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mirrare

di Bruno Bernabei - Enciclopedia Dantesca (1970)
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mirrare

Bruno Bernabei

Il termine compare una sola volta, in Pd VI 48 ebber la fama che volontier mirro, dove Giustiniano rievoca gli eroi della Roma repubblicana.

Tralasciando l'ipotesi del Buti (" miro, cioè lodo... ma è scritto per due r per la consonanzia della rima "), seguita da molti commentatori successivi, fra i quali il Daniello e il Lombardi, in m. sarà da riconoscere un denominale di ‛ mirra ', come, fra gl'interpreti trecenteschi, il Lana: " Qui è da sapere che li antichi usavano d'ungere di mirra li corpi morti, ch'elli voleano che si conservassono, sì come li moderni usano d'imbalsamare: onde l'autore volendo conservare la ditta fama del Romano imperio sì la descrive nel presente capitolo, e dice: la fama che volontier mirro, cioè ungo di tale mirra, che la conserverà per lo tempo futuro ". Accanto a questa, che fu la più diffusa nel Trecento ed ebbe seguaci, fra gli altri, l'Ottimo, Pietro e l'Anonimo, si è avuta un'altra interpretazione (oggi prevalente), la quale, mantenendo ferma l'origine nominale del verbo, ha sostenuto, con maggior naturalezza, il significato di " onorare con mirra ", sul tipo di ‛ incensare '.

Bibl. - Parodi, Lingua 238, 264.

Vocabolario
mirrare
mirrare v. tr. [der. di mirra], ant. – Onorare con mirra: i Deci e ’ Fabi Ebber la fama che volontier mirro (Dante); al verbo, usato soltanto da Dante (Par. VI, 48) sono stati attribuiti dai commentatori anche altri sign., tra cui quello...
mirrato
mirrato agg. [dal lat. tardo myrrhatus]. – Mescolato o aromatizzato con essenza di mirra: acqua m., vino mirrato.
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