MISURA o Battuta
Nella terminologia musicale questa voce corrisponde al segno adottato per indicare le divisioni regolari del tempo. Le leggi metriche, che stabiliscono gli accenti periodici del ritmo nello svolgersi del pensiero musicale, fanno sì che questi cadano simmetricamente sul primo di un certo numero di tempi, secondo i diversi aggruppamenti, che formano i varî tipi di misure. Il segno esteriore di tale suddivisione è la stanghetta, e due stanghette limitano il contenuto ritmico di una misura. Per fare conoscere al lettore di musica fin dove arrivano le possibilità di un tale contenuto, secondo le norme della teoria proporzionale, si segna al principio di ogni pezzo di musica (o anche di ogni episodio) una frazione numerica, in cui il denominatore indica la figura presa come unità di misura e il numeratore denota quante di tali figure (o di multipli equivalenti) entrano a fare parte della battuta.
I due tipi fondamentali di battuta sono la binaria (a due tempi) e la ternaria (a tre tempi). Prendendo, come è più frequente, la figura del quarto a unità di misura, la misura binaria è rappresentata da:
e quella ternaria da
L'unione di due misure binarie ha dato origine alla misura di quattro quarti, o di tempo ordinario, rappresentata da:
L'accento forte, marcato in pratica dal battere, cade: nel 2/4 e nel 3/4 sul primo movimento, nel ??? sul primo e sul terzo movimento; ma in tale caso, siccome il primo è il più gagliardo fra tutti, modernamente si è presa la consuetudine, nel dirigere, di segnare in battere solo questo e considerare gli altri tre in levare.
Scegliendo altre figure per unità di misura, si formano i tempi binarî:
i ternarî:
i quaternarî:
Si hanno poi le misure composte, allorché l'unità scelta si suddivide in tre, anziché in due, e cioè:
Tali misure si possono riprodurre prendendo come unità figure più piccole (v. Arietta della Sonata per pianoforte, op. 111 di Beethoven).
Più rare nell'uso, e proprie specialmente della musica slava, sono le misure a cinque e sette movimenti, quali:
La battuta e la sua stanghetta divisoria non hanno una storia molto remota. Nel cantus planus infatti i valori delle note, sottoposti al ritmo oratorio, non chiedevano simmetria di aggruppamenti; nel periodo della musica mensuralis il ritmo si fece bensì dipendere dal valore delle figure, ma poiché questo valore non era costante, perché legato all'ordine con cui si seguivano note più lunghe e note più brevi, s'introdusse, per dirimere i casi dubbî, il punctum divisionis. Soltanto nel primo quarto del sec. XVI fece la sua apparizione la stanghetta di battuta e uno dei primi esempî del suo uso si trova nell'opera di Martino Agricola, Musica instrumentalis (1529), ma alla fine dello stesso secolo l'editore Gardano di Venezia ancora stampava composizioni polifoniche (nelle singole parti, come allora si usava) senza divisione di battuta. Solo con l'avvento dello stile monodico, con la relativa semplificazione di scrittura e col bisogno di segnare con sempre maggiore evidenza il periodare della melodia in base agli accenti naturali della battuta, divenne generale l'uso della stanghetta.
Recentemente qualche compositore ha tentato di tornare all'abolizione di qualsiasi segno divisorio, sebbene le tracce della simmetria si scorgano egualmente. Dove invece l'abolizione della barra ha ragione d'essere è nelle cadenze dei concerti e in genere in quei brani o episodî, in cui la fantasia del musicista si abbandona a passaggi di reale irregolarità metrica.