ELETTRICHE, MISURE
. Le misure elettriche che più di frequente occorre compiere nei laboratorî di fisica riguardano la determinazione dell'intensità di correnti elettriche, della resistenza o della conducibilità elettrica di parti d'un circuito, delle forze elettromotrici e delle differenze di potenziale, delle capacità, dell'induttanza e induzione mutua degli avvolgimenti. Si tratta di misure fondamentali, che combinate opportunamente, consentono poi la determinazione indiretta anche di altre grandezze e lo studio quantitativo dei più complessi fenomeni elettrici.
Gli strumenti di misura possono essere a indice o a specchio, ma nei laboratorî l'uso dei primi è relativamente limitato, data la minore sensibilità che essi presentano rispetto a quelli a specchio. La lettura delle deviazioni si fa in quest'ultimo caso mediante un sottile pennello di raggi luminosi che si riflette sopra uno specchietto solidale con l'equipaggio mobile dello strumento di misura. Le deviazioni dello specchietto si raddoppiano nel raggio riflesso, il quale compie in certo qual modo le funzioni d'un indice privo d'inerzia e lunghissimo. In particolare, sono in uso due metodi diversi per la lettura delle deviazioni: quello oggettivo, detto anche inglese o di Kelvin (fig. 1) e quello soggettivo, con cannocchiale, detto anche tedesco o di Poggendorff (fig. 3).
Nel metodo inglese la sorgente luminosa è costituita da una sottile fenditura F (fig. 1) intensamente illuminata da una lampadina occultata da uno schermo, lo specchietto G (che si fa concavo per evitare l'uso di una lente), manda un'immagine della fenditura F nel punto P d'una scala graduata SS, sostenuta spesso dallo stesso supporto, cui è fissata la lampadina (fig. 2). Le deviazioni dello specchietto fanno spostare l'immagine della fenditura sulla scala graduata, che, se trasparente, consente la lettura anche dalla parte opposta. La scala si tiene d'ordinario a 1 m. di distanza dallo specchietto. Da sorgente luminosa può servire anche il filamento rettilineo incandescente di una lampadina elettrica o un filo opaco teso in mezzo a una finestrella rettangolare illuminata o qualunque artificio analogo.
Il metodo tedesco (figg. 3 e 4) richiede l'uso di uno specchietto piano e d'una scala graduata. Il cannocchiale è munito di un reticolo oculare, mercé il quale è possibile fissare un punto P della scala SS e notare perciò di quante divisioni l'immagine della scala si sposta quando lo specchietto ruota di un angolo α. La distanza di osservazione è anche in questo caso in generale di 1 0 2 metri.
Con tutti e due i metodi, se la scala è piana, la lettura è proporzionale alla tangente del doppio angolo di deviazione, ma per piccole deviazioni, data la notevole distanza tra lo specchio e la scala, si può ammettere approssimativamente la proporzionalità con l'angolo stesso. Si ha allora d = 2A α, indicando d lo spostamento osservato sulla scala. Per misure più precise si deve naturalmente tener conto della differenza con opportune correzioni.
Gli strumenti di misura devono essere sempre protetti dalle oscillazioni e dagli scuotimenti cui possono andare soggetti nell'edificio occupato dal laboratorio. Si usano a questo scopo tavoli molto pesanti di marmo solidamente infissi nelle pareti o piazzati su blocchi di cemento e se necessario, di sospensioni elastiche.
Misura dell'intensità di correnti elettriche. - Unità di misura. - L'unità internazionale di corrente è l'ampère internazionale che corrisponde con grande approssimazione a 1/10 dell'unità elettromagnetica (centimetro-grammo-secondo), dimensione [L1/2 M1/2 T-1] che è definita come la corrente che, percorrendo una spira circolare di raggio 1 cm., esercita su un polo magnetico unitario posto al centro la forza di 2 dine. L'ampère internazionale deposita al catodo in un secondo mgr. 1,118 di argento e corrisponde al passaggio di 1 coulomb in un secondo attraverso la sezione del conduttore. L'ampère è 3.1010 volte l'unità elettrostatica d'intensità di corrente (dimensione [L3/2 M1/2 T-2]).
Misura assoluta dell'intensità di corrente. - Per questa misura si può ricorrere alla bussola delle tangenti, oppure al galvanometro bifilare di W. E. Weber (1840), in cui agisce del pari il campo magnetico terrestre. Servono anche allo stesso scopo la bilancia elettrodinamica di Rayleigh, o quelle di Helmholtz e di Kelvin che si fondano invece sulle azioni elettrodinamiche fra due circuiti percorsi dalla corrente.
Misura assoluta dell'intensità con l'elettrolisi. - L'intensità risulta espressa in ampère definiti come intensità di corrente che deposita al catodo in un secondo mgr.1,118 di Ag da una soluzione di un suo sale.
Detto E l'equivalente elettrochimico dell'Ag o di altro elemento, se passa per un tempo t, in una cellula elettrolitica contenente un suo sale, una corrente d'intensità i, si depositano al catodo grammi m = Eit dell'elemento. Determinando questa massa m si ha perciò subito i = m/Et amp.
