MILZA (XXIII, p. 328)
Nell'ultima quindicina d'anni non sono state acquisite, intorno alla milza e alle sue malattie, nuove conoscenze di notevole rilievo. Si è piuttosto perfezionato in via critica il nosografismo delle splenomegalie croniche, ossia delle tumefazioni croniche della milza, che ha sempre rappresentato un campo assai oscuro della patologia.
L'indagine è stata rivolta soprattutto a quel gruppo di splenomegalie che per un certo tempo furono tutte chiamate "morbo di Banti" (tumore cronico di milza, anemia ipocromica ipoplastica, leucopenia con linfocitosi, successiva cirrosi epatica) e poi, riconosciutane la natura e anche la struttura non univoca, "sindromi bantiane".
Le splenomegalie primitive, autonome (delle altre che fan parte di malattie sistemiche, come le mielosi leucemiche, le linfoadenosi, l'ittero emolitico, le forme infettive: malaria, leishmaniosi, m. di Cooley, ecc. non è qui da tener parola perché non sono malattie strettamente spleniche) vennero così distinte, in mancanza di dati etiologici, con criterio prevalentemente istopatologico in due gruppi, le splenomegalie fibrose e le splenomegalie fibroso-congestizie a seconda che predominano la fibrosi diffusa della polpa e la fibroadenia dei follicoli oppure le lesioni vascolari e la congestione. Non si può dire però che si tratti di processi sostanzialmente diversi: anzi la tendenza predominante tra i patologi è quella di considerare il processo morboso in modo unitario e ammettere delle varietà che tendono più all'una o all'altra forma, distinguendole clinicamente, e anche qui in modo non assoluto, in base al grado di riduzione della massa splenomegalica alla prova adrenalinica (iniezione di adrenalina, che ha proprietà vasocostrittrici).
Restano perciò in modo alquanto approssimativo caratterizzati come tipi estremi della casistica delle splenomegalie primitive: a) le splenomegalie essenzialmente e primitivamente fibrose, che corrispondono alla descrizione di Banti, con anemia ipoplastica, leucopenia, non accompagnate da emorragie gastrointestinali e seguite, se la malattia non viene interrotta dall'asportazione della milza, da cirrosi epatica.
Dal lato etiologico si contrappongono in questo gruppo casi dipendenti da fattori etiologici noti (in ordine di frequenza, lue, malaria, tubercolosi), ad altri ad etiologia assolutamente ignota: a questi ultimi corrisponde il genuino morbo di Banti, che deve la sua autonomia precisamente alla mancanza di un'etiologia nota e resta come tale una malattia assai rara.
b) le splenomegalie fibroso-congestizie, caratterizzate dall'associarsi alla fibrosi di una diffusa ectasia del sistema vascolare inter- ed extrasplenico (vene spleniche), nella quale è frequente pure la presenza di lesioni sclerosiderotiche (aree e noduli di Gamna), che hanno origine vascolare, ed assente o rara la partecipazione del fegato. Pure in questo gruppo si hanno forme che possono essere riferite a fattori etiologici determinati, in primo luogo la sifilide, in secondo la malaria e la tubercolosi.
Alla patologia splenica strettamente intesa si fa ancora appartenere, sebbene in modo meno netto, il morbo di Werlhoff, malattia a carattere ereditario e a manifestazioni emorragiche: sede delle principali alterazioni è qui propriamente il midollo osseo che produce un numero molto scarso di piastrine, che, per la loro insufficenza, rendono imperfetto il processo di coagulazione del sangue: la fibrinopenia, però, non rappresenta tutta la patogenesi del m. di Werlhoff, perché è altrettanto importante nel determinare le sue manifestazioni un fattore vascolare, che, sebbene sia di difficile precisazione, ha un'indubbia importanza nella genesi delle emorragie. L'ingerenza della milza nella patogenesi di questa malattia è dimostrata dal fatto che la malattia guarisce con la sua asportazione.
Molto meno persuasiva ancora è l'interpretazione di splenopatia primitiva data da alcuni ai casi di mielosi aplastica totale, forma di anemia grave che è caratterizzata dalla diminuzione nel sangue, fino a cifre minime, degli elementi di origine midollare, globuli rossi, globuli bianchi e piastrine: anche in essa, essendosi verificata in alcuni casi dopo la splenoctomia una riattivazione del midollo osseo, si è pensato ad un'azione inibitrice della milza sull'attività citogenetica del midollo. Questo fenomeno di cosiddetto "blocco splenogeno" è una realtà che si verifica in maggiore o minor grado in circostanze patologiche diverse, ma non è facile ammettere che rappresenti il fatto primitivo, causale della malattia: e tanto meno autorizza ad adottare come cura in tutti questi casi la splenoctomia, la cui efficacia non ha avuto nella casistica la sanzione dei fatti.