PREVENZIONE, Misure di
La materia relativa alle misure dì p. nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, già regolata nel t. u. leggi p. s. approvato con r. d. 6 novembre 1926, n. 1848, subì profonde modificazioni con il nuovo t. u. di dette leggi approvato con r. d. 18 giugno 1931, n. 773. In considerazione che le misure di p., anche se gravemente lesive della libertà individuale quali l'ammonizione (v.; III, p. 20 e in questa App.) e il confino (v., XI, p. 122) di polizia, hanno soltanto lo scopo di richiamare le persone che si ritengono capaci di delinquere ad un tenore di vita onesto e rassicurante e sono quindi un mezzo preventivo per eccellenza, si ritenne con il t. u. del 1931 di sottrarle all'autorità giudiziaria, che ha funzioni prevalentemente repressive, e devolverle invece a quella amministrativa, che esplica appunto funzioni preventive. Ma il sistema adottato dal t. u. si è venuto a trovare in contrasto con i principî del nuovo stato democratico, e particolarmente con l'art. 13 Cost. in base al quale nessuna restrizione della libertà personale può essere disposta, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
Pertanto con la l. 27 dicembre 1956, n. 1423, relativa alle misure di p. nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità, si è proceduto a una completa riorganizzazione della materia, meglio definendo la categoria delle persone pericolose e soprattutto restituendo alle misure che incidono sulla libertà personale il carattere giudiziario, in considerazione che esse, pur avendo finalità preventive, non possono, a causa delle limitazioni che comportano, essere applicate senza il rispetto delle più assolute garanzie per il cittadino.
Le categorie di persone cui possono essere applicate le misure di p. sono, a sensi dell'art. 1 della legge, le seguenti: a) oziosi e vagabondi abituali, validi al lavoro; b) coloro che sono abitualmente e notoriamente dediti a traffici illeciti; c) coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere; d) coloro che, per il loro comportamento, siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minorenni, ad esercitare il contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illecito di sostanze stupefacenti o ad agevolarne l'uso dolosamente; e) coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica o al buon costume.
Nei riguardi delle suddette persone, le misure che possono essere applicate sono quattro: a) diffida; b) rimpatrio con foglio di via obbligatorio; c) sorveglianza speciale della pubblica sicurezza; d) obbligo di soggiorno in un determinato comune. Le prime due sono di competenza del questore, le altre dell'autorità giudiziaria.
Diffida. - È la prima e la meno grave delle misure previste dalla legge (art. 1). Essa è fatta dal questore alla presenza del diffidato. A tal uopo la persona da diffidare è invitata a presentarsi dinanzi al questore e, qualora non ottemperi all'invito nel termine assegnatole, è accompagnata dalla forza pubblica. Il questore, o un ufficiale di p. s. da lui delegato, contesta al prevenuto i motivi che hanno dato luogo al provvedimento di diffida, gli ingiunge di mutare tenore di vita, lo avverte che, in caso diverso, sarà denunciato senz'altro per la sorveglianza speciale a termini di legge. Dell'eseguita diffida viene redatto processo verbale (art. 305 del regolamento di p. s. approvato con r. d. 6 maggio 1940, n. 635).
Si tratta di un istituto che, se applicato con opportuno discernimento, può dare notevoli risultati per l'emenda delle persone pericolose, poiché, potendo essere seguìto da più gravi misure, costituisce un forte incentivo a cambiare sistema di vita; e si spiega così come, secondo la legge, essa costituisca il primo provvedimento che debba essere necessariamente adottato nei riguardi delle persone pericolose, nel senso che non possa essere disposta una misura ad opera dell'autorità giudiziaria, se prima non vi sia stata una diffida rimasta senza effetto.
Rimpatrio con foglio di via obbligatorio. - L'art. 2 della legge così dispone: "Qualora le persone indicate nell'articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono state allontanate. Il contravventore è punito con l'arresto da uno a tre mesi".
La prima condizione perché una persona possa essere rimpatriata è che essa si trovi fuori dei luoghi di residenza. È discusso cosa debba intendersi per luogo di residenza, se cioè quello che risulta come residenza dai registri anagrafici o quello che costituisce la dimora abituale. La Corte di cassazione (sez. 1ª pen., 6 ottobre 1960) ha ritenuto che il provvedimento di rimpatrio e d'inibizione di ritorno nel luogo vietato presuppone che la persona pericolosa non abbia nel detto luogo la residenza anagrafica; ma la soluzione non può dirsi pacifica.
Altra condizione per il rimpatrio è che si tratti di una delle persone indicate nell'art. 1 e che essa sia pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità. Così, per es., è stato ritenuto legittimo il provvedimento di rimpatrio adottato nei confronti di chi sia sorpreso a mendicare, poiché il reato di mendicità, compreso fra le contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico o la tranquillità pubblica, rende il contravventore pericoloso per la pubblica sicurezza.
