MINARETO (in arabo manārah "faro")
Denominazione usata nel mondo islamico per le torri in genere, particolarmente poi per le torri di moschea, dall'alto delle quali il muezzin richiama, nelle ore prescritte, i fedeli alla preghiera.
Tre generi di monumenti influirono forse sulla struttura del minareto, determinandone i diversi tipi regionali: la torre campanaria delle chiese cristiane comuni nella Siria preislamica e la torre d'abitazione sviluppatasi accanto a essa; il celeberrimo faro di Alessandria, straordinariamente importante per i naviganti anche nel Medioevo; le torri di vedetta e di segnalazione molto diffuse in età preislamica nelle regioni iraniche fino all'India. L'evoluzione architettonica si è compiuta essenzialmente nell'ambito delle torri di moschea, ma non in modo così esclusivo, come lo farebbe supporre l'accezione europea della parola minareto. Quali siano i rapporti di derivazione tra i minareti e i campanili cristiani è questione assai controversa, data l'incertezza che ancora esiste sui prototipi di torri campanarie nelle basiliche cristiane.
La Siria è la patria del minareto a pianta quadrata, dall'interno abbastanza ampio; i minareti furono introdotti nell'architettura religiosa islamica dagli Omayadi. Quando fu costruita la moschea degli Omayadi in Damasco, i minareti meridionali del nuovo edificio ebbero forma di torri, e forma analoga ebbe il minareto settentrionale aggiuntovi del 705 dal califfo al-Walīd. Questo fu eretto nel luogo che occupò normalmente di poi nelle moschee a cortile: sull'asse cioè della nave del miḥrāb e sul lato del cortile a esso opposto.
Questo tipo, generalmente costruito in pietra, predominò, con poche varianti, anche in Siria, fino a quando (sec. XIII) l'introduzione della torre di moschea mamelucca non ne venne ad arricchire un po' le forme. Con il sec. XVI compare anche il tipo turco, usato talvolta come coronamento di torri preesistenti.
Gli Omayadi introdussero pure nel Maghreb (Africa settentrionale e Spagna) il minareto a pianta quadrata; l'esemplare più antico si trova nella moschea di Sīdī ‛Oqbah in Kairuan; è una massiccia torre a tre piani, con feritoie, rinnovata nella parte superiore, consona all'importanza difensiva della moschea che ha l'aspetto di un fortilizio. Se ancora si può notare in essa una derivazione del faro di Alessandria, nella contemporanea torre della moschea di Zeitūnah in Tunisi (prima dei rimaneggiamenti) venivano già completamente riprodotti i modelli siriaci, a cui s'ispirò pure il minareto della Grande Moschea di Cardova. Questo, secondo la descrizione fattane dall'Idrīsī, aveva pianta quadrata; sulla sua piattaforma s'innalzava una seconda costruzione più piccola, anch'essa a pianta quadrata, con cupola sormontata da tre sfere dorate, infisse su un'asta. Questo tipo, l'unico rimasto in uso nell'occidente islamico, si è conservato assai bene nella torre della Kutubiyyah (fine sec. XII) in Marrākesh (Marocco); quasi contemporanee e probabilmente dovute allo stesso architetto la celebre Giralda in Siviglia e la torre Hasan in Rabat. Generalmente eretti in mattoni, eccezionalmente in pietra, i minareti dell'Occidente, ivi detti ṣawma‛ah, hanno la stessa ricca decorazione a rombi intramezzata da graziose finestre, generalmente bifore, e da balconi. Nel corso dei secoli hanno subito variazioni minime; un'interessante variante se ne ha nella moschea sahariana in argilla.
In Persia e nel Turkestan prevalse la pianta ottagona nei minareti più antichi (Zarang, secolo IX), dall'imponente mole, con finestre cieche, evidenti derivazioni delle torri di vedetta e di segnalazione, preislamiche. Anche le due torri conservatesi a Ghazni (1020 e 1102), la cui destinazione è tuttora incerta, non ostante la ricca decorazione, appartengono allo stesso stile. Compare accanto a esse, nell'epoca selgiuchida (circa 1100), anche il tipo cilindrico, che doveva poi prevalere nelle regioni iraniche e turaniche (Sabzawar 1111, Buchara 1148, Damghān, ecc.). Questi minareti a base circolare, costruiti esclusivamente in mattoni, erano senza finestre; la scala a chiocciola interna aveva accesso su una galleria (gulbest) aggettante sostenuta da mensole e stalattiti.
