore al tempo della diaspora iranica (dopo la caduta dell'impero persiano degli Achemènidi, nel 330 a. C.) e al contatto con l'ellenismo. Al sincretismo religioso iranico-babilonese (assimilazione del dio solare M. al babilonese Shamash, il Sole) seguì un più accentuato sincretismo irano-ellenico, di cui è documento cospicuo il monumento sepolcrale del re di Commagene Anltioco I (69-34 a. C.) nella montuosa regione del Tauro (v. nemrud dagh), dove M. è identificato con Helios e con Apollo, Ahura Mazdāh (Oromasdes, v. ahura mazdāh), con Zeus e con Artagnes (l'avestico Verethraghna), con Eracle. Il risultato di questo processo fu la formazione di un mistero iranico analogo agli altri misteri orientali, ma sacro a un dio M., che non è un dio della vegetazione (non muore nè risuscita), ciò che conferì un carattere particolare al mistero stesso e alla sua iniziazione.
La deportazione dei pirati di Cilicia in Grecia per opera di Pompeo nel 67 a. C. (essi erano dediti, fra l'altro, al culto di M.) rappresenta forse il primo contatto del mitraismo col mondo occidentale. Ma in Grecia il mitraismo lasciò poche tracce (a Patrasso, al Pireo, nell'isola di Andro), mentre, a partire dalla fine del I sec. d. C.,. s'introdusse in Italia (Capua, Ostia), e in Roma, indi in tutto l'Occidente, specie nelle province nordiche di confine - Mesia, Dacia, Pannonia, Germania, Britannia - dove lo propagarono le guarnigioni militari, fra le quali il mitraismo trovò i suoi adepti più numerosi e fedeli.
Iconografia di Mithra. - Benché M. sia già noto da dati dell' Iran e dell'India, non ne possediamo rappresentazioni artistiche risalenti a quelle civiltà. Nel citato monumento di Mitridate Kallinikos e di suo figlio Antioco I sul Nemrud Dagh (v.) M. è raffigurato stante con corazza, mantello, tunica e berretto frigio, circondato da un nimbo e da una corona di raggi. Il dio tiene nella sinistra un fascio di rami e stende la destra verso Antioco, seduto sopra un trono.
Il monumento più antico che mostri la figura di M. che uccide il toro, come verrà poi moltiplicato sui monumenti del culto mitriaco sparsi nell'Impero romano, ci è noto da Roma e data dall'epoca di Traiano.
Un'altra interessante raffigurazione di M., diversa dal tipo usuale che ci è noto dall'età imperiale romana, si trova sopra un rilievo conservato a Roma: M. sta vittorioso sul toro col piede destro posato sulla testa dell'animale. Nella mano destra tiene il pugnale, nella sinistra una pigna o un globo. Il dio è vestito, come sempre, in abito orientale (berretto frigio, corta tunica, mantello e anaxyrides, cioè pantaloni lunghi e attillati). Questo M. stante è iconograficamente da accostarsi ad altre divinita orientali, quali Men (v.) e Sabazio.
La raffigurazione più consueta di M. è quella dell'uccisione del toro che appare in rilievi, statue ed affreschi soprattutto nel II e III sec. d. C. M. in costume orientale s'inginocchia sul toro e gli inserisce il pugnale nel fianco. Il sangue che scaturisce dalla ferita, si converte spesso in tre spighe di grano; un cane balza a lambire questo sangue, un serpente striscia verso la ferita; uno scorpione afferra i testicoli della vittima morente. Ai due lati del toro figurano generalmente due portatori di fiaccole. Cautes tiene sollevata in alto la sua fiaccola, Cautopates capovolge la sua verso terra. Questi due dadofori formano col dio stesso una trinità e ne portano anche il costume.
Altri simboli, quali i busti del Sole e della Luna nei due angoli superiori dei rilievi, i sette pianeti, i dodici segni dello zodiaco, una serie di sette altari, alberi appuntiti arricchiscono talora la raffigurazione della tauroctonia. Numerose varianti, più o meno notevoli possono trovarsi introdotte, ma il motivo principale rimane pertanto sempre il medesimo. "Vi è adattamento di un motivo volgarizzato a precise esigenze religiose" (Will). Una versione originale della uccisione del toro è stata data dallo scultore ateniese Kriton (v.) nel gruppo di Ostia.
