MINERBETTI, Bernardo detto Bernardetto
– Figlio di Andrea di messer Tommaso, di antica famiglia fiorentina, e di Ermellina Corbinelli, nacque nel 1507 a Firenze.
Non si hanno notizie sugli anni della sua formazione. È noto però che durante la giovinezza, trovandosi nella condizione di «povero et abandonato» (Il carteggio di Giorgio Vasari, p. 306), fu al servizio dello zio Francesco Minerbetti, vescovo di Arezzo, del quale dovette sopportare il pessimo carattere. Lo zio, tuttavia, il 6 febbr. 1537 gli resignò il vescovato. Dal 1523, inoltre, il M. era canonico di S. Maria del Fiore.
«In tutte le scienze bastantemente dotto» (Inghirami, XIII, p. 420), fu uno dei fondatori dell’Accademia degli Umidi. Si cimentò altresì nella traduzione letteraria, volgendo all’italiano in versi sciolti il nono libro dell’Eneide (in Le opere di Vergilio cioè la Buccolica, Georgica, et Eneida, Venetia, G. de’ Cavalli, 1568). Curò anche una Breve et utile somma cavata d’una parte de’ decreti del Sacrosanto oecumenico Concilio Tridentino (Firenze, B. Sermartelli, 1565). Ebbe rapporti stretti con figure rilevanti del suo tempo quali Giorgio Vasari, che più tardi il M. definì sua «creatura» (Il carteggio di Giorgio Vasari, p. 308). La corrispondenza fra i due, edita nel carteggio vasariano, è assai copiosa benché incompleta, e attesta un legame di amicizia risalente ai tempi del matrimonio di Vasari (avvenuto tra il 20 e il 25 ott. 1549), anche se la prima lettera è del 1° genn. 1551.
Il M. conobbe anche Michelangelo Buonarroti, del quale fu grande ammiratore. Nel giugno 1552 Michelangelo riferiva al nipote Leonardo di aver incontrato il M. a Roma insieme con Vasari. Michelangelo aveva parlato con il M. circa il «dare donna» al nipote, e il M., da parte sua, aveva detto che «aveva una cosa buona» per Leonardo (Il carteggio di Michelangelo, p. 376). Il M. fu in rapporti amichevoli anche con Vincenzo Maria Borghini, che il 12 marzo 1541 ricevette da lui l’ordinazione sacerdotale. Antonfrancesco Grazzini, detto il Lasca, gli dedicò nel 1550 la commedia La gelosia, poiché, scriveva, «in casa Minerbetti ebbe principio e origine il suo essersi recitata» (Grazzini, Opere, p. 95).
Anni dopo il M. ricordava il periodo al servizio dello zio, quando chiedeva a Vasari e a Michelangelo di consigliarlo e aiutarlo nel suo progetto di «dipinger la Patienza, la quale – scriveva il M. – […] è la mia impresa, e da me fu presa in questi tempi che essendo giovanetto, al servitio di mio zio, così strano et arabico, mi bisognava, oltre a mille bassi servitij che io exercitavo, comportare infinite ingiurie» (Il carteggio di Giorgio Vasari, p. 306). Grazie ai consigli di Vasari, di Annibale Caro e di Michelangelo, il M. fece fare a Roma un disegno dell’allegoria della Pazienza, a partire dal quale lo stesso Vasari, dietro preghiera del M., dipinse il quadro a olio alla fine del 1553.
Il M. fu vicino al duca Cosimo I de’ Medici, che servì come ambasciatore in diverse occasioni. A lungo fu impegnato in missioni diplomatiche di grande rilievo quale ambasciatore ordinario e straordinario. Nel 1550 svolse la sua prima missione, inviato a Mantova con istruzione del 13 marzo per fare le condoglianze per la morte del duca Francesco III (Istruzioni agli ambasciatori e inviati toscani in Spagna, I, pp. 178 s.). Nel 1551 fu al servizio di don Luigi di Toledo, fratello della duchessa di Firenze Eleonora. Nel 1552 fu inviato a Napoli per congratularsi con Pedro di Toledo, suocero di Cosimo, delle sue seconde nozze con Vittoria Spinelli. In giugno, nel corso del viaggio di ritorno, fece tappa a Roma e in quell’occasione incontrò Michelangelo.
