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FERRO, Minerali di

di Franco Salvatori - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)
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FERRO, Minerali di

Franco Salvatori

(XV, p. 68; App. IV, I, p. 773)

La crisi recessiva, che nella seconda metà degli anni Settanta e primi anni Ottanta ha seriamente colpito le economie dei paesi industrializzati, ha avuto pesanti ripercussioni nel settore siderurgico, e di conseguenza anche l'industria estrattiva e il mercato internazionale dei minerali di f. ne hanno subito i contraccolpi.

Se anteriormente alla crisi economica della metà degli anni Settanta il ritmo di crescita della produzione di minerali di f. si era attestato intorno al 5% annuo, dal 1975 al 1987 tale tasso si è mantenuto largamente al di sotto di un punto percentuale medio annuo. La produzione mondiale, dopo una prima flessione nel 1977 e dopo aver raggiunto il suo massimo storico nel 1980, ha segnato successivi arretramenti, solo in parte compensati dalla ripresa degli ultimi anni qui considerati. La recente inversione di tendenza non appare però in grado di ribaltare lo squilibrio a favore dell'offerta, il quale ha ormai assunto caratteri strutturali e riduce così la possibilità di messa a coltura di nuovi giacimenti. Con la crisi del 1975 sembra definitivamente tramontata la lunga fase di crescita del settore, con una domanda in costante eccedenza rispetto all'offerta che aveva condotto a sfruttare giacimenti anche molto lontani dai centri siderurgici. Con il calo della domanda è da prevedere una revisione dei siti estrattivi con l'abbandono dei giacimenti meno produttivi, a favore sia di quelli a più alto tenore di minerale, sia di quelli ubicati in prossimità di attrezzature portuali. È prevedibile inoltre una sempre più ampia partecipazione degli stessi paesi produttori al ciclo siderurgico, mediante l'esportazione di minerali concentrati e di agglomerati preparati in loco.

A fronte di un rallentamento nella produzione, va segnalato un lieve aumento della disponibilità delle risorse, che ammontano a poco meno di 200 miliardi di t (Fe contenuto) e di cui, secondo valutazioni che si ritiene sottostimate, una buona metà è rappresentata da riserve. Tali risorse sono localizzate per i 7/10 in soli cinque paesi: URSS (26,5%), Brasile (13,4%), Canada (13,4%), Australia (9,3%), Stati Uniti (8,3%). Questi stessi paesi risultano essere anche i principali produttori mondiali. Tra essi s'inserisce, al terzo posto, la Cina e al sesto l'India, mentre il Canada scivola al settimo posto. Nell'insieme la loro produzione, nel 1988, ha rappresentato oltre i 4/5 del totale mondiale, denunciando un'ulteriore concentrazione rispetto a un decennio addietro, quando superava di poco i 2/3 del totale mondiale e quando anche diversa risultava la stessa graduatoria dei principali produttori. Cresce intanto il peso dei paesi del Terzo Mondo a causa della maggior incidenza assunta dalla divisione internazionale del lavoro, nel più ampio processo di delocalizzazione di attività industriali di base dai paesi a economia matura.

Per quanto riguarda la produzione dell'ex Unione Sovietica, rimasta su quantità assolute stabili nell'ultimo decennio, è da sottolineare come da sola rappresenti un quarto del totale mondiale e come essa provenga ancora per la massima parte dai tradizionali distretti minerari (Ucraina, Urali, Kazakistan) malgrado siano state individuate ingenti nuove risorse nella penisola di Kola e nelle estreme regioni orientali. Lo straordinario sviluppo della produzione brasiliana, favorita dall'elevato tenore metallico dei suoi minerali, estratti in massima parte dal ''quadrilatero ferrifero'' di Minas Gerais, è tale, pur in presenza di notevoli oscillazioni annuali, da collocare questo paese stabilmente in seconda posizione, con una quota pari a un sesto del totale mondiale, contro il 9% del 1975. Altrettanto eccezionale la crescita dell'estrazione di minerali di f. in Cina dove sono stati raggiunti quantitativi più che doppi rispetto al 1975, sia in termini assoluti sia come incidenza sul totale mondiale passata dal 6 al 14%. Cresciuta notevolmente è anche la quota di produzione australiana (11% sul totale mondiale) che, tuttavia, perde terreno relativo rispetto ai paesi precedentemente citati. In deciso ridimensionamento, infine, le produzioni nordamericane sia canadese che statunitense, le quali subiscono una flessione in termini assoluti e relativi, favorendo il sopravanzamento dell'India. Quest'ultima, pur mantenendo stabile la sua produzione, rappresenta sul mercato internazionale una quota di offerta pressoché analoga a quella statunitense.

Il ridimensionamento subito dalla siderurgia dei paesi a economia avanzata ha imposto un rallentamento nella crescita del volume degli scambi internazionali di minerali di f. che, fino al 1975, aveva fatto registrare tassi annui vicini al 10%. Malgrado la scarsa incidenza negli scambi della produzione sovietica, che provvede, oltre agli approvvigionamenti interni, a soddisfare la domanda dell'area dell'ex Comecon, il volume degli scambi resta molto elevato, riguardando per i soli paesi a economia di mercato una quantità di minerali valutata, all'importazione, pari a poco più del 50% della produzione totale.

In quest'ambito l'80% delle esportazioni è assicurato da soli cinque paesi: Brasile (35,5%), Australia (20%), Canada (11,7%), India (8,7%), Svezia (5,1%). Il Brasile, divenuto di gran lunga il primo esportatore mondiale, provvede a soddisfare un quinto della domanda all'estero del Giappone e un terzo di quella dell'ex Germania federale, oltre a quote cospicue delle importazioni di tutti i paesi industriali dell'Occidente, tra cui l'Italia, con una quota pari a quella tedesca. Anche se ha perduto il primato nelle esportazioni, resta elevata la quota del mercato mondiale assicurata dall'Australia, che sopperisce alla domanda proveniente da un'area geografica simile a quella che si rivolge al Brasile, restandone tuttavia esclusi gli Stati Uniti e ricompresi i paesi che si affacciano sul Pacifico. Verso questi stessi si dirigono, infine, le esportazioni canadesi cui sono da aggiungere i tradizionali flussi per gli USA. Dal lato delle importazioni, quindi, il Giappone si conferma di gran lunga come il principale mercato di sbocco (38% delle importazioni totali dei paesi a economia di mercato) cui si affiancano la ex Repubblica Federale di Germania (17%), USA (7,5%) e Italia (6%). Da segnalare, infine, il crescente rilievo assunto dalle importazioni dei paesi di nuova industrializzazione, come nel caso della Corea del Sud che, con il 4% del totale, rappresenta un mercato ormai d'importanza pari a quello del Regno Unito.

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