Ci sono però delle rappresentazioni dove M. appare come cacciatore. Due affreschi sulle pareti laterali del mitreo di Dura-Europos (Siria) lo mostrano vestito alla guisa persiano-palmirena ed a cavallo. M. scocca frecce su due cervi, due gazzelle ed un cinghiale. È accompagnato da un serpe e da un leone, tutta la scena si svolge in un bosco. L'arco, le frecce, la faretra sono le solite armi di M. (vedi più avanti: nascita di M.; miracolo delle acque). Anche nell'occidente (Heddernheim, Rückingen, Neuenheim) M. appare come cacciatore. Un rilievo di Neuenheim lo raffigura a cavallo, accompagnato dalla serpe, con il globo in mano. La parte anteriore del gran rilievo del mitreo di Dieburg, anch'esso in Germania, rappresenta M. alla caccia di selvaggina. È seguito da tre grandi cani e ha lepri come bersaglio; la caccia si svolge anche qui in una foresta. Da ambo le parti si ergono su un cratere due portatori di fiaccole. Tutta la scena è conforme allo spirito degli dèi solari che spesso in Oriente vengono rappresentati a cavallo. È singolare che fino ad oggi nè a Roma nè in Italia sia stata trovata una rappresentazione di M. come cacciatore.
Intorno al soggetto principale dell'uccisione del toro o della caccia, soprattutto nelle province, si collocano molte altre scene che raccontano ampiamente la leggenda di Mithra. In Gallia ed in Germania, ma altresì nell'Europa orientale, esse sono radunate in una cornice quadrangolare, mentre nel territorio danubiano appaiono specialmente in rilievi a forma di stele. Malgrado queste differenze nella forma, la figurazione di M. rimane stereotipa anche nelle scene secondarie. Bisogna inoltre osservare che molte fra queste ultime vengono spesso riprodotte anche separatamente in rilievi o in statue, e ciò in rapporto al grado d'importanza che esse avevano in una data località od in un dato mitreo. Generalmente non si verifica nella serie di rappresentazioni secondarie una disposizione logica. Si può però classificarle in dati gruppi: a) nascita di M. e sue prime grandi azioni (miracolo dell'acqua, scena dell'albero); b) caccia al toro; c) gesta col Sole.
a) Dopo che Saturno ha affidato a Giove la supremazia sull'universo, dopo la lotta di Giove con i Giganti anguipedi, M. nasce da una roccia; ne esce reggendo nelle mani un pugnale ed una fiaccola; come giovane e del tutto da solo. Una statua proveniente da Roma, attualmente a Dublino, rappresenta la nascita di M. in presenza dei due portatori di fiaccole, i quali guardano con ammirazione la fiaccola sollevata dal dio con la destra (la forma della fiaccola aveva suggerito anche di interpretarla come un grappolo d'uva). Sulla roccia sono rappresentate le armi (arco, frecce, faretra, pugnale). Spesso i portafiaccole sono aiutanti (un rilievo di Pettau ha una composizione assai simile a quella della "nascita di Venere" sul Trono Ludovisi), spesso invece, pastori che assistono alla nascita. Sopra alla scena appare spesso un dio barbuto identificabile con Saturno, riconoscibile da una hàrpe. Allora M. in costume orientale coglie da un albero foglie, oppure recide un canneto (Dieburg). Connesse a queste sono le rappresentazioni nelle quali M. si tiene celato fra i rami di un cipresso. Qualche volta M. è figurato in ginocchio come Atlante. Egli regge un arco rotondo e, a volte, ha dei rami fronzuti in mano (Mitreo Barberini). Soprattutto nei rilievi dei paesi danubiani M. vien riprodotto seduto sopra un blocco di pietra, oppure in ginocchio e con la freccia mira in direzione di una roccia dalla quale scaturisce dell'acqua. Una o più persone, generalmente in costume orientale, stanno inginocchiate davanti alla roccia per berne l'acqua. Esistono affinità iconografiche col miracolo di Mosè e di S. Pietro (v. nuovo testamento).
b) Nella serie delle rappresentazioni con il toro si vede quest'ultimo in un battello oppure in una casetta dalla quale tenta fuggire o dalla quale viene scacciato da M. con sassi e fiaccole. Si vede anche il toro correre per i prati o pascolare. M. porta il toro sulle spalle o sul dorso come l'Hermes crioforo o il Buon Pastore. Il toro è scappato trascinando con sé M. nella sua corsa impetuosa. Ma, evidentemente, ricatturato il toro, ritornano le rappresentazioni con M. che lo porta, una scena questa alla quale sono dedicati dei rilievi a parte. M. porta il toro ad una grotta (transitus), un atto intimamente collegato al sacrificio del toro (a Roma rappresentato soltanto in un rilievo del Foro Boario).
c) Davanti a M. è umilmente inginocchiato il Sole; M. gli posa una corona sulla testa, oppure, in un'altra scena, sembra levargli un berretto frigio dalla testa oppure di colpirlo sul capo con, a quel che sembra, un pezzo di carne. Spesso il Sole cerca di allontanare la mano di M.; altra volta tenta di cingergli le ginocchia.
