MIONNESO (Μυόννησος, Myonnēsus)
Nome del promontorio che chiude al nord il golfo di Efeso.
La battaglia di Mionneso. - Nell'inverno 191-190 a. C., Antioco III di Siria, che in guerra coi Romani aveva perduto l'anno innanzi la battaglia navale del Corico, si preparava riattando e rinforzando la flotta a contendere loro il dominio del mare per opporsi all'imminente loro sbarco in Asia. La battaglia decisiva fu quella detta di Mionneso. L'ammiraglio siriaco, il fuoruscito rodio Polissenida, aveva concentrato in Efeso la sua flotta forte di 89 navi da battaglia. I Romani agli ordini del pretore L. Emilio Regillo s'erano congiunti in Samo con la squadra rodia comandata da Eudamo, e disponevano di sole 80 navi tra quinqueremi e quadriremi, perché un certo numero di vascelli da guerra romani e rodî s'era dovuto distaccare per impedire che Annibale, pure già vinto nella battaglia di Side, penetrasse nel mare Egeo movendo al soccorso di Antioco con navi fenicie e cilicie. Eumene II re di Pergamo, alleato romano, era d'altra parte più a nord a guardia del proprio regno e della regione ellespontica. Importava a Polissenida dare battaglia prima che i Romani potessero aumentare le proprie forze navali e in particolare congiungersi con quelle di Eumene. Egli salpò dunque da Efeso verso Nozio attaccando dimostrativamente quasi a sfida della vicina squadra nemica questa città che era alleata dei Romani. Ma i Romani non pare che avessero intenzione di dare allora battaglia, e quindi, doppiato il promontorio di Mionneso, mossero più a nord verso Teo, città amica dei Siriaci, sperando d'intimorirla e di rifornirvisi di vettovaglie. Pensavano che Polissenida occupato a Nozio non li avrebbe inseguiti e da Teo rifornitisi avrebbero avuto agio di congiungersi con Eumene e scegliere il momento opportuno per la battaglia decisiva. Ma Polissenida non volle lasciarne a essi il tempo, e, saputo ch'erano entrati nel porto di Teo, detto Gerestico, porto dalla bocca ristrettissima, si difilò con tutta la flotta lungo la sponda meridionale del promontorio di Mionneso proponendosi di poterli sorprendere e imbottigliare in quel porto. La sorpresa non riuscì. I Romani, fosse caso o prudenza, dal porto Gerestico di Teo s'erano trasferiti nel porto meridionale più ampio e aperto e di lì, avvisati in tempo dell'appressarsi della squadra rodia, imbarcarono in fretta gli equipaggi, scesi in buona parte nella città, e si mossero con le navi mano mano che venivano approntate nella direzione del promontorio Corico. In testa alla linea era lo stesso pretore L. Emilio Regillo che doveva così trovarsi con la nave ammiraglia all'estrema destra dei Romani, mentre il navarco rodio Eudamo sorvegliava l'equipaggiamento delle navi e le inviava successivamente verso il largo fermandosi poi con la sua nave ammiraglia all'estrema sinistra della linea romana. Le due armate avversarie si scontrarono tra il promontorio Corico e quello di Mionneso. Vennero prima a contatto le navi sulla destra romana e sulla sinistra siriaca, mentre la sinistra romana e la destra siriaca erano ancora lontane tra loro. Polissenida, profittando della superiorità numerica, spingeva i suoi vascelli verso il largo cercando d'aggirare la destra avversaria. E il pericolo che questa correva era grave. Ma se ne avvide dalla sinistra romana Eudamo; il quale scorgendo la destra siriaca lontana spinse velocissimamente le sue navi dietro la fronte romana fino oltre l'ammiraglia di Emilio e poi d'improvviso contrattaccò la squadra di Polissenida che stava compiendo la manovra d'aggiramento. Questo contrattacco rese vittoriosi i Romani alla destra e al centro, e qui i Siriaci soffersero le loro perdite più gravi. La destra siriaca, invece, che si ritirò senza avere appiccato battaglia, rimase intatta. Ma in tutto i Siriaci perdettero non meno di 42 navi, i Romani 3 sole, e con questa battaglia, poiché i Siriaci non erano più in grado di affrontarli, i Romani acquistarono definitivamente il dominio del mare Egeo, ciò che permise poi agli Scipioni di sbarcare senza contrasto nell'Asia. La vittoria insigne fu dovuta alla superiorità dei Romani e dei Rodî sul nemieo sia per la prestanza delle navi, sia per il valore dei marinai e l'abilità manovriera dei comandanti, e soprattutto d'Eudamo.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, p. 189 segg.; E. Pais, Storia di Roma durante le grandi conquiste mediterranee, Torino 1931, p. 124 seg.