S'usa generalmente il voltametro ad Ag (soluzione al 13-25% di AgNO3 in acqua distillata; peso sp.1,12-1,26). Il metodo (fig. 5) è costituito da una capsula P di Pt; l'anodo S è di Ag puro e viene immerso nella capsula contenente la soluzione elettrolitica, avendo cura di impedire con un tramezzo di vetro che frammenti di Ag cadano nella capsula dall'anodo. Si pesa la capsula prima e dopo l'operazione, previa essiccazione. Per correnti più forti si usa il voltametro a Cu (soluzione non satura di CuSO4 in acqua distillata, peso sp. 1,1). Il catodo è di Pt o di Cu, l'anodo di Cu puro. Nel voltametro ad Ag la densità di corrente al catodo non deve superare 1/50 amp./cmq. in quello a Cu, 1/25.
Col voltametro ad acqua (fig. 6) si evita la pesata e si ottiene l'intensità della corrente dal volume v di gas tonante sviluppato nel tempo t dal passaggio della corrente. Per gas tonante sviluppato alìa pressione p e alla temperatura θ si ha i = 5,75 v0/t ampère, dove vo rappresenta il volume ridotto alla pressione di 760 millimetri e alla temperatura di 00 secondo la formula:
e p = b - h/12 − 0,9 e la pressione del gas secco, essendo b la pressione barometrica, h l'altezza della colonna d'acqua acidulata (peso sp. 1,25), e la tensione del vapor acqueo alla temperatura θ.
Misura galvanometrica dell'intensità di corrente. - Metodo di compensazione con un elemento di forza elettromotrice nota. - Gli strumenti che servono d'ordinario alla misura relativa delle correnti elettriche sono i galvanometri le cui deviazioni sono provocate dalle azioni elettromagnetiche fra un avvolgimento fisso percorso dalla corrente e un ago magnetico mobile (galvanometri ad ago) o fra un magnete fisso e una bobina mobile (galvanometri a bobina mobile). Il metodo di compensazione richiede dal galvanometro soltanto che esso indichi il passaggio di corrente e il suo senso.
Nel circuito principale percorso dalla corrente di intensità i incognita (fig. 7) è compreso un filo metallico nudo, calibrato, di lunghezza AC = l e di nota resistenza r (ohm) per unità di lunghezza (cm.); resistenza totale R0 = rAC. Un circuito derivato AEGB con contatto scorrevole in B, comprende un elemento di forza elettromotrice E (volt) nota e un galvanometro G. Spostando il contatto scorrevole finché il galvanometro non segna più il passaggio d'una corrente, si ottiene che la differenza di potenziale Ri fra A e B, eguagli la forza elettromotrice E della pila. Ne segue i = E/R ampère. La resistenza R risulta dalla distanza AB = x ed è R = rx. Il filo AC calibrato si può opportunamente sostituire con una cassetta di resistenza costruita in modo che all'aggiunta di una certa resistenza nel tratto AB possa corrispondere una eguale diminuzione della resistenza nel tratto BC, affinché, rimanendo costante la R0, la corrente principale i non riesca mutata (compensatore). Il valore esatto di i si ottiene per interpolazione. Se la corrente è forte, si inserisce nella conduttura principale una resistenza R′ tale che sia R′i > E. Ai capi di questa (fig. 8) si deriva il filo calibrato (o il compensatore) di resistenza totale R0, procedendo poi alla misura come nel caso precedente. A compensazione avvenuta, nel filo calibrato passa la corrente
sicché si ha
Determinazione del fattore di riduzione d'un galvanometro. - Le misure relative di corrente col galvanometro sono possibili previa determinazione del fattore di riduzione C, secondo il quale, per piccole deviazioni, l'intensità della corrente è proporzionale alla deviazione (i = Cd). Per deviazioni maggiori bisogna fare una correzione, che è proporzionale al quadrato della deviazione
La determinazione del fattore di riduzione C si può fare col metodo di confronto con un istrumento normale. Si inseriscono ambedue gli strumenti con un reostato e un generatore di forza elettromotrice opportunamente scelta. Detti C e C0 i fattori di riduzione dei due istrumenti e d e d0 le deviazioni osservate, si ha Cd = C0d0 donde C = C0. d0/d. Se i galvanometri sono molto sensibili si inseriscono nello stesso circuito successivamente, regolando ciascuna volta il reostato. Dette R e R0 le resistenze totali del circuito nei due casi, i0 ed i le intensità di corrente corrispondenti, essendo i0 = C0d0 e i = Cd, si ha:
donde C = C0d0R/dR0. Se le sensibilità dei due strumenti sono molto diverse l'una dall'altra, si deriva ai morsetti dello strumento più sensibile uno shunt (v.), che riduca la corrente nel galvanometro alla m-sima parte. A questo scopo lo shunt deve avere la resistenza g(m − 1), se g è la resistenza del galvanometro. Il fattore di riduzione dello strumento più sensibile deve introdursi allora nelle formule precedenti con un valore m volte maggiore.
