MINORANZE NAZIONALI (XXIII, p. 404; App. II, 11, p. 327)
NAZIONALI Le discussioni sul problema delle m. n. hanno chiaramente messo in luce, in questi ultimi dieci anni, due fatti: la difficoltà di dare ad esso una soluzione uniforme, anche per la mancanza di un accordo su ciò che si debba intendere esattamente col termine minoranze; l'opportunità che le controversie in materia di m. siano appianate attraverso negoziati diretti fra le parti interessate. Va inoltre rilevato che il problema delle m. n. non costituisce più oggi un fatto essenzialmente europeo: la graduale trasformazione, infatti, dei territorî coloniali asiatici e africani in stati indipendenti e sovrani ha posto il problema, anche per questi, delle m. che si venivano automaticamente a costituire nel loro ambito.
Il problema generale delle minoranze alle Nazioni Unite. - L'Assemblea generale delle N. U. ha approvato il 9 dicembre 1948 la convenzione sul genocidio (che mira ad impedire l'eliminazione fisica di gruppi nazionali, etnici o religiosi) e il 10 dicembre 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (che vieta qualsiasi discriminazione per ragioni etniche, linguistiche o religiose). Il 10 dicembre 1948 stesso ha approvato anche una risoluzione in cui, pur ammettendo che le N. U. non potevano restare indifferenti alla sorte delle minoranze, considerando che era difficile adottare una soluzione uniforme di questa questione complessa e delicata, decideva di non inserire nella Dichiarazione disposizioni specifiche in favore delle minoranze e rinviava l'esame approfondito del problema alla Commissione dei diritti dell'uomo e alla Sottocommissione per la lotta contro le misure discriminatorie e la protezione delle minoranze.
La Sottocommissione si è trovata subito di fronte al grave problema di trovare una definizione del termine minoranze ai fini dell'applicazione di misure di protezione da parte delle N. U. Secondo le proposte fatte durante la III sessione (gennaio 1950) e lievemente modificate nella IV (ottobre 1951), il termine m. si applica solo ai gruppi di popolazioni non dominanti che possiedono e desiderano conservare tradizioni e caratteristiche etniche, religiose o linguistiche stabili e nettamente differenti da quelle del resto della popolazione; queste m. però debbono essere leali nei confronti dello Stato di cui fanno parte ed inoltre sarebbe bene che fossero numericamente abbastanza importanti in modo da essere capaci di conservare le loro caratteristiche. La Sottocomissione proponeva anche di raccomandare ai governi degli Stati membri di assicurare alle minoranze come minimo: a) l'impiego della loro lingua nei procedimenti giudiziarî; b) l'istruzione nelle scuole statali impartita nella lingua materna. Queste proposte della Sottocommissione non hanno avuto però alcun seguito, in quanto la Commissione dei diritti dell'uomo le esaminava soltanto nella sua IX sessione (aprile-maggio 1953) e decideva di rinviarle alla Sottocommissione per un esame più approfondito. In questa sessione veniva invece approvato dalla Commissione un progetto di risoluzione (approvato poi anche dal Consiglio economico e sociale il 3 agosto 1953) in cui si raccomanda che, in occasione della creazione di nuovi stati e di una nuova sistemazione territoriale fra stati già esistenti, qualora vengano a costituirsi nuove minoranze, si tenga particolarmente presente la necessità che queste siano protette. La Commissione approvava inoltre l'inserzione nel progetto di patto relativo ai diritti civili e politici - che unitamente al patto relativo ai diritti economici, sociali e culturali dovrebbe rendere obbligatorî i principi sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - di un articolo che stabilisce che "negli Stati in cui esistono delle m. etniche, religiose o linguistiche, le persone appartenenti a queste m. non possono essere private del diritto di avere, unitamente agli altri membri del loro gruppo, una propria vita culturale, di professare e praticare la loro religione o di impiegare la loro lingua". Deve peraltro essere ricordato che questo articolo, come del resto la maggioranza degli articoli dei patti sui diritti dell'uomo, non è stato ancora approvato dall'Assemblea generale.
