miopatie
La miopatia è, in senso generale, una condizione patologica a carico del tessuto muscolare scheletrico. Le miopatie possono essere determinate da un disordine primitivo del muscolo o derivare da malattie sistemiche. La diagnosi si basa su valutazioni cliniche e strumentali che consentono di definire le caratteristiche fenotipiche del paziente miopatico, dalle quali è possibile risalire ai meccanismi patogenetici della malattia e quindi alla sua eziologia. Le miopatie possono essere geneticamente determinate (congenite, mitocondriali, metaboliche) o di tipo infiammatorio o tossico. [➔ canalopatie del muscolo scheletrico; distrofie muscolari; Duchenne, distrofia di; elettromiografia; movimento, disturbi del] Le m. possono essere determinate da un disordine primitivo del muscolo o derivare da malattie sistemiche che provocano un danno miopatico secondario. Secondo la classificazione proposta da Roy O. Weller e collaboratori, le m. primitive e secondarie possono essere suddivise in destruenti e non destruenti. Le prime sono istologicamente caratterizzate dalla perdita dell’integrità della fibrocellula muscolare che subisce un danno necrotico segmentale associato a fenomeni di rigenerazione secondaria (➔ distrofie muscolari). Le seconde sono caratterizzate da difetti enzimatici (➔ miopatie, Miopatie mitocondriali) o disfunzioni di organuli o membrane cellulari, che risultano in un’anomala funzione muscolare, ma non in una distruzione di fibrocellule. La diagnosi di m., sospettata in conformità a un’accurata anamnesi ed esame clinico del paziente, deve essere confermata da esami di laboratorio e, nelle forme ereditarie, possibilmente precisata da esami genetici mirati.
Esame clinico
Debolezza muscolare. La debolezza, o astenia muscolare, anche se non sempre presente, è il sintomo più comune nel paziente miopatico e può coinvolgere tutti i distretti muscolari del corpo, determinando sintomi differenti. Può essere testato nell’esame obiettivo valutando la forza dei singoli muscoli. La debolezza dei muscoli del cingolo pelvico e delle cosce (distrofinopatie) costringe il paziente a sollevarsi da terra dalla posizione in ginocchio, aiutandosi con le braccia (segno di Gowers), rende difficoltoso il salire le scale, favorisce l’incurvarsi del ginocchio durante la marcia e causa frequenti cadute. La debolezza dei muscoli del cingolo scapolare viene notata dal paziente quando tenta di eseguire movimenti con le braccia sollevate e spesso si associa a scapola alata. La debolezza dei muscoli distali degli arti inferiori provoca caduta del piede con steppage durante la marcia, cioè sollevamento di scatto della coscia per evitare che la punta del piede, incapace di flettersi verso l’alto, urti contro il suolo (distrofia miotonica) o difficoltà a stare sulla punta dei piedi (m. di Miyoshi). La debolezza distale degli arti superiori determina difficoltà nella prensione, nell’estensione delle dita e delle mani (mano cadente), nei movimenti fini delle dita (per es., m. distale di Welander). La debolezza dei muscoli cefalici può interessare i muscoli del viso (distrofia facio-scapolo- omerale o distrofia miotonica), i muscoli extraoculari (m. mitocondriali), i muscoli masticatori (distrofia miotonica), i muscoli faringolaringei (distrofia oculofaringea) e i muscoli del collo (distrofia miotonica). A causa di questi deficit, il paziente può presentare difficoltà a serrare le palpebre e le labbra (non è capace di fischiare), ptosi palpebrale, strabismo e diplopia, disfagia (➔) predominante per i liquidi, voce nasale, caduta in avanti del capo (dropping head) oppure collo ‘a cigno’. Nel neonato debolezza e ipotonia generalizzate provocano il quadro cosiddetto di floppy baby (m. congenite, distrofie muscolari congenite). La debolezza dei muscoli respiratori provoca un’insufficienza ventilatoria restrittiva, che può essere dimostrata precocemente con esame spirometrico. La debolezza può manifestarsi, nelle diverse forme cliniche, con modalità temporali diverse: acuta (rabdomiolisi), subacuta (m. infiammatorie) e cronica (distrofie muscolari). In alcuni casi la debolezza può comparire acutamente con carattere episodico (paralisi periodiche).