Altre scene raffigurano i due nell'atto di porgersi la mano in segno di alleanza, che in una sola scena sembra davvero un'alleanza suggellata col sangue. Ha luogo vicino ad un altare che, a volte, ha la forma di un tronco di colonna. Sopra un rilievo di Pettau dedicato interamente a questa rappresentazione, Saturno è testimone di questa alleanza ed un corvo vola verso l'altare sul quale i due dèi posano una bacchetta cui sono attaccati dei pezzi di carne oppure dei bottoni (Mitreo Barberini).
M. e Sole sono seduti insieme a tavola, davanti a loro sono disposte delle vivande (carne, pane, pesce). Questa scena, a Dura, viene preceduta da un'altra: Cautes e Cautopates portano il toro ucciso a mazzate. Tanto il pasto che l'uccisione del toro hanno luogo in una grotta dove due commensali si abbracciano e si scambiano dei brindisi sollevando un rhytòn. Questo pasto di M. e Sole si confonde nelle rappresentazioni con il pasto tenuto nei mitrei.
I portatori di fiaccole vengono allora sostituiti da adepti al culto, che qui sono figurati portanti maschere di corvo o di leone. Spesso i commensali vengon serviti dal corvo che offre loro la carne infilata ad uno spiedo. M. e Sole sono spesso assisi sopra un letto coperto dalla pelle di un toro; in un unico caso (Heddernheim) essi consumano il loro pasto stando dietro al toro disteso a terra. Il Sole porge qui un grappolo d'uva a M. ma questi lo rifiuta. Notevole è l'affresco del pasto nel mitreo di S. Prisca sull'Aventino a Roma.
Dopo il pasto, M. (al pari di Elia) sale al cielo sul carro guidato da Sole. A volte M. cammina dietro al carro, o è Sole che l'aiuta a montarci sopra. Specialmente sui rilievi dei paesi danubiani si vede qualche volta, distesa davanti al carro, la figura di Oceano che sembra voler frenare il carro con una mano.
Mitrei. - Durante il periodo in cui il mitraismo venne formandosi come culto misterico e ancora nel I sec. d. C., quando si espanse verso l'Occidente, i santuari di M. furono stabiliti, ove fosse possibile, in grotte naturali. Il neoplatonico Porfino (De antro nympharum, 5-6) menziona che questa tradizione risale a Zaratustra-Zoroastro che, secondo le più recenti ricerche, si colloca all'VIII-VII sec. a. C.; nonostante ciò, si deve considerare che il profeta Zaratustra non fu un protettore del culto di Mithra.
Porfirio ricorda anche che la grotta deve essere fiorita, situata nella vicinanza di una fonte e che la sua vòlta costituisce un simbolo del firmamento.
Le scoperte dei molti mitrei nell'Impero romano (Vermaseren, I-li) confermano interamente i rapporti di Porfirio; effettivamente in diversi luoghi (Schwarzerden, Bourg St. Andéol e in Iugoslavia) M. fu venerato in una grotta naturale.
Una recente scoperta a Tirgusor, sui monti presso Costanza in Romania, ha rivelato un piccolo mitreo ricavato in una grotta. Un altorilievo, con la rappresentazione di M. tauroctono, dedicato da un certo Nicomedeus, nomina la grotta (ordinariamente indicata come specus, spelunca, antrum o templum) come se sorgesse presso il fiume Eufrate: in altre parole egli rimanda ancora ai luoghi di culto nel paese d'origine di Mithra.
Dove non fu disponibile una grotta, si dette al santuario l'aspetto di una grotta per mezzo della vòlta o applicando sulle mura delle pietre pomici; dove non si trovava una fonte naturale (fons perennis), si costruì il santuario (Ostia, Londra) in vicinanza di un fiume, e si ottenne l'acqua artificialmente.