Le discussioni presso i varî organi delle N. U. hanno chiaramente dimostrato che, pur non volendo disconoscere la necessità di una protezione delle m., si è cercato di evitare, dato l'aspetto multiforme del problema, di proporre sul piano universale soluzioni che, qualunque esse fossero, avrebbero provocato reazioni da parte di diversi stati.
Indiani nell'Unione Sudafricana. - L'Assemblea generale ha affrontato, sin dal 1946, su richiesta dell'Unione Indiana, la questione del trattamento della minoranza indiana nell'Unione sudafricana, e l'ha discussa regolarmente in ogni sessione. I 300.000 Indiani circa residenti nell'Unione Sudafricana lamentano di essere sottoposti a una politica di segregazione e discriminazione razziale. Non chiedono quindi la concessione di speciali diritti minoritarî, ma soltanto il riconoscimento di una situazione giuridica eguale a quella della popolazione dominante. Nelle risoluzioni approvate regolarmente in ogni sessione, l'Assemblea generale ha sempre deplorato il trattamento della minoranza indiana da parte del governo sudafricano, ma nello stesso tempo ha sempre ritenuto che la controversia dovesse essere risolta mediante negoziati fra glí stati direttamente interessati (Unione sudafricana, India e Pakistan). Allo scopo di facilitare detti negoziati nel 1952 veniva istituita una Commissione di buoni uffici e nel 1955 il segretario generale delle N. U. designava quale mediatore nelle trattative, ïl brasiliano L. de Faro.
Tutte le sollecitazioni delle N. U. si sono sinora rivelate inutili, e né la Commissione di buoni uffici, né il mediatore sono riusciti ad ottenere qualche risultato positivo. Ciò è stato dovuto all'intransigenza del governo sudaíricano, il quale nei primi tempi ha sostenuto l'incompetenza delle N. U. nella questione, trattandosi di una questione puramente interna (opinione condivisa anche da diversi paesi dell'Europa occidentale e del Commonwealth, che spesso hanno votato contro o si sono astenuti dalla votazione delle risoluzioni che deploravano l'atteggiamento sudafricano), e successivamente per un lungo periodo non ha nemmeno partecipato alle discussioni, negando alle N. U. qualsiasi possibilità di intervenire. La situazione della minoranza indiana è andata peggiorando con l'approvazione nel 1950 da parte dell'Unione sudafricana del Group Areas Act che ha aggravato la discriminazione e la segregazione razziali.
Arabi in Palestina. - Nel progetto di spartizione del novembre 1946 delle N. U. erano previste disposizioni in favore delle minoranze. La successiva guerra tra Israele e gli stati arabi ha modificato notevolmente la situazione, in quanto dei circa 700.000 Arabi già residenti nello stato di Israele ne sono rimasti soltanto circa 170.000. Nel maggio 1949 le N. U. hanno ammesso tra i loro membri Israele senza richiedere specifiche garanzie a favore delle m. e successivamente hanno limitato il loro intervento all'assistenza agli Arabi espulsi da Israele.