Esauribilità muscolare. I muscoli, soprattutto quando interessati da una patologia metabolica che altera la disponibilità di energia, presentano una ridotta resistenza allo sforzo. Tale fenomeno è tuttavia costantemente presente, insieme alla debolezza, in quasi tutte le forme di miopatie. Inoltre l’esauribilità muscolare è caratteristica delle patologie della giunzione neuromuscolare (miastenia).
Dolori muscolari e crampi. I dolori muscolari (mialgie) possono comparire in qualsiasi fase di una m. e sono più comuni in alcune particolari forme (m. infiammatorie, distrofia facio-scapolo-omerale, m. miotonica prossimale). Le mialgie che compaiono dopo sforzo depongono per un possibile disturbo metabolico (glicogenosi, m. mitocondriali). I crampi invece, più che delle m., sono caratteristici delle malattie neuromuscolari a patogenesi neuropatica (malattie del motoneurone, neuropatie).
Alterato trofismo muscolare. I pazienti con malattie muscolari presentano frequentemente una riduzione volumetrica delle masse muscolari, che può essere diffusa o, più frequentemente, interessare in modo selettivo alcuni muscoli piuttosto che altri, delineando dei fenotipi caratteristici (muscoli della loggia posteriore della gamba nella m. di Miyoshi). Altri muscoli, invece, possono presentare un incremento volumetrico dovuto a un’abbondante sostituzione connettivale del tessuto muscolare. Questa condizione è definita pseudoipertrofia e si accompagna a una retrazione del muscolo stesso (➔ Duchenne, distrofia di). Tuttavia, soprattutto nelle fasi più precoci delle m. distrofiche, molte fibre muscolari presentano un’ipertrofia vera, che può riflettersi anche sul volume del muscolo stesso, e in alcuni casi (miotonia congenita) vi è una caratteristica ipertrofia di tutte le masse muscolari, che conferisce al paziente l’aspetto di un piccolo Ercole.
Miotonia. È un particolare fenomeno, tipico delle malattie muscolari dovute ad alterazione dei canali ionici del sarcolemma, caratterizzato dalla difficoltà a decontrarre i muscoli dopo contrazione forzata. Il fenomeno migliora con la contrazione ripetuta (warm-up), il che la distingue dalla paramiotonia, nella quale la difficoltà alla decontrazione compare durante la contrazione ripetuta (➔ miotonia).
Episodi di pigmenturia. I pazienti con m. di diverso tipo possono avere, soprattutto dopo sforzo, emissione di urine di color scuro (tipo coca-cola), dovuta alla liberazione, da parte delle fibre muscolari danneggiate, di elevate quantità di mioglobina.
Retrazioni, contratture muscolari e deformità articolari. La sostituzione del tessuto muscolare degenerato da parte di tessuto connettivo, dotato di una minore elasticità, favorisce, soprattutto nei pazienti distrofici con autonomia limitata, la comparsa di retrazioni e contratture muscolari, con conseguenti subanchilosi e anchilosi articolari. La debolezza dei muscoli paravertebrali e le posture anomale favoriscono inoltre la comparsa di deformità a carico della colonna vertebrale (cifoscoliosi, iperlordosi, ecc.). Coinvolgimento di altri distretti extramuscolari. Alcune m. (distrofia miotonica, distrofia di Duchenne, mitocondriopatie), sono caratterizzate da un coinvolgimento multisistemico: oltre a quello del tessuto muscolare, è frequente un coinvolgimento del cuore, del cervello, e di altri organi e apparati.
Esami di laboratorio
Dosaggio della creatinchinasi (CK). Il livello ematico della CK aumenta nella maggior parte dei pazienti che hanno una distruzione o una necrosi di fibre muscolari. Esiste tuttavia un’ampia variabilità individuale, per cui valori più elevati della CK si osservano nelle razze afro-cubane e asiatiche, in soggetti che svolgono intensa attività muscolare o che siano esposti a traumi muscolari.
Test metabolici. L’esercizio muscolare (eventualmente sensibilizzato da ischemia) fa aumentare di 3÷5 volte il livello ematico di lattato e di ammonio nei soggetti normali. Nei disordini della glicolisi o della glicogenolisi c’è solo un eccessivo incremento dell’ammonio. Un deficit della mioadenilatodeamminasi causa un normale incremento del lattato, senza aumento dell’ammonio. Nei disordini della catena respiratoria, infine, c’è un eccessivo incremento del lattato sotto sforzo.