Nel 1557 fu inviato in Inghilterra e nei Paesi Bassi, dove in quegli anni risiedeva Filippo II di Spagna, per ringraziarlo della concessione dello Stato di Siena e rallegrarsi della vittoria di San Quintino.
Arrivò a Bruxelles il 13 sett. 1557, con un’istruzione di Cosimo (ibid., I, pp. 239-245, 3 sett. 1557). Nel congratularsi con Filippo II, il M. avrebbe dovuto inoltre comunicare che «per quello che ne tocca parimente a noi in particulare per la quiete, commodo et sicurezza nostra […] [il duca di Firenze] seguiterà sempre ogni fortuna di sua maestà» (pp. 240 s.). Per la concessione di Siena non doveva ringraziare solo Filippo II, ma portava lettere «di credenza, et offitiose» (p. 241) anche per la regina Maria Tudor e per i più alti dignitari della corte e le altre figure di primo piano dello schieramento asburgico come Antonio Perrenot de Granvelle vescovo d’Arras, ai quali doveva altresì estendere le felicitazioni per il successo di San Quintino. Il M. doveva altresì ricordare a Filippo II «con buona opportunità et fuora d’ogni fastidio» che Francisco de Mendoza, cardinale di Burgos, non aveva saldato alcuni debiti contratti a Siena, per i quali Cosimo chiedeva che Filippo nominasse «un iudice che intenda queste cose tra ’l cardinale, et questi poverelli a finché examinato bene il negotio per iustitia, et trovatili creditori possa ordinar al cardinale che li satisfaccia» (p. 242). La trattativa che condusse alla formalizzazione della cessione di Siena e Portoferraio a Cosimo I fu lunga e complessa. A tal fine al M. erano state consegnate una minuta del privilegio di infeudazione e una Instrutione … per il privilegio dello Stato di Siena al signor Cosimo de’ Medici …, et la minuta di detto privilegio di messere Lelio Torelli (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 23, ins. 16, cc. 2r-4v), che illustrava le ragioni degli interventi apportati dal primo segretario L. Torelli alla bozza del privilegio. In particolare il M. doveva fare in modo che nel privilegio si inserisse «l’instrumentum ad verbum della concessione di Cesare, a sua Cattolica Maestà», ovvero l’infeudazione di Siena accordata dall’imperatore Carlo V a Filippo II affinché questi a sua volta potesse subinfeudarla a Cosimo I (Istruzioni agli ambasciatori e inviati toscani in Spagna, I, p. 241).
Il M. condusse la negoziazione per conto di Cosimo I fino al 1559, quando infine si raggiunse un accordo che comprendeva anche la concessione al duca di Portoferraio.
Al M., in quanto «persona – scriveva Cosimo I a Filippo II – molto honorata et amata da me singularmente», fu ordinato di restare presso la corte del re spagnolo fino alla nomina del nuovo ambasciatore ordinario, dopo che quello allora in carica, Alfonso Tornabuoni, ottenne il permesso di tornare a Firenze (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 2634, I, c. 521r, 3 sett. 1557).