Ex colonie italiane. - Durante la discussione sulla sorte delle ex-colonie italiane, le N. U. hanno preso in esame anche il problema delle minoranze. Per quanto concerne la Libia (nella quale, oltre alla m. italiana, esistono m. ebree, greche e maltesi), in conformità alla risoluzione approvata dall'Assemblea generale delle N. U. il 21 novembre 1949, un rappresentante delle m. venne chiamato a far parte del Consiglio che ha assistito il commissario delle N. U. nella preparazione dell'erigendo Stato libico. Le minoranze però vennero escluse dall'Assemblea Nazionale libica e anche le N.U. non s'occuparono più di loro. Nella costituzione libica del 7 ottobre 1951 non si parla di m.; però l'art. 11 garantisce a tutti i cittadini libici l'eguaglianza di diritti civili e politici senza alcuna discriminazione e garantisce anche ai cittadini stranieri le libertà fondamentali. Ciò nonostante la maggioranza degli Ebrei libici, per timore di persecuzioni, è emigrata in Israele già prima del 1953
Maggiore interesse le N. U. hanno dimostrato per le m. in Eritrea, dove, oltre agli Italiani, esiste anche un'abbastanza numerosa minoranza musulmana. La risoluzione del 2 dicembre 1950, le cui disposizioni sono ora parte integrante dell'Atto di federazione con l'Etiopia, garantisce delle libertà fondamentali senza alcuna discriminazione. La Costituzione eritrea dell'11 agosto 1952, oltre a riprodurre le disposizioni dell'Atto federale, contiene altre norme a favore della libertà di religione, riconosce ai cittadini e agli stranieri il diritto al rispetto del loro statuto personale e permette, nei rapporti con le autorità pubbliche, l'uso, secondoo la prassi stabilita, oltre che delle lingue ufficiali arabo e tigrino, anche delle altre lingue parlate e scritte dai varî gruppi.
Tedeschi dell'Alto Adige. - vedi alto adige, in questa Appendice (vol. I, p. 76).
Il problema delle minoranze al Consiglio d'Europa. - Nella convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma dagli stati membri del Consiglio d'Europa il 4 novembre 1950 (entrata in vigore il 13 settembre 1953 e ratificata dall'Italia il 26 ottobre 1955), l'art. 14 esclude, ai fini del godimento dei diritti e delle libertà riconosciute nella convenzione, qualsiasi discriminazione a causa dell'appartenenza ad una m. nazionale. Durante l'elaborazione di detta convenzione era stata fatta presente più volte la necessità di un esame più approfondito del problema dei diritti delle minoranze nazionali all'Assemblea consultiva il 20 aprile 1956 con la presentazione da parte dello svedese Dickson di una mozione nella quale veniva proposta l'istituzione di una sottocommissione incaricata delle questioni relative alle minoranze.
La Commissione giuridica, che era stata incaricata di esaminare la mozione, nella sua relazione esprimeva il parere che era desiderabile assicurare alle m. nazionali la possibilità di soddisfare ai loro interessi collettivi nei limiti in cui ciò era compatibile con la salvaguardia degli interessi essenziali degli Stati ai quali esse appartengono, ma prima di formulare proposte reputava opportuno essere meglio documentata sulla situazione delle minoranze nei diversi paesi. La risoluzione approvata dall'Assemblea generale il 19 ottobre 1957 invitava i governi interessati ad inviare al segretario generale tutte le informazioni necessarie in modo da poter predisporre uno studio comparativo dei diversi regimi in vigore e incaricava la Commissione giuridica di preparare, in base alle informazioni da essa ricevute, una nuova relazione. Ma in definitiva nemmeno queste limitate proposte furono accettate dal Comitato dei ministri, il quale ritenne opportuno scartare l'esame di questi problemi delicati che, se fossero portati in discussione pubblica, rischierebbero di urtare talune suscettibilità.
Ciò nonostante la Commissione giuridica, sulla base delle informazioni ottenute direttamente dai parlamenti nazionali e dal segretario generale del Consiglio d'Europa, ha presentato il 30 aprile 1959 una nuova relazione la cui conclusione è che, salvo per la m. slovena e croata in Austria e quella tedesca in Italia, la situazione è soddisfacente. Si ritiene perciò che non convenga istituire, in seno al Consiglio d'Europa, un sistema di protezione delle m. nazionali simile a quello che esisteva alla Società delle Nazioni e che invece sia più opportuno che la soluzione di controversie tra Stati membri del Consiglio d'Europa sia trovata mediante negoziati bilaterali e, qualora questi falliscano, applicando la procedura prevista nella convenzione europea del 1957 per il regolamento pacifico delle controversie. La proposta della Commissione è stata approvata dall'Assemblea generale nella seduta del 17 settembre 1959 sotto forma di raccomandazione al Comitato dei ministri. Il Comitato dei ministri ha preso atto di questa raccomandazione, ma senza prendere alcuna particolare disposizione in merito ad essa.