La determinazione del fattore di riduzione di un galvanometro si fa però più convenientemente col voltametro, procedendo alla misura dell'intensità della corrente che attraversa il galvanometro col metodo indicato prima per i voltametri a metallo e per quello ad acqua. Durante la durata t del passaggio della corrente si leggono le deviazioni a intervalli eguali di tempo (di un minuto o più) invertendo ogni volta il senso della corrente nel solo galvanometro e facendo poi la media d di tutte le deviazioni osservate. Si ha allora C = idt. Si può inoltre determinare il fattore di riduzione d'un galvanometro misurando la corrente i che lo attraversa col metodo di compensazione, che richiede soltanto l'uso d'un indicatore di corrente sufficientemente sensibile. Se infine non si possono avere deviazioni rigorosamente proporzionali all'intensità di corrente, conviene determinare la deviazione per varî valori della i e riportare i risultati delle misure fatte in un grafico (d, i), il quale verrà a rappresentare la curva di taratura dello strumento nelle condizioni in cui è stato montato.
Uso del galvanometro balistico. - Si denomina balistico un galvanometro, il cui equipaggio mobile abbia un periodo d'oscillazione così grande che una corrente impulsiva, la quale trasporti nel breve tempo t una quantità di elettricità Q, riesca a passare tutta, prima che l'equipaggio abbia abbandonato sensibilmente la posizione di riposo. L'equipaggio subisce allora un impulso tale che la sua prima deviazione risulta proporzionale alla quantità di elettricità
passata; d = KQ. Detto C il solito fattore di riduzione e T il periodo di oscillazione dell'equipaggio mobile, K, la cosiddetta costante balistica del galvanometro, risulta eguale a C T/2 π. Se lo smorzamento delle oscillazioni è piccolo, ma non trascurabile (decremento logaritmico Λ), si ha invece: K = C T/2 π • (1 + Λ/2). Se lo smorzamento è forte, il galvanometro non può essere più usato come balistico. L'uso come tale è condizionato quindi alla determinazione, oltre che di C, anche del suo periodo di oscillazione T e del decremento logaritmico Λ, che devono avere valori convenienti. La costante balistica K si calcola da questi valori. Ma il galvanometro balistico può essere anche tarato direttamente scaricando attraverso il medesimo un condensatore di capacità nota, caricato a un potenziale pure noto, in modo da conoscere Q; oppure facendo attraversare il galvanometro dalla corrente indotta generata in un circuito fatto ruotare di 180° nel campo magnetico terrestre (induttore terrestre).
Il galvanometro balistico rende possibile la misura di correnti di brevissima durata e delle quantità di elettricità accumulate nei condensatori. Esso serve inoltre a misure di capacità, d'induttanza, di brevi intervalli di tempo, ecc.
Elettrodinamometro. - Oltre all'elettrodinamometro, che serve specialmente alla misura dell'intensità delle correnti alternate, di cui ci dà, per l'inerzia dell'equipaggio mobile, il valore efficace:
può servire allo stesso scopo qualunque strumento che dia indicazioni proporzionali al quadrato dell'intensità. Specialmente usati sono gli strumenti termici che utilizzano il calore svolto per effetto Joule, proporzionale appunto al quadrato dell'intensità. Per correnti molto deboli, anche se di alta frequenza, può utilmente essere adoperata una pinza termoelettrica, la cui saldatura calda è mantenuta tale dalla corrente da misurare, mentre la forza elettromotrice della pinza, essendo continua, produce in un galvanometro precedentemente tarato, una deviazione che permette la misura desiderata. Come semplici indicatori di correnti alternate o pulsanti servono il telefono e il galvanometro a vibrazione. Lo studio del modo di variare dell'intensità istantanea col tempo si può fare col galvanometro a corda, con l'oscillografo di Siemens-Blondel, con l'oscillografo catodico. Le curve di corrente si osservano direttamente o fotografate.
Misure di resistenza e di conducibilità. - Unità, campioni. - L'unità internazionale di resistenza è l'ohm internazionale, resistenza per corrente elettrica costante di una colonna di mercurio di sezione trasversale uniforme, lunga 106.3 cm., della massa di 14,4521 g. alla temperatura del ghiaccio fondente. L'ohm corrisponde nel sistema elettromagnetico, dimensione [LT-1], a 109 cm. sec.-1, nel sistema elettrostatico, dimensione [L-1 T], a 1, 111 • 10-12 cm-1 sec. L'unità elettrostatica di resistenza è perciò c2 volte l'unità elettromagnetica (c = 3•1010 cm. sec-1). L'ohm è quella resistenza, in cui la differenza di potenziale di 1 volt produce la corrente di 1 ampère. I campioni della resistenza unitaria sono costituiti generalmente di manganina (84% Cu, 12% Mn, 4% Ni), lega che ha piccolo coefficiente di temperatura. L'avvolgimento si fa bifilare, in modo che la corrente attraversi gli avvolgimenti vicini sempre in senso inverso. Si evitano così gli effetti magnetici e di autoinduzione. Allo stesso modo sono costruiti i multipli e summultipli dell'ohm compresi nelle cassette di resistenza. Queste si controllano coi metodi ordinarî per la misura delle resistenze. Nelle misure di resistenza bisogna sempre tener conto della temperatura.