Nel corso della loro evoluzione stilistica le torri andarono acquistando una funzione sempre più decorativa, e col tempo furono sempre elevate a coppie e talvolta fino a quattro insieme sia negli angoli delle facciate dei cortili sia più frequentemente, ai lati dei portali, accentuandone ancora più la monumentalità. Decorate sino al sec. XIII a motivi geometrici in mattoni, lo furono poi, come le cupole e i līwān, di ricchi musaici in ceramica dagli splendidi colori (moschee e mederse in Harāt, Meshhed, Samarcanda, Tebrīz). Anche per la decorazione delle porte di città vennero in uso simili torri a coppia.
I monumenti trionfali (lât, stambha) d'epoca preislamica dell'India diedero il primo impulso alla costruzione dei minareti in pietra, sul cui tipo regionale influirono a lungo. Questo tipo è ancora evidente nel Quṭb Minār in Delhi (inizî sec. XIII), il più alto dei minareti (m. 72,5) che per la ricchezza conferitagli dalla ripartizione verticale con travi e pilastri circolari e orizzontale con fregi iscritti è anche uno tra i più belli della civiltà islamica. Si conserva l'edicola che lo coronava, precipitata nel 1803. Le altre torri medievali di moschee dell'India sono andate distrutte. Solo con i secoli XV-XVI compare un nuovo tipo regionale, particolarmente ben rappresentato in Aḥmadābād, di derivazione perso-mongolica, dal profilo mosso, con galleria aggettante su mensole. Nel periodo Moghul si diffuse la torre cilindrica, liscia o faccettata, sempre coronata da edicola.
In Turchia il minareto fu architettonicamente sempre dipendente dalla costruzione principale, o fiancheggiando a coppie i portali o solo facendo corpo con la muratura dell'edificio che decora. Il minareto vi è meno vario che in Persia; ancora poderosamente impostati nell'età selgiuchida (Conia, Sivas) e decorati da listelli rotondi o piatti, diventano nell'osmanlia sempre più graziosi e puntuti, e terminano a cono. Sono le guglie dei minareti che con le grevi cupole delle moschee conferiscono l'attuale suo aspetto a Istanbul, centro dal quale si diffusero in tutti i paesi dell'impero turco. Anche lì generalmente furono usati a coppie; alcuni edifici monumentali sono però adorni anche da quattro o sei minareti (moschea di Sultān Ahmed) con una o più gallerie su mensole (sherīfe).
In Mesopotamia troviamo nel sec. IX e precisamente in Samarra due esemplari di torri in mattoni poste all'esterno del cortile della moschea, con scala a spirale esterna, evidente derivazione dei ziggurat babilonesi. Nel sec. XII venne in uso il minareto cilindrico e sottile su base poligonale (Raqqah 1166, Bālīs circa 1210, Mossul, Singīar, ecc.); sul declino del Medioevo predominò il tipo persiano, diffusosi specialmente attraverso le moschee scite. Il minareto più antico conservatosi in Egitto è quello di Ibn Ṭūlūn (sec. IX): sulla parte inferiore, a pianta quadrata, s'innalza quella cilindrica con scala esterna, che tradisce ancora l'influenza del ‛Irāq. I due minareti della moschea di al-Ḥākim (sec. X; v. tav. XC), sono differenti: il settentrionale cilindrico, il meridionale ottagono ambedue su zoccoli quadri. Questo di Ibn Ṭūlūn è il prototipo dei posteriori minareti del Cairo, ai quali venne aggiunto un piano a pianta cilindrica, evidente derivazione del faro di Alessandria. Le pittoresche e ornate torri egiziane in pietra sono sempre di media altezza e, nonostante le varianti dovute alle diverse proporzioni, la ripartizione e la decorazione a stalattiti, risalgono tutte a un medesimo prototipo. Durante il periodo mamelucco questo tipo sorto al Cairo si diffuse anche in Palestina e in Siria.
L'Arabia non ha plasmato un proprio schema, i minareti della moschea di Medina furono elevati alla fine del sec. XV dal sultano Qāit Bey nello stile mamelucco e nel sacrario della Mecca si trovano minareti anche più tardi, di stile turco. (V. tavv. LXXXIX e XC).
Bibl.: H. Tiersch, Pharos. Antike Islam u. Occident, Lipsia 1909; E. Diez, Churasanische Baudenkmäler, Berlino 1918; id., Manara, in Encykl. des Islam, Lipsia-Leida 1931; A. C. Creswell, The evolution of the Minaret, in The Burl. Mag., XLVIII (1926), pp. 134-140, 252-258, 290-296.
Vedi per illustrazioni di minareti, anche: II, p. 128 e tavola XVII; V, p. 849; VI, p. 638 e tavola CLXIV; XIV, p. 284; XVII, p. 90; XIX, pp. 79, 658; XXI, p. 839; inoltre la voce cairo.