Il 24 aprile 1959 l'austriaco Czernetz ha presentato la proposta di completare la convenzione dei diritti dell'uomo con un protocollo che garantisce i diritti e i privilegi delle minoranze nazionali; detta proposta però non ha avuto sinora alcun seguito.
Danesi dello Schleswig meridionale e Tedeschi dello Schleswig settentrionale. - I Danesi residenti nello Schleswig meridionale (circa 100.000 nel 1946, in diminuzione in questi ultimi anni in quanto gradualmente assimilati dalla maggioranza tedesca) alla fine della seconda guerra mondiale richiesero delle garanzie per il libero godimento dei loro diritti civili e politici in quanto cittadini della Repubblica federale. Il governo del Land Schleswig-Holstein, d'accordo con il Landtag, fece il 26 settembre 1949 una dichiarazione (chiamata "Dichiarazione di Kiel") che, richiamando la Costituzione federale del 1949, garantisce le m. danesi da un trattamento discriminatorio ed inoltre riconosce alle stesse alcuni diritti essenziali in modo da permettere il loro libero sviluppo culturale. Per il regolamento delle controversie veniva istituita una commissione di conciliazione di 6 membri (3 scelti dalla minoranza danese e 3 nominati dal delegato del Land) e di un segretario nominato su proposta delle minoranze. Compito della commissione era di esprimere il suo parere sui reclami e le richieste della minoranza, sui quali tuttavia la decisione definitiva spettava al governo del Land. Nel preambolo la Dichiarazione di Kiel contiene un invito al governo danese perché siano riconosciuti i diritti dei Tedeschi (circa 20.000) residenti nello Schleswig settentrionale. Il governo danese però ritenne che i diritti della m. tedesca (che, tra l'altro, ha anche un suo rappresentante al Folketing) erano già ampiamente garantiti e non erano necessarie ulteriori concessioni in loro favore. Il funzionamento del regime minoritario previsto dalla Dichiarazione di Kiel pare non abbia però soddisfatto le aspirazioni dei Danesi. Le difficoltà si sono verificate soprattutto nel campo scolastico, dato che il governo del Land aveva ridotto i sussidî alle scuole danesi, e nel campo politico, in quanto, in conseguenza del nuovo sistema adottato per l'elezione del Landtag dello Schleswig, la m. danese aveva perso la sua rappresentanza al Landtag stesso. La questione veniva definita mediante trattative dirette tra il governo federale tedesco e quello danese, i quali firmavano a Bonn il 29 marzo 1955 due dichiarazioni simili: la prima riguarda le minoranze danesi dello Schleswig merid., la seconda le minoranze tedesche dello Schleswig settentrionale. Esse riprendono in parte la Dichiarazione di Kiel e si ribadisce nuovamente che l'appartenenza alla m. non può fare oggetto di contestazione o di controllo da parte delle autorità. Non è prevista, invece, come nella Dichiarazione di Kiel, la commissione di conciliazione. Poco dopo queste dichiarazioni la legge elettorale dello Schleswig-Holstein è stata modificata in modo da permettere una rappresentanza alla m. danese e anche nel campo scolastico i sussidî alle scuole danesi sono stati ripristinati nella misura antecedente.