Esami neurofisiologici. L’utilità dell’esame elettromiografico (EMG) nella diagnosi delle m. è prevalentemente legata alla sua capacità di definire la natura miopatica di un deficit di forza muscolare, differenziandolo da un deficit di origine neuropatica (neuromiopatie), e di evidenziare l’eventuale presenza di attività elettrica a riposo (per es., fibrillazioni e scariche ad alta frequenza nelle m. infiammatorie; scariche miotoniche nelle miotonie distrofiche e non). La stimolazione ripetitiva e l’EMG di fibre singole sono utili per definire la natura miastenica di un deficit di forza muscolare. Infine, lo studio della conduzione nervosa trova applicazione in alcune m. che si possono associare a un coinvolgimento neuropatico (per es. m. mitocondriali).
Biopsia muscolare. La biopsia muscolare costituisce un elemento fondamentale nella diagnosi delle miopatie. Il prelievo del materiale dovrebbe essere eseguito su muscoli interessati, ma non gravemente, dal processo miopatico. La biopsia si esegue in anestesia locale, a cielo aperto o con ago da biopsia. L’esame istologico deve avvalersi di un pannello completo di preparazioni istologiche, immunoistochimiche e citochimiche, che permetta di definire nel modo più preciso possibile le caratteristiche della m. in studio.
Test genetici. Una notevole percentuale di malattie muscolari è geneticamente determinata. È stato valutato che approssimativamente 1/6.000÷7.000 abitanti del Regno Unito ha una m. geneticamente determinata. Un’accurata anamnesi familiare eventualmente completata dall’esame diretto dei parenti, soprattutto di primo grado, è di estrema importanza nel caso di un paziente affetto da miopatie. Per alcune m., ben caratterizzate fenotipicamente, come la distrofia miotonica e la distrofia facio-scapolo- omerale, il test genetico costituisce il primo passo diagnostico dopo l’esame clinico. In altri casi, l’esame genetico è invece orientato sulla base dei risultati della biopsia muscolare.
Sono m. la cui patogenesi è legata a un processo infiammatorio che avviene primitivamente nel muscolo. Possono essere classificate in idiopatiche (dermatomiosite, polimiosite, miosite a corpi inclusi), associate a collagenopatie (lupus eritematoso sistemico, connettivite mista, artrite reumatoide, malattia di Sjogren), infettive/postinfettive (virali, batteriche, parassitarie), o di altro tipo (vasculitiche, granulomatose non infettive, sindromi eosinofile). Le forme idiopatiche possono essere associate, in una piccola percentuale di casi, ad anticorpi miosite-specifici, diretti contro ribonucleoproteine citoplasmatiche coinvolte nel processo di sintesi proteica.
Dermatomiosite. È un’infiammazione immunomediata della cute e dei muscoli. ha un’incidenza di 1/100.000 ed è più frequente nelle razze non caucasiche. Esordisce anche in età pediatrica, rappresentando la più frequente m. autoimmune nel bambino. ha un esordio subacuto. Sintomi cutanei sono: rash eritematoso eliotropo di viso, palpebre e superficie estensoria delle articolazioni; edema periorbitario; papule di Gottron (eritematose o violacee, presenti al di sopra delle sporgenze ossee nel 30% dei pazienti), lesioni vascolari del letto ungueale. Oltre ai sintomi muscolari (debolezza prossimale e disfagia) si possono avere altri sintomi quali: contratture articolari, artralgie, calcinosi, pneumopatia interstiziale, cardiopatia congestizia e disturbi della conduzione intraventricolare, patologie neoplastiche (tumori ginecologici). La prognosi è peggiore nei pazienti con complicanze cardiache, polmonari, articolari, neoplasie, ipergammaglobulinemia, febbre all’esordio, CK aumentata. La dermatomiosite è dovuta a risposta immunitaria a un supposto antigene endoteliale con deposito di complemento a livello dei capillari e susseguente infiltrazione infiammatoria e atrofia perifascicolare.