Meno semplice è la questione se possa essere rimpatriata una prostituta, posto che in base alla l. 20 febbraio 1958, n. 75, relativa alla lotta contro la prostituzione, la prostituta non può essere assoggettata ad alcuna sanzione per il solo fatto dell'esercizio della prostituzione. È stato però deciso che nei riguardi della prostituta, se pure non è in alcun modo perseguibile il fatto della prostituzione per se stesso, tuttavia possono essere adottate tutte le misure di p. previste dalla legge del 1956 se la donna eserciti la sua attività in maniera scandalosa e intollerabile, con manifestazioni pubbliche pericolose per la moralità o addirittura per l'ordine pubblico, per nulla necessarie al mero esercizio della prostituzione in sé e per sé (come per es., in caso di adescamento per la strada pubblica).
Competente a disporre il rimpatrio è, come dice la legge, il questore con provvedimento che, essendo pronunciato nell'esercizio di una facoltà discrezionale, non può essere sindacato dall'autorità giudiziaria in ordine ai motivi che lo hanno determinato. È di competenza invece del giudice constatare se il luogo designato per il rimpatrio sia quello stabilito dalla legge, che è quanto dire se ricorrono le condizioni di legittimità per l'esistenza giuridica del reato nel caso che l'ordine non venga osservato.
Sorveglianza speciale della pubblica sicurezza. - Ove le persone indicate nell'art. 1 della legge non abbiano cambiato condotta nonostante la diffida del questore e siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, possono dal questore essere proposte, con provvedimento motivato, al presidente del tribunale avente sede nel capoluogo della provincia perché sia loro applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza (chiamata "ammonizione" nel t. u. del 1931: v. in questa App.). A sensi dell'art. 4 della legge del 1956, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposta, con l'intervento del pubblico ministero e dell'interessato, osservando, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 636 e 637 cod. proc. pen. L'interessato può presentare memorie e farsi assistere da un avvocato o procuratore. Ove l'interessato non intervenga ed occorra la sua presenza per essere interrogato, il presidente del tribunale lo invita a comparire e può ordinarne l'accompagnamento a mezzo della forza pubblica, qualora non ottemperi all'invito.
Il tribunale naturalmente può disattendere la proposta del questore; se invece l'accoglie e sottopone la persona alla sorveglianza speciale, deve nel suo provvedimento stabilire la durata della misura di p., che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque. Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte d'appello e all'interessato, i quali hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte d'appello, anche per il merito. Il ricorso non ha effetto sospensivo e deve essere proposto entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. La Corte d'appello provvede, in camera di consiglio, con provvedimento motivato, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso. Avverso il decreto della Corte d'appello è ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero e dell'interessato, entro dieci giorni. La Corte di cassazione provvede in camera di consiglio, entro trenta giorni dal ricorso. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
Salvo quanto è stabilito dalla legge, per la proposizione e la decisione dei ricorsi, si osservano, in quanto applicabili, le norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza. I termini suindicati, per quanto concerne il periodo entro il quale l'autorità giudiziaria deve provvedere, non sono stabiliti a pena di nullità e sono quindi soltanto ordinatori. Il giudice inoltre non è tenuto a basare il suo giudizio, positivo o negativo che sia, soltanto su quanto gli vien riferito dal questore, ma può disporre direttamente gli accertamenti istruttori che ritenga necessarî, e ciò anche nel giudizio di secondo grado ove non siano ritenuti adeguati gli accertamenti già fatti nel grado precedente.
Per quanto concerne il merito, va rilevato che la pericolosità, cui fa riferimento la legge, è quella sociale in senso lato, comprendente, cioè, da un lato la semplice immoralità non costituente reato, e dall'altro l'accertata proclività al delitto o la presunta vita delittuosa di una persona, nei cui confronti non si sia raggiunta una prova sicura di reità per un delitto; essa quindi va riconosciuta in base ad una quantità di elementi d'illiceità giuridica od anche morale, che possono prescindere dalla commissione di reati e si deducono anche presuntivamente in base ad una serie di elementi obiettivi.
Qualora il tribunale disponga l'applicazione della sorveglianza speciale, nel provvedimento devono essere determinate le prescrizioni che la persona sottoposta alla misura deve osservare. A tale scopo il giudice, se si tratti di ozioso, vagabondo o di persona sospetta di vivere con il provento di reati, deve prescrivere di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria dimora e di farla conoscere nel termine stesso all'autorità di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima. In ogni caso deve prescrivere di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non dare ragione di sospetti e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza; deve prescrivere, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subìto condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una determinata ora senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all'autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non trattenersi abitualmente in osterie e bettole, e di non partecipare a pubbliche riunioni. Inoltre può imporre tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, o in una o più province (art. 5 della legge).