Minoranze nel Territorio di Trieste. - Il Memorandum d'intesa del 5 ottobre 1954 contiene numerose disposizioni in favore della m. slovena nella zona amministrata dall'Italia e della m. italiana nella zona amministrata dalla Iugoslavia. In particolare, oltre a riaffermare la parità dei diritti per gli appartenenti al gruppo etnico di m., prevede l'equa rappresentanza delle m. nelle cariche amministrative, il diritto alla stampa e all'istruzione primaria, secondaria e professionale nella lingua materna, il diritto di usare la propria lingua nei rapporti ufficiali con le autorità amministrative e giudiziarie delle due zone, l'obbligo delle iscrizioni bilingui nei comuni in cui il gruppo etnico di m. rappresenta almeno un quarto della popolazione. ecc. Inoltre, in relazione al Memorandum, è stata istituita una commissione mista italo-iugoslava con compiti di assistenza e consultazione sui problemi relativi alle m. ed anche con il compito di esaminare i reclami e le questioni sollevate dagli individui appartenenti alla minoranza. In particolare, fino ad oggi l'opera della commissione mista è stata diretta ad evitare che, da una parte o dall'altra, si attui una politica di discriminazione, specie in sede amministrativa; si sono presi e si prendono in esame i libri di testo delle scuole di lingua slovena nella zona A e di lingua italiana nella zona B per eliminare errori, inesattezze, valutazioni nazionalistiche; viene pure preso in esame il cosiddetto piccolo traffico di frontiera che, nei due sensi, è divenuto imponente. nonché lo spinoso problema di quanti chiedono asilo politico in Italia.
Minoranze slovene e croate in Austria. - Il trattato di stato austriaco del 1955 garantisce, come i trattati di pace del 1947, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e per tutti i cittadini il diritto all'eguaglianza civile e politica senza alcuna discriminazione. Inoltre l'art. 7 contiene particolari disposizioni per le m. slovene e croate della Carinzia, del Burgenland e della Stiria (diritto alla stampa e all'insegnamento primario nella lingua materna e ad un numero proporzionale di proprî istituti d'insegnamento secondario; riconoscimento nelle tre province delle lingue slovena o croata come lingua ufficiale). La Costituzione austriaca inoltre ha richiamato in vigore gli articoli 62-68 del trattato di San Germano, che contengono analoghe disposizioni a favore delle minoranze. La Iugoslavia ha accusato a più riprese l'Austria di non aver applicato le disposizioni a favore delle minoranze. Nel novembre 1960, in occasione della visita del ministro degli Esteri iugoslavo K. Popović a Vienna, l'Austria ha dato assicurazioni di riconoscere i diritti delle minoranze slovena e croata e la tensione tra i due Paesi si è notevolmente attenuata.
Minoranza turca a Cipro. - La m. turca a Cipro, che rappresenta il 18% circa della popolazione, ha avuto un'influenza determinante sull'evoluzione politica dell'isola. La sua esistenza, e di conseguenza la necessità che fossero salvaguardati i suoi diritti in caso di mutamento di status dell'isola, ha impedito l'annessione di Cipro alla Grecia. A seguito degli accordi del febbraio 1959, nella repubblica indipendente di Cipro alla minoranza turca sono state concesse le più ampie garanzie (v. cipro, in questa App.).