Polimiosite. Infiammazione cellulomediata dei muscoli senza interessamento cutaneo. ha incidenza e prevalenza analoga alla dermatomiosite, ma l’esordio è raro prima dei 20 anni e il decorso cronico più lento. La polimiosite è caratterizzata da debolezza muscolare simmetrica, prevalentemente prossimale, con possibile interessamento dei muscoli respiratori e incremento della CK. Raramente sono interessati i muscoli del viso. Il dolore muscolare è presente nel 20% dei casi, più frequentemente in quelli associati a connettivopatie. Altri sintomi sono: aritmie, cardiomiopatia, pneumopatia interstiziale, paresi esofagea. La polimiosite è provocata da una risposta cellulare di linfociti T CD8-positivi a un epitopo associato con l’antigene di istocompatibilità MhC-1 espresso sul sarcolemma, con invasione infiammatoria e distruzione di fibre muscolari sane.
Miosite a corpi inclusi. È la più frequente m. acquisita dell’adulto. Raramente può essere ereditaria. ha un esordio tipicamente insidioso e tardivo ed è rara prima dei 30 anni. Sono prevalentemente interessati i muscoli quadricipiti e flessori profondi delle dita delle mani, ma possono essere coinvolti i muscoli della deglutizione con disfagia, i muscoli dorsiflessori del piede e debolmente quelli del viso. Spesso l’interessamento muscolare è asimmetrico. La CK è normale o moderatamente elevata. La biopsia muscolare è diagnostica, essendo caratterizzata dalla presenza di vacuoli bordati intracellulari, contenenti granuli basofili, e materiale filamentoso amiloide intracellulare. La miosite a corpi inclusi è considerata una malattia primitivamente degenerativa con una modesta componente infiammatoria secondaria.
Miopatie infiammatorie associate a collagenopatie. Le collagenopatie si associano alle m. infiammatorie, con le caratteristiche della dermatomiosite o della polimiosite, in circa il 20% dei casi (sindrome da overlap). Le più comuni sono scleroderma, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sindrome di Sjogren, connettivite mista. La m. in queste forme è spesso associata a dolore, ed è più lieve e più sensibile alla terapia.
Terapia delle miopatie infiammatorie. Nella polimiosite e dermatomiosite la terapia di elezione è steroidea, eventualmente associata a immunosoppressori (metotressato, ciclosporina, azatioprina). Si possono utilizzare immunoglobuline per endovena nei casi resistenti alla terapia. Inefficaci risultano questi trattamenti nella miosite a corpi inclusi.
Malattie muscolari geneticamente determinate, dovute ad alterazioni delle vie metaboliche impiegate dalla fibrocellula per la produzione di energia. Si distinguono malattie della catena respiratoria mitocondriale, del metabolismo glucidico (glicogenosi muscolari) e del metabolismo lipidico.
Glicogenosi muscolari. Sono m. recessive dovute a difetto degli enzimi che intervengono nel metabolismo del glicogeno, che rappresenta la più importante fonte di energia per l’attività muscolare intensa aerobica o anaerobica. Il glicogeno viene sintetizzato (glicogenosintesi) a livello intracellulare in una struttura ramificata, composta da lunghe catene di molecole di glucosio ramificate. Il catabolismo del glicogeno (glicogenolisi) viene innescato dal calcio liberato nel reticolo sarcoplasmatico durante la contrazione muscolare, attraverso l’attivazione della fosforilasi e dell’enzima deramificante che spezzano i legami fra le molecole di glucosio, permettendo a quest’ultimo di entrare nel processo metabolico della glicolisi. La rimozione del calcio alla fine della contrazione stimola la re-sintesi del glicogeno. Sono stati fino a oggi descritti 17 tipi di glicogenosi, dovuti a differenti difetti enzimatici, e contrassegnati, per la maggior parte, da numeri romani o da eponimi. Le m. da glicogenosi tendono a interessare i muscoli più impegnati nell’esercizio. Clinicamente si distinguono forme che si manifestano con intolleranza all’esercizio fisico, e crampi con mioglobinuria, dovuti di solito all’esercizio intenso, e forme con debolezza muscolare già presente a riposo e spesso progressiva. Esistono tuttavia forme paucisintomatiche, anche caratterizzate da esclusivo incremento della CK e del dolore muscolare. L’analisi biochimica con dosaggio dell’attività dei singoli enzimi nel muscolo o in altri materiali biologici permette la diagnosi.