Metodo di sostituzione. - Se in un circuito contenente la batteria di forza elettromotrice costante E, la resistenza R0 e un galvanometro G (fig. 9), si inserisce dapprima (1-2) la resistenza incognita x e poi (1-3) si sostituisce a questa una resistenza nota R tale che il galvanometro conservi la stessa deviazione, si ha x = R. In generale non è facile ottenere con una cassetta di resistenza la perfetta eguaglianza delle due deviazioni. Si determmano allora i valori R1 e R2 più vicini, per cui si abbia una deviazione d1 livemente minore e una deviazione d2 lievemente maggiore di quella d ottenuta con la resistenza incognita. Si ha quindi per interpolazione
Per resistenze abbastanza grandi, il metodo consente una precisione soddisfacente quando si eseguisca la misura rapidamente per evitare l'effetto delle eventuali piccole variazioni della forza elettromotrice E. Per resistenze minori (però sempre non troppo piccole) se il galvanomctro è troppo sensibile si ricorre allo schema della fig. 10 in cui il galvanometro G è derivato direttamente ai poli della batteria. L'eguaglianza delle deviazioni denota anche in questo caso, naturalmente, la eguaglianza x − R.
Metodo del galvanometro differenziale. - Un galvanometro si può usare come differenziale quando ha due avvolgimenti tali che, se sono percorsi da correnti eguali di senso opposto, la deviazione rimane annullata. Ripartendo in tal caso (fig. 11) la corrente fornita da una pila di forza elettromotrice E costante in due circuiti comprendenti l'uno la resistenza R di confronto e l'avvolgimento 1, l'altro la resistenza incognita x e l'avvolgimento 2, quando si faccia R tale che la deviazione si annulli, dev'essere x = R. L'istrumento va naturalmente controllato e, se del caso, corretto in precedenza. Ma si può fare a meno di ciò, se si comprende nel circuito un commutatore che consenta di scambiare fra di loro le due resistenze R e x. Basta allora per stabilire la loro eguaglianza che la deviazione non muti quando si invertono le connessioni. Per piccole resistenze si dispone la misura secondo lo schema della figura 12, si ha anche con questo schema x = R, quando la deviazione è nulla. Ma il metodo serve anche per il confronto di resistenze diverse. Supposto che sia p. es. R > x, si inserisce nel circuito di R (1) una resistenza supplementare R1 tale da annullare la deviazione. Si aggiunge quindi una resistenza R2 nell'altro circuito (2) e una resistenza R1′ nel primo, in modo che di nuovo la deviazione si annulli. Poiché nelle due resistenze R e x circola la stessa corrente i, nei due rami, dl resistenza R1 + R1′ + g1 e rispettivamente R2 + g2 (g1 e g2, resistenze degli avvolgimenti 1 e 2), l'intensità dovrà essere la stessa quando sia verificata la proporzione
mentre nella prima misura doveva essere
Dalle due proporzioni risulta R/x = R1′/R2, donde x = RR2/R1′.
Metodo della simultanea determinazione dell'intensità di corrente e della differenza di potenziale ai capi della resistenza incognita. - Nota la resi.stenza complessiva R0 del galvanometro G e della pila E, formanti un unico cireuito con la resistenza x (fig. 13), si ha, se i è l'intensità d[ corrente indicata dal galvanometro i = E/(R0 x) donde x = E/i - R0. Il metodlo può servire per resistenze, quando non si abbia a disposizione un conveniente reostato. Più spesso presenta qualche vantaggio l'uso del metodo del galvanometro in derivazione. Le due resistenze R e x sono percorse dalla stessa corrente i (fig. 14). Il galvanometro e una resistenza molto grande R0 si derivano successivamente ai capi della resistenza x e della R mediante il commutatore (1, 2, 3, 4, 5). Il galvanometro funziona allora da voltmetro e le due letture i1 e i2 sono proporzionali alle resistenze x e R. Si ha così x = Ri1/i2. Se R0 non è grandissima, bisogna tenerne conto in una correzione. Il metodo è vantaggioso quando si deve determinare la resistenza di un conduttore percorso da una data intensità di corrente, essendo la sua resistenza funzione dell'intensità (lampadine a incandescenza). Per la misura di piccole resistenze (fig. 15) si fa attraversar l'incognita da una corrente d'intensità i letta a un galvanometro G1. Ai capi della x si deriva una forte resistenza R e un galvanometro G di maggiore sensibilità (resistenza g). La corrente i′ indicata dal galvanometro G è allora
La resistenza g si può generalmente trascurare rispetto a R.
Metodo del ponte di Wheatstone. - D'uso generale e facile, capace inoltre di consentire la necessaria precisione è il metodo del ponte di Wheatstone. Esso comprende le 4 resistenze R1, R2, R e x (l'incognita) collegate fra di loro a quadrilatero (fig. 16). Tra i vertici A e B è inserita una pila E con l'interruttore a tasto Tp; tra i vertici C e D un galvanometro G, pure con un interruttore Tg. Se i valori delle 4 resistenze soddisfano alla proporzione
nel circuito del galvanometro (ponte) non passa corrente. Dette i1, i2, i e ix le correnii nei quattro lati, Ip quella nel circuito della pila e I quella nel galvanometro, la condizione risulta subito quando si consideri che per I = o si deve avere uguale intensità di corrente nei lati AC e CB, e nei lati AD e DB; inoltre uguale differenza di potenziale fra i vertici A e C, A e D, come pure fra i vertici C e B, D e B. Le condizioni si scrivono:
Dividendo membro a membro le due ultime e tenendo conto delle due prime condizioni si ha subito la proporzione prima indicata. Quando il ponte non fosse in equilibrio passerebbe invece nel galvanometro la corrente
con
p′ e g′ rappresentano le resistenze complessive dei circuiti esterni rispetto alla pila e al galvanometro, p e g le corrispondenti resistenze interne.