Minoranze in Asia. - In Asia, in questo ultimo decennio, la creazione di nuovi Stati ha reso spesso necessario dare una regolamentazione giuridica ai rapporti tra la maggioranza e la minoranza. Il problema minoritario più scabroso è stato quello sorto nel 1947 con la separazione del Pakistan dall'India, che ha lasciato in India circa 43 milioni di musulmani e nel Pakistan circa 10 milioni di indù. L'esistenza di questo notevole numero di minoranze di religione portò ad una serie di gravi incidenti e persecuzioni, che provocarono un enorme flusso di profughi nei due sensi. Con l'accordo dell'8 aprile 1950, definito "Carta delle minoranze", valido per il territorio di entrambi gli stati, viene garantita alle m. l'assoluta eguaglianza di diritti senza discriminazioni per ragioni religiose, la possibilità di circolare liberamente, di conservare i loro beni ed anche di rientrare in possesso delle proprietà abbandonate. L'accordo sottolinea pure il fatto che le m. debbono fedeltà e obbedienza allo stato di cui sono cittadine e che al governo del loro stato debbono rivolgersi per ottenere appoggio nella difesa dei loro diritti. All'applicazione dell'accordo sovraintendono due ministri, uno per ciascun governo centrale. L'accordo stabilisce inoltre l'inclusione presso il governo provinciale del Bengala orientale (appartenente al Pakistan) e i governi degli stati del Bengala occidentale e dell'Assam (appartenenti all'India) di un rappresentante rispettivamente delle m. indù e musulmana; e prevede la costituzione nelle suddette province di commissioni miste, composte di rappresentanti governativi, delle comunità di maggioranza e di minoranza, aventi il compito di sorvegliare e facilitare l'applicazione dell'accordo e di tenersi in contatto con le minoranze (per lo stato di Tripura è prevista la costituzione di un'analoga commissione mista da parte dei due ministri centrali).
Problemi minoritarî sono sorti anche in Malesia, Birmania, Indonesia e negli Stati dell'Indocina. Negli stati dell'Asia sudorientale infatti vi sono circa 9-10 milioni di Cinesi e in alcuni stati come la Malesia essi rappresentano quasi la metà della popolazione (e più della metà se nella Malesia si comprende anche Singapore). Negli stessi stati gli Indiani sono valutati a circa 1.300.000 (la maggior parte in Malesia e in Birmania). Numerose m. autoctone si trovano in Birmania, in Tailandia, in Indonesia e soprattutto in Cina dove ammontano a circa 35 milioni. La repubblica popolare cinese ha cercato di risolvere il problema concedendo l'autonomia amministrativa alle zone in cui risiedono considerevoli minoranze; ha riconosciuto il diritto di utilizzare la loro lingua nei rapporti ufficiali e ha cercato, contrariamente alla precedente politica del Kuomintang, di sviluppare la loro cultura; questa deve rimanere essenzialmente nazionale e particolaristica come forma, mentre si vuole che divenga marxista-leninista secondo il suggello "cinese", come contenuto.
Minoranze in Africa. - Nella formazione dei nuovi stati africani sorti in questi ultimi anni, non si è quasi avvertita la preoccupazione di costituire stati nazionalmente omogenei. Questi stati hanno per lo più conservato le frontiere fissate dalle Potenze coloniali e nel loro interno non mancano popolazioni minoritarie. Dato però che nei rapporti tra le popolazioni di colore africane non si è, almeno per il momento, sviluppato un così forte concetto di nazionalità come in Europa, di fronte all'imprescindibile esigenza di ottenere la completa indipendenza, sia di nome che di fatto, dalla ex-potenza coloniale, il problema della protezione delle m., specie di quelle costituite da popolazioni autoctone, è certo per il momento prematuro. Attualmente il problema delle m. in Africa riguarda soprattutto le m. europee che precedentemente costituivano la popolazione dominante. I nuovi stati africani sono molto restii a concedere particolari diritti e privilegi a queste m. europee: la loro situazione giuridica spesso non è stata ancora definita e la mancanza di sicurezza ha spinto talvolta parte delle popolazioni europee, che precedentemente costituivano il gruppo dominante, a rientrare nei loro paesi (così ad esempio i Francesi del Marocco e della Tunisia). Per quanto riguarda le costituzioni più recenti (Ghana, Somalia, Madagascar, ecc.), è da rilevare che in generale esse, in armonia con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, contengono disposizioni che escludono ogni discriminazione per motivi etnici o religiosi.