I santuarî sono di preferenza sotterranei; generalmente non di grandi dimensioni. Spesso fu costruito in una casa privata (Roma, S. Prisca, S. Clemente) oppure in un modesto spelaeum. La propaganda del mitraismo fu incentrata piuttosto in tante piccole cappelle intime, sparse in diversi punti della città, che in templi lussuosi e grandi.
I santuarî mostrano una divisione stereotipata. Dopo una piccola prima stanza (vestibulum) si entra nel santuario vero e proprio che consiste in un ambiente fiancheggiato da due banchi adiacenti, in cui si trova talvolta una fonte e che si conclude nella nicchia di culto, la parte più importante del santuario. Il pavimento di questo ambiente talvolta è coperto, come a Ostia (Becatti), da un mosaico con la rappresentazione dei diversi simboli della dottrina e delle cerimonie del culto (i sette gradi, le sette sfere del cielo, i pianeti, i lampadofori). Sui banchi, che sono indicati generalmente con una denominazione moderna, podia, ma che una iscrizione a Ostia indica come praesepia, sedevano gli iniziati durante le cerimonie segrete e soprattutto durante il banchetto sacro che i fratres celebravano con il loro pater in memoria del pasto di M. e Sole. Il piano dei banchi in generale è lievemente inclinato verso il muro; sul davanti si trova un rialzo su cui potevano essere posati il cibo, le bevande e le lucerne. Come tutto il santuario, anche la nicchia di culto era di disegno più o meno ricco a seconda della composizione sociale della comunità; tanto la nicchia quanto la vòlta simboleggiano la vòlta del cielo. Pietre piramidali sbozzate simboleggiano talvolta la petra genetrix da cui era nato Mithra.
Talora, molto semplicemente, sul muro di fondo del mitreo si trova un rilievo con la rappresentazione dell'uccisione del toro; altre volte, invece, il rilievo è raccolto in una particolare nicchia; infine, in altri casi, il santuario termina in un'abside, in cui è posta la stessa rappresentazione (Londra).
Il più delle volte la rappresentazione dell'uccisione del toro è in scultura, ma può essere anche in pittura (Capua: v. tavola a colori, vol. II; Roma, Mitreo Barberini), raramente in stucco (Roma, S. Prisca; Ponte Mammolo), però mai in mosaico. In un solo caso (Dura-Europos) la nicchia è sopraelevata di sette gradini che rappresentano, naturalmente, la serie dei Sette Pianeti; a Ostia è menzionata in una iscrizione una cortina (deum in velo formatum). Molto appariscente è la nicchia del mitreo sotto la basilica di S. Prisca sull'Aventino a Roma. La nicchia a forma di grotta contiene un gruppo in stucco, di concezione onginale, con M. che uccide il toro di fronte al quale giace supino un dio (Caelus-Saturnus) dalla testa coperta da un velo (velum). Le iscrizioni ricordano l'esistenza di un seggio per il pater della comunità; nel santuario di S. Prisca il trono si trova all'incirca nel centro del banco sulla destra. Alcuni santuarî presentano delle divisioni (Dura; Koenigshoffen; S. Prisca; Terme di Caracalla, ecc.) di cui non è chiara la funzione. È da desiderarsi che i futuri scavi possano illuminarci su questo punto. Nel santuario che fu costruito nelle Terme di Caracalla a Roma si trova, nel vano centrale, una apertura che mette in comunicazione con una di quelle divisioni. Certamente si ha qui un sistema per il rito del taurobolium, penetrato nei misteri di M. dalle cerimonie religiose di Cibele. Nel santuario di M. a Rudchester, presso il vallo di Adriano, in Inghilterra, si incontra una specie di costruzione sepolcrale, che doveva assumere una qualche funzione durante le cerimonie di iniziazione; il grande santuario sotto S. Prisca mostra tre cappelle laterali, tra cui quella centrale ha la stessa struttura architettonica del mitreo, con il vano al centro, i banchi e la nicchia. Per questa nicchia sopraelevata su cui è una rappresentazione dello zodiaco, è stata impiegata una vòlta a botte semplice. Probabilmente si svolgeva qui una cerimonia di purificazione o il battesimo (lavacrum). Nella cappella laterale destra non si è scoperto alcun elemento che possa chiarirne la destinazione, vi sono infatti soltanto i banchi stretti.