La misura d'una resisteriza x col ponte di Wheatstone si riduce dunque a variare le tre resistenze in modo da stabilire l'equilibrio. Per constaare ciò si inserisce prima la pila con Tp, poi il galvanometro con Tg. L'ordine d'inserzione è determinato dalla necessità di evitare che la corrente circoli durante le operazioni onde i fili non si riscaldino e il galvanometro non subisca la deviazione dovuta all'extracorrente che si può generare chiudendo il circuito della pila. All'apertura l'ordine è inverso. Nelle cassette a ponte è provveduto affinché ciò avvenga automaticamente. La sensibilità del ponte dipende dai valori di tutte le resistenze che lo compongono e risulta definita in base a una discussione della relazione che dà la I. Si trova che la massima sensibilità si ha quando le resistenze del quadrilatero, quella della pila e quella del galvanometro hanno valori pressoché uguali. Di tale criterio si fa uso per determinare quale galvanometro e quali resistenze si debbano adoperare per la determinazione di una resistenza x di cui si conosca, come avviene sempre, l'ordine di grandezza. La misura si fa poi nel modo seguente. Fatto R1 = R2 si determina il massimo valore di R per cui si ha ancora una piccola deviazione in un senso e il minimo valore di R per cui si ha già una piccola deviazione del galvanometro nell'altro senso. Scelto il primo valore di R, si cercano i valori di R1 e R2 per cui il galvanometro va esattamente a zero e lo stesso si ripete poi, scegliendo per R l'altro valore. Si ottengono così due terne di valori R1, R2 e R che consentono di calcolare dalla proporzione due valori prossimi per x. Due altre terne e due altri valori per x si ottengono procedendo allo stesso modo dopo aver scambiato fra di loro le resistenze R e x. Dei quattro valori di x si fa poi la media.
Molto comodo è l'uso del ponte a filo di G. R. Kirchhoff (fig. 17) in cui le due resistenze R1 e R2 sono formate da un unico filo metallico calibrato, con contatto scorrevole in D, dove è convenientemente collocato anche l'interruttore Tp. La misura si fa allo stesso modo e soltanto si possono sostituire alle resistenze R1 e R2 le lunghezze corrispondenti del filo (lungo complessivamente 1 m.), lette su una scala adiacente. Si può aumentare la precisione della misura aggiungendo a ciascuna estremità del filo una resistenza 4, o 5 volte maggiore di quella del filo stesso. Tutto avviene allora come se il filo fosse più lungo.
Per la misura di resistenze molto piccole si usa il ponte doppio di Thomson (fig. 18), in cui il rapporto ρ′/ρ vien fatto sempre uguale al rapporto σ′/σ e quando in G non c'è corrente assume lo stesso valore anche il rapporto x/R. Nel ponte di Matthiessen e Hackin (fig. 19) si ottiene lo stesso risultato cercando sul filo calibrato MN quattro punti corrispondenti agli estremi P1 P2 e P3 P4 delle due resistenze da confrontare, per i quali si verifichi l'annullamento della corrente in G. Vale allora la proporzione:
Per resistenze molto grandi conviene usare una batteria d'alto potenziale e confrontare la intensità i della corrente che essa produce nella resistenza incognita, con quella i′, che l'ennesima parte della batteria produce in una resistenza nota R. Si ha
(g resistenza del galvanometro, molto spesso trascurabile).
Determinazione della condacibilità delle soluzioni elettrolitiche. - La conducibilità è il valore reciproco della resistenza. La conducibilità specifica è la conducibilità di un cubo di lato 1 centimetro espressa in ohm-1 cm-1. Per la porzione di soluzione di sezione s e di lunghezza l che abbia la resistenza R, la conducibilità specifica è:
Più in generale, per una data cella elettrolitica, detta R la resistenza ch'essa presenta riempita di una soluzione elettrolitica, si ha per la conducibilità specifica k di questa soluzione k = C 1/R, dove C è una costante della cella, la sua capacità di resistenza.
La si determina con una soluzione di conducibilità specifica nota.
Forme molto comuni di cellule elettrolitiche sono rappresentate dalla fig. 20. Gli elettrodi sono di Pt, ricoperti ancora elettroliticamente di platino spugnoso, per aumentarne la superficie ed evitare del tutto la polarizzazione. La misura non si fa del resto in corrente continua, ma col ponte di Kohlrausch; al posto della pila si adopera il secondario di un rocchettino d'induzione I che fornisce una forza elettromotrice alternata, e al posto del galvanometro un telefono, che tace quando si è raggiunto l'equilibrio (fig. 21).