In generale si può dire che i precedenti rapporti fra la popolazione europea e la popolazione locale, la politica svolta dalle singole amministrazioni "coloniali" nonché, infine, il "modo", con cui ha preso fine il dominio europeo, sono tutti elementi determinanti nello stabilire nuovi rapporti fra i due strati. Per quanto riguarda l'Italia, è indubbio che la politica svolta in un cinquantennio di presenza in Africa e i meriti grandi conquistati dal lavoro italiano hanno evitato il sorgere di rancori ma anzi - in Somalia, in Eritrea e nella stessa Etiopia, come anche in Libia - hanno aperto la strada a rapporti di fiduciosa collaborazione.
Bibl.: G. A. Pordea, La protection internationale des minorités et la Déclaration des droits de l'homme, in Revue de droit international, des sciences diplomatiques et politiques, 1949, p. 276 e segg.; T. H. Bagley, General principles and problems in the international protection of minorities; a political study, Ginevra 1950; Définition et classification des minorités, Memorandum presentato dal Segretario generale delle Nazioin Unite (E/CN. 4/Sub 2/85), Lake Success-New York 1950; Étude sur la valeur juridique des engagements en matière des minorités, Memorandum presentato dal Segretario generale delle Nazioni Unite (E/CN. 4/367), Lake Success-New York 1950; K. E. Taregg, Minderheitenrecht, Untersuchungen zum Recht der völkischen Minderheiten, Colonia 1950; J. W. Bürgel, Um einen wirksamen Schutz der Minderheiten, in Die Friedenswarte, 1950, pp. 40-50; J. B. Schechtman, Decline of the international protection of minority rights, in The Western Political Quarterly, marzo 1951; S. Tchirkovitch, La règle de non-discrimination et la protection des minorités, in Revue générale de droit international public, 1951, pp. 247 e segg.; G. A. Pordea, Fédéralisme et minorités en Europe orientale, Parigi 1952; MacAlister Brown, Expulsion of German minorities from Eastern Europe: The decision at Potsdam and its background, Cambridge, Mass., 1953; Peretz (Don), The Arab minority of Israel, in Middle East Journal, 1954, p. 139 e segg.; S. G. Cole e W. Mildred, Minorities and the American promise, New York 1954; B. Gorkhale, Minorities in India, in Confluence, 1954, pp. 71-81; J. L. Kunz, The present status of the international law for the protection of minorities, in American Journal of International Law, 1954, pp. 282-287; I. L. Claude, National minorities, an international problem, Cambridge, Mass., 1955; M. M. Pedrazzini, La regione nella costituzione italiana e il problema delle nostre minoranze linguistiche, in Rivista di diritto svizzero, 1955, fasc. 4 e 5, pp. 243-268; V. Thompson e R. Adloff, Minority problems in Southeast Asia, Stanford 1955; E. Menzel, Funktionen der Minderheiten im gegenwärtigen Europa, in Europa-Archiv, 1955, p. 7199 e segg.; E. Schwelb, The Austrian state treaty and human rights, in The International and Comparative Law Quarterly, aprile 1956; W. H. Mallory, Chinese minorities in Southeast Asia, in Foreign Affairs, 1955-56, pp. 258-270; G. Auclair, Le problème des minorités nationales en Chine, in Le Monde, 1-2-3 ottobre 1957; J. Sasching, Das Recht der völkischen Minderheit, in Der grosse Entschluss, Vienna 1958, p. 458 e segg.; W. Thieme, Rechtsfolgen der nationalen Minderheiten in der Bundesrepublik Deutschlands, in Festschrift für K. G. Hugelmann, II, Aalen 1959, pp. 631-674; F. Branchu, Le problèeme des minorités en droit international depuis la seconde guerre mondiale, Lione 1959; E. Jackel, Die Schleswig-Frage seit 1945, Francoforte sul Meno-Berlino 1959; H. Golsong, Minderheitenrechte im Rahmen des Europarats, in Europa-Archiv, 1960, pp. 85-92; F. Cataluccio, Le minoranze nel mondo, in Relazioni internazionali, 1960, nn. 41-44.