MISENO (A. T., 27-28-29)
È l'estrema zona sud della parte continentale dei Campi Flegrei, nettamente articolata dal resto mercé la bassa lingua di terra che si frappone tra il porto di Miseno da un lato e la spiaggia di Miliscola e il Mar Morto dall'altro. Visto da terra, il promontorio appare come un enorme tumulo. È alto 167 metri. Esso è solo un tratto del cratere di Miseno, che nella parte occidentale e meridionale è stato distrutto dal mare e dall'opera degli agenti atmosferici; il terreno che lo costituisce è il tufo giallo alla base e il tufo grigio nella sezione più alta. Il promontorio si rialza a sud con un piccolo sollevamento (79 m.), che scende a strapiombo sul mare; su di esso sorge isolato il faro di Capo Miseno, donde si gode magnifica vista sulle isole partenopee e su tutto il golfo di Napoli.
Il porto del capo Miseno era nell'antichità sede permanente, dal tempo di Augusto in poi, di una parte della flotta romana. Secondo la tradizione virgiliana (Aen., VI, 212 segg.) raccolta anche da altri, prese il nome dal pilota di Enea, Miseno, che fu qui cremato con grandi onori allo sbarco dei Troiani.
Fu luogo assai ricercato per la villeggiatura durante la repubblica e sono rimaste famose, attraverso le descrizioni degli antichi, le ville che vi possederono C. Mario, M. Antonio e L. Lucullo: quella di quest'ultimo passò poi in potere di Tiberio, che vi morì il 16 marzo del 37 d. C.; nella stessa villa fu mandato in esilio il giovane Romolo Augustolo, l'ultimo degli imperatori romani, deposto da Odoacre. A Miseno si trovava anche Plinio, quale comandante della flotta, quando scoppiò la terribile eruzione del 69 d. C. che gli costò la vita.
La località acquistò particolare importanza durante l'impero, quando lungo il golfo si formò un grande centro abitato, elevato all'onore di municipio; Miseno, per altro, non fu una città vera e propria, ma una serie di costruzioni lungo la riva nei punti di approdo delle navi, con speciale concentramento nel luogo che oggi si chiama Casaluce, sfruttando il commercio che procurano un porto e una guarnigione militare.
Estese rovine si osservano ancora sulla cima del promontorio, le quali appartengono piuttosto alla villa imperiale che alla città. Di quest'ultima non si hanno resti monumentali in sito, ma solo alcune iscrizioni municipali e un gran numero d'iscrizioni sepolcrali di marinai e soldati, rinvenute principalmente alle falde del promontorio e assai interessanti per l'organizzazione dell'esercito romano.
Bibl.: D. Romanelli, Topografia istorica del regno di Napoli, Napoli 1819, III, p. 504 segg.; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 727; Corpus Inscr. Lat., X, n. 3334 segg.