Una volta determinata con questo metodo la resistenza di una soluzione e calcolata mediante la capacità della cella la sua conducibilità specifica k si ottiene la conducibilità equivalente ≿ dividendo per il numero η di grammo-equivalenti di elettrolita di sciolti in 1 cmc.
La conducibilità equivalente limite (per soluzione infinitamente diluita) ⋀∞ la si ottiene extrapolando da più determinazioni a varia concenteazione. Il rapporto ⋀/⋀∞ rappresenta il grado di dissociazione g dell'elettrolita.
Misura della resistenza interna di una pila e di un galvanometro. - Per la prima misura, al posto della resistenza x (fig. 16) s'inserisce la pila con un interruttore. Al posto della pila si mantiene soltanto il tasto Tp. L'equilibrio si ha quando, inserita la pila e il galvanometro in modo da avere una deviazione, chiudendo successivamente il tasto Tp, la deviazione non muta. Per la seconda misura, il galvanometro s'inserisce al posto della resistenza x, mentre nel ponte rimane soltanto l'interruttore Tg. L'equilibrio si ha, anche in questo caso, quando chiudendo il tasto Tg il galvanometro non muta la deviazione assunta all'inserzione della pila mediante il tasto Tp.
Misure di forze elettromotrici e di potenziali. - Unità campioni. - L'unità internazionale di potenziale è il volt internazionale, la differenza di potenziale che applicata in modo continuo ai capi d'una resistenza di 1 ohm internazionale vi produce l'intensità di un ampère internazionale. Il volt corrispondea 108 unità elettromagnetiche di potenziale, dimensione (L1/2 M1/2 T-2). L'unità elettrostatica di potenziale è c (3.1010, velocità della luce) volte maggiore, dimensione (L1/2 M1/2 T-1). Si ha perciò: 1 volt = 1/300 unità elettrostatiche di potenziale. Il potenziale della Terra è posto per convenzione uguale a zero. Da elemento normale serve l'elemento di Weston, la cui forza elettromotrice è a 20° − 1,0183 volt. L'elemento di Clark a 15° la forza elettromotrice − 1,4324 volt. La pila Daniel ha la forza elettromotrice da 1,08 a 1,12, la resistenza interna da 0,3 a 0,6, a seconda della grandezza della pila. Come sorgenti di differenza di potenziale costanti si usano accumulatori, in specie piccoli e riuniti in cassette di 10-20 elementi ben isolati (fig. 22).
Misure elettrodinamiche di forze elettromotrici e differenze di potenziale. - Metodo diretto. - La misura si fa chiudendo l'elemento di forza elettromotrice Ex incognita in serie con un galvanometro molto sensibile e una resistenza R assai elevata. Se la resistenza g del galvanometro si può trascurare, si ha senz'altro Ex = Ri, dove l'intensità i è quella data dal galvanometro. In caso contrario, e supposto che la resistenza g + p del galvanometro e pila non sia nota, si misura l'intensità successivamente con due resistenze R1 e R2, ottenendo
da cui, eliminando (g + p):
Metodo di compensazione (di Poggendorff). - La pila di forza elettromotrice Ex è derivata attraverso il galvanometro G ai capi d'una resistenza nota (fig. 23), mentre un elemento di confronto, di forza elettromotrice E, è derivato pure sulla stessa resistenza R attraverso un galvanometro G1 e una resistenza variabile r. Si regola questa resistenza in modo che il galvanometro G rimanga privo di corrente. Allora, nota dalla deviazione di G1 la corrente i in r, si ha Ex = Ri. Se sono note le resistenze si può anche togliere il galvanometro G1 (fig. 24) e si ha (R0 = R + r):
essendo p la resistenza interna dell'elemento E. Se questa è trascurabile, si ha più semplicemente Ex = E R/R0, o, se le resistenze sono ottenute da un filo calibrato A C con contatto scorrevole in B, anche Ex = E AB/AC essendo AB e A C le lunghezze del filo misurate sulla scala adiacente. Per il riferimento a un elemento normale di forza elettromotrice En, si compiono due misure, una con l'elemento Ez e l'altra con l'elemento normale al suo posto (En = E AB′/AC). Si ha allora Ex = En AB/AB′. In serie con G conviene mettere una forte resistenza per evitare che la pila eroghi troppa corrente. Se d'altra parte la forza elettromotrice E che si vuol misurare è troppo elevata, la si può convenientemente ridurre con il dispositivo potenziometrico indicato dallo schema della fig. 25. Se la resistenza R è molto grande, ai capi della resistenza r si esplica una forza elettromotrice:
Misura delle differenze di potenziale. - Per la misura della differenza di potenziale ai capi di una resistenza x si usa lo schema della fig. 15, che consente di determinare x, nota che sia l'intensità i della corrente che la percorre. La differenza di potenziale V ai capi di x risulta data allora da:
o, mettendo R + g = Rv e considerando i′. trascurabile rispetto a i, da V = Rv i′. Il galvanometro funziona in questo caso da voltmetro; le sue deviazioni sono proporzionali alla differenza di potenziale applicata. Il metodo è particolarmente indicato per lo studio dei conduttori che non seguono la legge di Ohm, la cui resistenza cioè dipende dalla corrente che li attraversa. Si riassumono in questi casi le determinazioni fatte con valori diversi della i, in un grafico V = f(i), detto caratteristica del conduttore, che sarà in generale una curva. Solo per i conduttori ohmici la caratteristica è una retta passante per l'origine. Se la resistenza del conduttore è molto grande, la determinazione della differenza di potenziale dev'essere però fatta elettrostaticamente.