Miopatie da disordini del metabolismo lipidico. Sono m. dovute ad alterazione del metabolismo lipidico, per cui sono caratterizzate da sintomi che compaiono durante l’esercizio muscolare moderato ma prolungato, o durante il digiuno, durante i quali il metabolismo lipidico costituisce la principale fonte di energia per il muscolo. Comprendono m. da difetto del trasporto di carnitina e da deficit di carnitina. La più comune è dovuta a un deficit di carnitinpalmitoiltransferasi-II (CPT-II), che ha la funzione di trasportare gli acidi grassi, attivati ad acetil-CoA, all’interno del mitocondrio dove vengono metabolizzati nella beta-ossidazione. Il deficit di CPT-II nell’adolescente o nell’adulto si manifesta con episodi di mioglobinuria, dolori muscolari, ma non crampi dolorosi come le glicogenosi, ed eventuale debolezza, che compaiono dopo sforzo muscolare prolungato, soprattutto se eseguito a digiuno. Anche in queste m. la diagnosi si basa sull’analisi biochimica con dosaggio dell’attività dei singoli enzimi nel muscolo o in altri materiali biologici.
Sono m. geneticamente determinate a esordio prenatale, di solito non progressive, caratterizzate alla biopsia da specifici aspetti morfologici. Il neonato è spesso floppy e presenta un ritardo nelle tappe dello sviluppo motorio. Vi può essere in alcuni casi un grave interessamento dei muscoli respiratori sin dalla nascita. Le forme più comuni che fanno parte di questo gruppo sono la m. central core, che ha un’associazione con un maggior rischio di ipertermia maligna (➔ canalopatie del muscolo scheletrico), la m. nemalinica e la m. centronucleare.
Farmaci e sostanze tossiche possono danneggiare direttamente le fibrocellule (m. tossiche necrotizzanti), o indirettamente attraverso squilibri elettrolitici, ischemia muscolare, attività muscolare eccessiva, meccanismi immunologici. Il danno può essere locale (per es., nella sede d’inoculazione) o sistemico. Infine l’effetto tossico della sostanza può realizzarsi acutamente o richiedere un’esposizione cronica. Le principali sostanze in grado di determinare un danno muscolare sono: statine (atorvastatina, cerivastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina, simvastatina) e fibrati (clofibrato, bezafibrato, fenofibrato e gemfibrozil); corticosteroidi (in partic., fluorinati); farmaci amfifilici (clorochina, amiodarone, quinacrina, cloropromazina, imipramina, procainammide, doxorubicina, plasmocid), agenti antimicrotubulari (colchicina e vincristina), zidovudina; alcol. Giovanni Antonini
Miopatie mitocondriali
I mitocondri sono organelli subcellulari che producono la maggior parte dell’energia cellulare sotto forma di ATP nel processo di fosforilazione ossidativa. La via energetica terminale, o catena respiratoria, consiste di cinque complessi enzimatici (I÷V) e due ‘navette’, o trasportatori: il coenzima Q10 (CoQ10) e il citocromo c. La caratteristica unica del mitocondrio è che deriva da un protobatterio entrato in simbiosi con primitive cellule eucariotiche e, come tale, contiene un proprio DNA (mtDNA). L’mtDNA codifica solamente 13 proteine, subunità della catena respiratoria: 7 subunità del complesso I, 1 del complesso III (il citocromo b), 3 del complesso IV, o citocromoossidasi (COX), e 2 del complesso V. Le restanti proteine della catena respiratoria sono codificate dal DNA nucleare
Per convenzione, si definiscono malattie mitocondriali quelle dovute ad alterazioni della catena respiratoria. Dal punto di vista genetico, queste sono dovute o a mutazioni nel genoma nucleare o a mutazioni nell’mtDNA. Poiché i mitocondri e l’mtDNA vengono trasmessi esclusivamente dall’oocita (ereditarietà materna o citoplasmatica), ne consegue che le malattie dovute a mutazioni dell’mtDNA si ereditano solo per via materna. Inoltre, poiché ogni cellula contiene molteplici copie dell’mtDNA, le mutazioni patogeniche di quest’ultimo possono interessare tutte le copie del genoma mitocondriale (omoplasmia) oppure solo una parte di esse (eteroplasmia). Le manifestazioni fenotipiche di una mutazione eteroplasmica dell’mtDNA dipendono quindi dall’abbondanza relativa della mutazione e si richiede un certo numero critico di mutazioni perché si manifesti il fenotipo clinico (effetto soglia). Poiché i mitocondri sono presenti in tutti i tessuti, le malattie dovute a mutazioni dell’mtDNA sono di regola multisistemiche. Tuttavia, il numero di tessuti affetti e la gravità della sintomatologia dipendono dal grado di eteroplasmia e dalla soglia patogenica di ciascun tessuto.
