MINORANZE NAZIONALI
Le minoranze etniche sono numerosissime; non altrettanto le minoranze propriamente definibili come nazionali. Nell’uso corrente è accolta la corrispondenza, semplicistica e molto discutibile, fra etnia e lingua d’uso. Le lingue parlate al mondo sarebbero oltre 7100 (l’UNESCO ne riconosce un numero poco inferiore), in massima parte con una diffusione esigua. Gli Stati esistenti sono invece circa 200, e solo alcuni riconoscono ufficialmente, o de facto, più di una lingua. Dal confronto tra queste due dimensioni consegue che le minoranze etnico-linguistiche (gruppi di lingua minoritaria all’interno di uno Stato) assommano a svariate migliaia. Ribadito che la diversità linguistica riscontrabile tra più popoli non implica anche una differenza, tra quegli stessi popoli, negli altri caratteri ‘etnici’ (storia, religione, tradizioni, usi, valori ecc.), è tuttavia indubbio che, in generale, la pratica di lingue differenti esprime una più estesa diversità culturale. Tra le differenze ulteriori, non è però sempre condivisa anche una differenza di sentimento ‘nazionale’, eminentemente politico, che metta in discussione l’appartenenza alla ‘nazione’ maggioritaria e che miri a distinguere in senso politico (e territoriale) la minoranza: è questo sentimento, se condiviso dal gruppo minoritario, che può caratterizzarlo o meno come ‘minoranza nazionale’.
La proiezione politica implica una proiezione territoriale: la minoranza propriamente nazionale si riconosce come tale e aspira a una forma di autogoverno (fino all’indipendenza) su un territorio ritenuto proprio. Gli esempi, pur in questa accezione, sono numerosi. Innanzi tutto, molti degli Stati non universalmente riconosciuti (Kosovo, Transnistria e altri), che hanno maturato il tentativo di dotare la nazione minoritaria di un territorio e di un governo. Vi sono poi rivendicazioni intra- o interstatali, miranti all’autonomia o all’indipendenza e più o meno aspramente condotte. Esempi di casi intrastatali sono: Fær Øer in Danimarca, Scozia in Gran Bretagna, Corsica in Francia, Catalogna in Spagna, Casamance in Senegal, Katanga e Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, Belucistan in Pakistan, Tibet in Cina, Aceh in Indonesia, Mindanao nelle Filippine, Québec in Canada, Chiapas in Messico, Bougainville in Papua Nuova Guinea. Esempi di rivendicazione interstatale sono: Paese Basco (Francia e Spagna), Kurdistan (Turchia, Siria, ῾Irāq e Irān), Kashmir (Pakistan e India), territorio Mapuche (Cile e Argentina). Altri casi esprimono l’aspirazione al ricongiungimento con una ‘nazione-madre’, maggioranza in uno Stato esistente: Kosovo settentrionale (con la Serbia), Cipro del Nord (Turchia), Azerbaigian iraniano (Azerbaigian). Rivendicazioni provengono anche da movimenti nazionali che considerano proprio un territorio interamente governato da uno Stato considerato estraneo: per es., Cecenia (Russia), Sahara Occidentale (Marocco), Palestina (Israele), Irian Jaya (Indonesia) e molti territori tuttora in stato di soggezione coloniale o semicoloniale.