Misure elettrometriche di potenziali. - Le misure elettrometriche, ossia elettrostatiche di potenziali richiedono le più grandi cure per l'isolamento dei conduttori, che dev'essere fatto con quarzo, zolfo, ambra, ceralacca, ece., e per lo schermaggio degli apparecchi e delle condutture per evitare influenze esterne e reciproche (reti o cassette metalliche, cartone rivestito di foglia di stagnola, ecc.). Serve per queste misure l'elettrometro assoluto di W. Thomson (v. elettrometro), così detto perché consente determinazioni di potenziale in funzione di grandezze assolute, quali la superficie del piatto appeso alla bilancia, espressa in centimetri quadrati, la forza F rappresentata dai pesi, espressa in grammi, e la distanza tra i piatti misurata in centimetri.
Elettrometro a quadranti. - Nell'elettrometro a quadranti (v. elettrometro), si devono considerare i potenziali delle due coppie di quadranti V1 e V2 e quello Vα dell'ago. La teoria (C. Maxwell) dà, per una piccola deviazione a, se si trascurano i potenziali di contatto:
La costante K dipende dal modo in cui l'elettrometro è usato e cresce col quadrato della lunghezza dell'ago. L'elettrometro viene usato in tre modi diversi: I. Metodo di Kelvin (eterostatico, cioè con potenziale ausiliario; fig. 26): V1 = X, V2 = 0 (terra), Vα = V (potenziale ausiliario grande rispetto a x). Si ha allora dalla formula generale, approssimativamente,
Il potenziale è proporzionale alle deviazioni osservate; la sensibilità, che può variare a piacere, è tanto maggiore, quanto più è elevato il potenziale ausiliario V. La determinazione si fa prendendo la media delle deviazioni ottenute invertendo il segno di V (p. es. 100 volt per X dell'ordine del volt). II. Metodo di Mascart (eterostatico; fig. 27): V1 = V, V2 = V, Vα = X. La differenza di potenziale ausiliaria è applicata in questo caso simmetricamente alle due coppie di quadranti. L'ago porta il potenziale incognito X. Si ha dalla formula:
Anche qui la differenza di potenziale X è proporzionale alla deviazione e la sensibilità cresce col potenziale ausiliario, che non occorre sia però molto grande. La lettura si fa nei due sensi come col metodo di Kelvin, ma la sensibilità è minore. Il metodo serve per la misura di piccole quantità d'elettricità, data l'esigua capacità dell'ago e la maggiore facilità di isolarlo. III. Metodo di Joubert (idiostatico, cioè senza potenziale ausiliario; fig. 28):
La formula generale dà:
Il potenziale è proporzionale alla radice quadrata della deviazione. La sensibilità da/dX dipende dal potenziale X misurato e cresce in proporzione con esso. L'indipendenza della deviazione dal segno di X rende il metodo adatto alla misura delle differenze di potenziale alternative, dando di queste il valore efficace:
Per piccoli potenziali non si ha sensibilità sufficiente.
Misure di piccole differenze di potenziale con l'elettrometro capillare. - L'elettrometro capillare (Lippmann) si basa sull'influenza che ha la polarizzazione elettrolitica sulla tensione superficiale del mercurio a contatto con l'acqua acidulata. Il doppio strato elettrico che si forma (Hg +, soluzione -) abbassa la tensione superficiale e solo una differenza di potenziale antagonista di 0,95 volt può annullare completamente questo effetto. Differenze di potenziale dello stesso segno (Hg −, soluzione +) superiori abbassano naturalmente di nuovo la tensione superficiale. Per 0,95 volt si ha perciò un massimo della tensione superficiale. L'effetto si manifesta, quando il mercurio e la soluzione (10% di H2SO4) vengono a contatto in un tubo capillare e consiste in una diminuzione della depressione capillare. Per l'osservazione serve un microscopio cui la luce viene inviata da una lente o da uno specchietto. L'apparecchio va tarato e serve solo per tensioni da o,01 a 1,0 volt, ma è sensibilissimo, specie se il capillare è quasi orizzontale (sensibilità fino a 10-5 volt; fig. 29). Per la misura di potenziali elevati con la scintilla, si veda la tabella alla voce elettriche, scariche.
Misure di capacità e di costanti elettriche. - Unità. - L'unità elettrostatica di capacità è il cm. (dimensione [L]). L'unità pratica è il Farad = 9.1011 cm.; più comodo il μF = 10-6 F = 9.105 cm. L'unità elettromagnetica è il cm.-1 sec.2, c2 volte maggiore (dim. [L-1 T2]); si ha perciò iF = 10-9 unità elettromagnetiche; 1 μF = 10-15 unità elettromagnetiche. Il Farad internazionale rappresenta la capacità di un condensatore che richiede 1 Coulomb per elevare il suo potenziale di 1 volt internazionale. Le capacità di conduttori di forma semplice e di certi condensatori si possono calcolare dalle dimensioni, in base alle formule dell'elettrostatica.
