Mirmidoni
Abitanti dell'isola di Egina (v.), la cui origine mitica è narrata da Ovidio (Met. VII 523 ss.). Quando una pestilenza si abbatté sull'isola e la spopolò, il re Eaco (v.) ottenne che Giove la ripopolasse trasformando in esseri umani le formiche che in gran numero (" agmine longo ", Met. VII 624) percorrevano il tronco di una quercia sacra al dio, e chiamò M. i suoi sudditi in memoria della loro origine, giacché in greco μύρμηξ significa appunto " formica ".
Ai M. si riferisce D. in If XXIX 62-64, ricordando a proposito dei mali della decima bolgia la peste di Egina, allorché, aggiunge, le genti antiche, / secondo che i poeti hanno per fermo, / si ristorar di seme di formiche.
In questi versi, e specie nell'inciso del v. 63, è forse un accenno d'ironia per la credulità dei poeti, cui non contrasterebbe il fatto che in Cv IV XXVII 17 lo ristoro de la morta gente è menzionato a lode di Eaco, giacché ivi D. mira a presentare il re quale modello di saggezza senile e si guarda bene dal precisare come il ristoro avvenisse. Nel passo citato del Convivio si precisa che il popolo ‛ ristorato ' dei M. fu maggiore che prima, forse con un'eco delle parole di Ovidio riferite qui sopra.