Da quanto descritto sopra, come si spiega l’interessamento isolato del muscolo scheletrico nei difetti di mtDNA, che è ubiquitario? Due meccanismi forniscono la risposta: mutazioni somatiche insorte de novo solo nelle cellule staminali muscolari; mutazioni generalizzate ma con eteroplasmia fortemente sbilanciata a vantaggio (per così dire) del tessuto muscolare. Nel primo gruppo rientra la oftalmoplegia cronica progressiva (CPEO, Chronic Progressive External Ophthalmoplegia), dovuta a delezioni singole dell’mtDNA. Questa forma di miopatia dell’adulto causa ptosi, oftalmoparesi e debolezza dei muscoli prossimali, ed è generalmente piuttosto indolente e non gravemente restrittiva della qualità e durata della vita. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, questa miopatia è quasi sempre caratterizzato da sporadicità, non ereditata per via materna. Caratterizzato da sporadicità è anche un gruppo di miopatie dovute a mutazioni insorte de novo in geni che codificano proteine specifiche, quali subunità del complesso I, del complesso III, o del complesso IV. Clinicamente, questi pazienti hanno intolleranza all’esercizio fisico con facile faticabilità e, spesso, episodi ricorrenti di rabdomiolisi e mioglobinuria. Al secondo gruppo appartengono miopatie più o meno gravi, talvolta associate a oftalmoparesi o insufficienza respiratoria, trasmesse per via materna e dovute a mutazioni in geni che codificano RNA di trasferimento (tRNA). Di regola questi pazienti hanno valori elevati di lattato plasmatico, che aumentano ulteriormente con l’esercizio, mentre i livelli di creatinchinasi non sono molto elevati. La diagnosi si basa sulla biopsia muscolare. All’istochimica, la colorazione tricromica di Gomori rivela le caratteristiche ragged red fibers («fibre rosse stracciate») in cui l’eccessivo accumulo di mitocondri è rivelato da aree irregolari purpuree. Informazioni maggiori si ottengono con le reazioni istochimiche per la succinato deidrogenasi (SDh, Succinate DeHydrogenase) e per la citocromoossidasi. In tutti i casi, si ha una distribuzione a mosaico ragged blue fibers («fibre blu stracciate») con eccessiva reazione alla SDh. Nei pazienti con difetti del complesso I o III, in queste stesse fibre anche la reazione per la COX è esagerata. Nei pazienti con difetti della sintesi proteica mitocondriale (delezioni singole o difetti in geni per tRNA) le fibre iperintense per la reazione SDh sono invece negative o poco colorate con la reazione COX. Per rivelare difetti parziali della reazione COX, è utile sovrapporre le due reazioni SDh e COX: in fibre normali il colore bruno della COX prevale, mentre fibre con difetti anche lievi di COX vengono rivelate dal colore bluastro della SDh. La distribuzione a mosaico delle fibre anormali riflette la eteroplasmia delle mutazioni al livello della sezione.
Il genoma nucleare codifica la maggior parte delle subunità della catena respiratoria e innumerevoli fattori che controllano la qualità e quantità dell’mtDNA come pure l’assemblaggio dei complessi della catena respiratoria. Le più importanti mutazioni associate a miopatia isolata sono quelle nel gene Tk2 che codifica l’enzima timidina chinasi. Queste mutazioni causano grave deplezione dell’mtDNA e miopatia a esordio neonatale o infantile, con morte precoce per insufficienza respiratoria. Una causa molto rara di miopatia isolata è la deficienza di CoQ10, che è più comunemente associata a encefalomiopatia e nefropatia; riconoscere una deficienza di CoQ10 è importante perché la somministrazione di questo coenzima ad alte dosi spesso migliora il quadro clinico. Salvatore Di Mauro