Alla morte di Carlo V, nel 1558, il M. rappresentò Cosimo I allo splendido funerale che si tenne a Bruxelles sotto forma di trionfo, che poi descrisse in una vivida lettera al duca. L’elaborato racconto (L’esequie di Carlo V imperatore fatto nella villa di Bruscelles, Firenze, L. Torrentino, 1559) fu ripubblicato come La magnifica e suntuosa pompa funerale, fatta in Bruselles il di 23 di decembre, l’anno 1558 nell’essequie dello ’nvittissimo Carlo Quinto (Anversa 1559) da C. Plantin in un’edizione riccamente illustrata con versioni latina, francese, fiamminga e italiana. La descrizione del M. con le illustrazioni di Plantin costituì probabilmente il modello per le esequie di Michelangelo, che nel 1564 fu tumulato nella chiesa di S. Lorenzo, tradizionalmente riservata a luogo di sepoltura per i membri della famiglia Medici. Anche i funerali di Cosimo I, con il disegno della cappella ardente di Borghini, costruita in S. Lorenzo, adottarono il modello di Carlo V.
Dopo la morte di Carlo V, Cosimo I inviò Chiappino Vitelli come ambasciatore straordinario presso la corte imperiale, mentre il M. avrebbe dovuto seguire Filippo II in partenza per la Spagna il 25 ag. 1559. Nondimeno il M. si trattenne tutto l’inverno nei Paesi Bassi per motivi di salute, mentre il segretario Bernardino Grazzini fu mandato al seguito del re, e solo nella primavera del 1560 partì infine per la Spagna, dove restò come residente fino al 1563. Nel 1561, per la carica diplomatica che rivestiva, il M. non fu incluso nella lista di vescovi e arcivescovi degli Stati di Firenze e Siena che per ordine di Cosimo I dovettero recarsi a Trento in obbedienza al breve pontificio di convocazione del concilio. Nel 1562 arrivò in Spagna l’erede al Ducato mediceo Francesco de’ Medici.
Il viaggio doveva condurre alla scelta della sposa di Francesco, sulla base degli orientamenti che avrebbe manifestato Filippo II. Francesco era partito ai primi di maggio per la Spagna, ed era sbarcato a Rosas all’inizio di giugno. Installatosi a Barcellona, in settembre raggiunse Filippo II e il M. a Segovia e con loro rientrò a Madrid. Nel corso del soggiorno Francesco fu raggiunto dalla notizia della morte del cardinale Giovanni suo fratello, avvenuta il 20 novembre. Come riferiva il M. a Cosimo I, l’evento colpì profondamente il principe, anche se in pubblico riuscì ad astenersi dal pianto. Più tardi egli fu informato della morte anche della madre e di Garzia e anche di fronte a questi lutti, «se bene afflitto molto», Francesco si mostrò «accomodato al volere di Gesù Cristo» (cit. in Saltini, p. 353). Quando il principe decise di rientrare a Firenze, il M. ottenne il permesso di accompagnarlo e concluse così la sua missione in Spagna lasciando Madrid il 5 luglio 1563.
Rientrato a Firenze, nel 1564 il M. fu inviato a Roma da Cosimo I per discutere dell’eredità del duca di Castrovillari Giovan Battista Spinelli, cognato di Cosimo I, scomparso da diversi anni. Nel 1540 Spinelli aveva sposato Isabel, sorella di Eleonora di Toledo, e ora occorreva affrontare la questione dell’eredità che spettava, a certe condizioni, alla sua unica erede, la figlia Francesca. Nel 1565, insieme con Francesco Bandini e Ugo Della Gherardesca, fu inviato a Bologna a visitare il cardinale legato e Giovanna d’Austria, sposa di Francesco de’ Medici, al loro arrivo a Bologna. Negli ultimi anni della vita si dedicò in particolare alla sua diocesi e intervenne al sinodo provinciale del 1573.
Lo stretto rapporto che unì il M. a Cosimo I continuò per tutta la vita, tanto che il granduca morente «giunto il vescovo [di Arezzo] con il sacramento in camera […] si rizzò a sedere in sù il letto et fu vestito dell’habito da Cavaliere di Santo Stefano, de quali egli era gran maestro et fondatore, et così ricevette il sacramento» dal M. il 20 apr. 1574, la sera prima della morte (Incoronazione e funerali del granduca Cosimo Primo, c. 2r).