Nel pavimento della terza cappella, infine, si apre una tomba, a forma di pozzo voltato a botte, che ha sull'orlo un graffito in scrittura cifrata. L'interpretazione di questo graffito dichiarerebbe la funzione della cappella, ma purtroppo non si è raggiunto un accordo sul suo scioglimento. Vicino alla nicchia di culto, a sinistra, si trova uno stanzino che doveva servire probabilmente come sacrestia; anche in altri santuari si trovano simili apparatoria (Koenigshoffen; Heddernheim).
Abbiamo già segnalato che la maggior parte dei santuarî sono di piccole dimensioni, e quindi potevano contenere pochi iniziati. Eccezionalmente grandi sono invece i santuarî delle Terme di Caracalla (m 23 × 9,70); di S. Prisca a Roma; di Sarmizegetusa in Romania (m 26 × 12); di Koenigshoffen (m 14 × 6) in Germania.
Talvolta a queste maggiori dimensioni si unisce la ricchezza dei doni di consacrazione. Ricchi di rilievi sono i mitrei a Sarmizegetusa e Apulum in Dacia, di Dieburg, Heddernheim e Stockstadt in Germania (per tutti questi luoghi v. il Corpus Inscriptiònum et Monumentorum Religionis Mithriacae = CIMRM, citati in bibliogr., vol. II).
Pochi sono i mitrei con decorazione in mosaico e con dipinti e sono limitati a Roma e ad Ostia. A Ostia, dove sono noti sinora 17 mitrei, i mosaici mostrano per lo più allusione ai sette gradi di iniziazione, cui i mistici possono accedere nel culto. I dipinti del Mitreo delle Pareti Dipinte, a Ostia, raffigurano anche diversi iniziati. Unica è la pittura nel santuario a Capua (v.), che presenta alcune scene di iniziazione; nel mitreo del Palazzo Barberini a Roma troviamo rappresentata tutta la storia di M.; in quello di Dura-Europos si trovano anche i ritratti di due Patres, mentre sulle pareti laterali è rappresentato M. come cacciatore nella foresta. Il santuario sotto S. Prisca a Roma, contiene due strati di pittura sovrapposti, databili intorno al 200 e 220 d. C. Notevole è una processione di iniziati ognuno con i suoi attributi con il titolo Leones che si apprestano a un suovetaurilia; poi una processione di persone, di nuovo con il titolo di Leones, che portano diversi doni (vino, pane, un gallo) e si rivolgono verso una grotta dove Mithra e Sole consumano il pasto consegnato.
Interessante è anche il banco a parte, per il Pater e l'Heliodromus che sono i rappresentanti terrestri dei due dèi e convitati. Una testimonianza veramente unica sono le diverse citazioni di testi mitraici riportate sul primo strato di pittura, quello del 200 d. C. Alcune parole furono già lette da A. Ferrua (in Bull. Com., lxviii, 1940, p. 59 Ss.; una pubblicazione completa in Vermaseren-van Essen, The Excavations).
Considerando i mitrei nel loro insieme si giunge alla conclusione che il culto, diffuso in tutte le province dell'Impero romano, ha ammesso il ricco accanto al povero, tuttavia i santuarî furono accessibili soltanto agli uomini.
A Roma negli stessi luoghi dei mitrei si stabilirono centri di culto cristiano. In molti luoghi una chiesa cristiana fu innalzata trionfalmente dopo la devastazione violenta di un mitreo (s. Prisca; S. Clemente, ecc.). Seguaci del mitraismo hanno continuato spesso silenziosamente la loro resistenza contro la nuova religione, che assume come giorno natalizio della nuova divinità il 25 dicembre, già segnato nei calendarî come dies natalis Solis Invicti, cioè di Mithra.
Bibl.: F. Cumont, Textes et monuments figurés relatifs aux Mystères de Mithra, I-II, Bruxelles 1896-98; id., Die Mysterien des Mithra, 3a ed., Lipsia 1923; F. Saxl, Mithras, Typengeschichtliche Untersuchungen, Berlino 1931; E. Will, Le relief cultuel gréco-romain, Parigi 1955; M. J. Vermaseren, De Mithrasdienst te Rome (con sommario inglese), Nimega 1951; id., Corpus Inscriptionum et Monumentorum Religionis Mithricae, I, II, L'Aja 1956-60; id., Mithra, ce dieu mystérieux, Bruxelles 1960; G. Becatti, Scavi di Ostia, II, I Mitrei, Roma 1954; M. J. Vermaseren-C. C. van Essen, The Excavations in the Mithreum of the Church of S. Prisca in Rome, Leida (in corso di stampa).