Il provvedimento emesso dal magistrato è comunicato al questore per l'esecuzione. Tuttavia esso, su istanza dell'interessato e sentita l'autorità di pubblica sicurezza che lo propose, può essere revocato o modificato dall'organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato (art. 7 della legge).
Se nel corso del periodo di sorveglianza il sorvegliato commette un reato per il quale riporti successivamente condanna e la sorveglianza non debba cessare, il termine ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena (art. 11 della legge). Naturalmente la persona nei cui confronti la misura di p. sia venuta a cessare per decorso del tempo, può essere sottoposta nuovamente alla sorveglianza speciale se ponga in essere una nuova fase di vita, qualificabile in sé per ulteriori manifestazioni di pericolosità; ma occorre che la persona sia stata previamente oggetto di una nuova diffida del questore rimasta infruttuosa.
Il contravventore alle prescrizioni del decreto di sorveglianza speciale della pubblica sicurezza è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno; inoltre, salvo quanto è prescritto da altre disposizioni di legge, il sorvegliato speciale che, per un reato commesso dopo il decreto di sorveglianza speciale, abbia riportato condanna a pena non inferiore a sei mesi, può essere sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a due anni.
Obbligo di soggiorno in un determinato comune. - L'obbligo di soggiorno in un determinato comune (chiamato in passato "domicilio coatto" e nella legge di p. s. del 1931 "confino di polizia", v. XI, p. 122) è una misura più rigorosa della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, sia perché importa maggiori restrizioni di libertà, sia perché, allontanando chi ne è colpito dalla sua abituale dimora, può risolversi in un grave nocumento dei suoi interessi. In sostanza esso è una sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui si aggiunge, in considerazione della particolare pericolosità del soggetto, l'obbligo di trasferirsi, per il periodo di durata della misura, in un comune determinato dal giudice (art. 3 della legge).
Vale quindi per questa misura tutto quanto è stato detto innanzi, trattando della sorveglianza speciale. Peraltro, in aggiunta alle normali prescrizioni, può essere ordinato: a) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza; b) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati e ad ogni chiamata di essa. Alle persone sottoposte alla misura in oggetto è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza (art. 5 della legge).
L'obbligo di soggiorno in un determinato comune può essere imposto tanto con un primo provvedimento nei riguardi di chi è stato solo diffidato, quanto successivamente nei confronti di chi si trovi già sottoposto a sorveglianza speciale. Non può dubitarsi infatti che la maggiore pericolosità prevista dalla legge per l'applicazione della più grave misura può anche manifestarsi da parte di chi è già sottoposto alla sorveglianza di polizia, ed anzi le manifestazioni di pericolosità possono ritenersi maggiormente indicative in chi, già sottoposto alla sorveglianza, non mostra segni di resipiscenza. Quando, nel complesso dei fatti denunziati, il giudice non ravvisi gli estremi per l'assegnazione al soggionno obbligatorio e non ritenga di pronunciare ordinanza di non luogo, può applicare la misura della sorveglianza speciale.
La determinazione del luogo di soggiorno è rimessa alla discrezionalità del giudice; ma, in pratica e di regola, la scelta cade su alcuni luoghi che il ministero dell'Interno ha attrezzato a tale scopo, con l'organizzazione di una "colonia" per i confinati. Tuttavia è in facoltà del direttore di essa di consentire agli interessati di provvedersi, a proprie spese, di alloggi privati in locali che siano sorvegliabili e di farsi raggiungere dalle persone di famiglia, ove non ostino circostanze speciali (art. 326 reg. p. s.). Coloro che siano privi di mezzi di sussistenza sono obbligati al lavoro e ricevono per intero la mercede. Coloro che invece non abbiano mezzi sussistenza né siano in grado di procurarsi lavoro sono ricoverati gratuitamente nei locali all'uopo predisposti e percepiscono, dal giorno dell'arrivo in colonia o nel comune di soggiorno (se questo non ha una colonia apposita), un sussidio giornaliero nella misura stabilita dal ministro dell'Interno (art. 327 reg.). Ai bisognosi deve essere assicurata l'assistenza sanitaria gratuita e la gratuita somministrazione dei medicinali, secondo le prescrizioni del medico della colonia (art. 330 reg.), e possono inoltre essere forniti, una volta all'anno, i capi di biancheria e di vestiario occorrenti (art. 329 reg.).
La persona sottoposta all'obbligo del soggiorno in un determinato comune che contravviene alle relative prescrizioni è punita con l'arresto da tre mesi ad un anno (art. 12 della legge).
Bibl.: A. Marucci, Il processo di prevenzione, in Rass. studi penit., 1958, p. 521 agg.