Il M. morì il 15 (Il carteggio di Giorgio Vasari, p. 296) o 16 sett. 1574 e fu sepolto nel duomo di Arezzo, dove si trova l’epigrafe sepolcrale.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Nuovi acquisti, 1025: Incoronazione e funerali del granduca Cosimo Primo, cc. 1-17; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2634, I, c. 232: Instruttione al vescovo d’Arezzo, 1549 de 13 di marzo (viaggio a Mantova); c. 531 (lettera di Cosimo I); ibid., II, cc. 314r-315r: Instruttione a voi reverendo monsignor d’Arezzo (viaggio a Napoli); ibid., II, cc. 518r-521r: Instructione et credentiali per la spedizione del vescovo d’Arezzo … (viaggio in Inghilterra e nei Paesi Bassi); cc. 522-537 (lettere di presentazione alla regina Maria Tudor e altri dignitari della corte); ibid., III, cc. 737-738 (viaggio a Roma, 1564); Mediceo del Principato, 4321, 4322, 5039 (la missione in Spagna); G.E. Saltini, Tragedie medicee domestiche (1557-1587) narrate sui documenti, Firenze 1898, pp. 351-353 (copia del carteggio fra il M. e Cosimo I intorno alla morte del cardinale Giovanni de’ Medici, di don Garzia e della duchessa Eleonora); Il carteggio di Giorgio Vasari, edito e accompagnato di commento critico dal dott. Carlo Frey, München 1923, pp. 296 s., 306-308, 310-313, 316 s.; A.F. Grazzini, Opere, a cura di G.D. Bonino, Torino 1977, p. 95; Il carteggio di Michelangelo, a cura di G. Poggi - P. Barocchi - R. Ristori, IV, Firenze 1979, p. 376; V. Borghini, Il carteggio, I, Firenze 2001, p. 69; Istruzioni agli ambasciatori e inviati toscani in Spagna e nell’Italia spagnola (1536-1648), a cura di A. Contini - P. Volpini, I, Roma 2007, pp. 178 s., 239-245; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum omnis generis, Firenze 1589, p. 31; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 433; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 104 s.; L. Cantini, Vita di Cosimo de’ Medici primo granduca di Toscana, Firenze 1805, p. 323; F. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, Fiesole 1844, p. 420; A. Pasqui - U. Pasqui, La cattedrale aretina e suoi monumenti, Arezzo 1880, ad ind.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 10, 23, 34, 59, 78, 106; V. Wittkower, The divine Michelangelo. The Florentine Academy’s homage on his death in 1564, London 1964, pp. 20, 46; E. Borsook, Art and politics at the Medici court. I: the funeral of Cosimo I de’ Medici, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XII (1965), p. 32; A. D’Addario, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma 1972, pp. 251, 337, 508; C. Bresnahan Menning, Loans and favors, kin and clients: Cosimo de’ Medici and the Monte di pietà, in The Journal of modern history, LXI (1989), pp. 487-511; N. Bingen, Philausone (1500-1660). Répertoire des ouvrages en langue italienne publiés dans les pays de langue française de 1500 à 1660, Genève 1994; R. Le Mollé, Giorgio Vasari. L’homme des Médicis, Paris 1995, p. 201; D. Marrara - C. Rossi, Lo Stato di Siena tra Impero, Spagna e principato mediceo (1554-1560). Questioni giuridiche e istituzionali, in Toscana e Spagna nell’Età moderna e contemporanea, Pisa 1998, pp. 5-53; Fra lo spedale e il principe: Vincenzio Borghini, filologia e invenzione nella Firenze di Cosimo I. Catalogo della mostra, a cura di G. Belloni - R. Drusi, Padova 2002, pp. 6, 101-113; M. Plaisance, L’Accademia e il suo principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Francesco de’ Medici, Roma 2004, ad ind.; Hierarchia catholica, III, s.v. Aretin.
P. Volpini