Misure di capacità. - Misura di capacità per confronto e col ponte. - Al posto delle due resistenze R e x (fig. 16) si mettono le due capacità Cx e C da confrontare. Il vertice C si unisce a un elettrometro, quello D con la terra, sicché l'elettrometro fa da ponte in luogo del galvanometro. L'equilibrio, cioè la mancanza di deviazione, si ha anche qui per R1/R2 = = C/Cx da cui Cx = CR/2R1 = C DB/AD. La misura diretta della capacità Cx col ponte (fig. 16) si fa mettendo questa al posto della resistenza x, derivando fra le armature un interruttore vibrante (diapason elettromagnetico) che determini periodicamente la scarica completa e la ricarica del condensatore con la frequenza N. Il condensatore di capacità Cx si comporta allora come una resistenza x =1/CxN. La determinazione si fa perciò, mentre il diapason vibra con frequenza nota, come per una comune resistenza. Si ha poi Cx = 1/Nx = R2R/NR1.
Determinazione delle costanti dielettriche. - La costante dielettrica ha nel sistema elettrostatico le dimensioni di un numero. Essa è 1 per il vuoto, 1,0006 per l'aria. Si determina generalmente la costante dielettrica D di un dielettrico rispetto all'aria. Volendo ridurla al vuoto, si moltiplica per 1,0006. Per la misura della costante dielettrica si ricorre opportunamente al metodo di confronto della capacità descritto, riunendo i due condensatori C e Cx in uno solo con l'armatura comune al vertice C (fig. 16). Il condensatore Cx ha inoltre l'altra armatura spostabile parallelamente a sé stessa con una vite micrometrica. Si determina Cx quando fra le sue armature c'è l'aria; poi, interposto un dielettrico di spessore d, che aumenta la capacità, si allontana con la vite l'almatura esterna di un tratto a fino a riavere la capacid di prima. Allora è D = d / (d-a). Per misurare le costanti dielettriche si può anche utilizzare la proprietà che hanno le forze elettrostatiche di diminuire in un dielettrico nel rapporto 1/D. L'elettrometro assoluto e quello a quadranti, funzionando in un altro gas o in un liquido, possono consentire così la misura della costante D. Per dielettrici aventi una notevole conducibilità elettrica si ricorre alla determinazione della lunghezza d'onda con cui si propagano delle oscillazioni elettriche d'alta frequenza lungo i fili di Lecher circondati dal dielettrico in esame. Le costanti dielettriche stanno fra loro nel rapporto inverso a quello dei quadrati delle lunghezze d'onda.
Determinazione elettrometrica di piccole intensità di corrente. - Piccole intensità di corrente (fino a 10-15 ampère). Nota la capacita elettrostatica C (cm.) di un elettrometro, si può determinare l'intensità i della debole corrente che lo carica o lo scarica in t secondi di V volt. Si ha, trasformando C in Farad:
Questo metodo è molto utile per la misura delle deboli correnti di convezione nei gas e nelle misure di radioattività e d'elettricità atmosferica. Piccole quantità d'elettricità si misurano allo stesso modo.
Misure d'induttanza. - Unità. - Si definisce coefficiente d'autoinduzione o induttanza di un conduttore la costante per cui si deve moltiplicare la velocità di variazione dell'intensità di corrente che lo attraversa, presa col segno negativo, per avere la forza elettromotrice d'induzione che si manifesta in quello stesso istante. La dimensione nel sistema elettromagnetico è [L], l'unità centimetro grammo secondo, è il cm. Ha l'induttanza di 1 Henry un circuito in cui la corrente che varii di 1 ampère in un secondo produce la forza elettromotrice di 1 volt internazionale. L'unità elettrostatica d'induttanza (dimens. [L-1 M2]) è c2 volte maggiore dell'unità elettromagnetica. L'induttanza di avvolgimenti semplici si può calcolare in base alle formule dell'induzione elettromagnetica.
Il ponte di Andersen è rappresentato dalla fig. 30. La pila di forza elettromotrice E serve a mettere il ponte in equilibrio a regime continuo, regolando le resistenze fino ad annullare la deviazione galvanometrica. La resistenza r va regolata poi in modo che aprendo successivamente l'interruttore Tp, il galvanometro non segni deviazione alcuna. Essendo R1: R2 = R : Rx risulta:
In corrente alternata si misura l'induttanza col ponte di Maxwell (fig. 31). Mettendo in equilibrio il ponte (l'indicatore deve essere sensibile alle correnti alternate), si ha la solita condizione RR2 =- R1Rx, e se non c'è deviazione all'inserzione della corrente, perché C ha il valore appropriato, anche Lx = CRR2.
Bibl.: L. Ferraris, Corso di misure elettriche, Torino 1921; A. Heydweiller Hülfsbuch für die Ausführung elektrischer Messungen, Lipsia 1892; F. Kohlrausch, Lehrbuch der praktischen Physik, Lipsia 1921; A. Naccari e M. Bellati, Manuale di fisica pratica, Torino 1874; G. Aliverti, Esercitazioni di fisica pratica, Milano 1928.