MOLINOS, Miguel de
Nato a Muniesa (Saragozza) il 29 giugno 1628, morto a Roma nelle prigioni del S. Uffizio il 28 dicembre 1696: prete, dottore in teologia. Venuto a Roma nel 1663, delegato dal corpo dei tre stati del regno di Valenza per dare impulso alla beatificazione del ven. Francesco Girolamo Simón, non lasciò più la città, dove contrasse ampia cerchia di relazioni e trovò numerosi ammiratori. A Roma pubblicò: il Breve tratado de la comunión cuotidiana (1675), e la più celebre delle sue opere, Guía espiritual que desembaraza al alma y la conduce por el interior camino (1675; ed. ital. con introd. a cura di G. Amendola, Napoli 1908), che apparve con numerose approvazioni ecclesiastiche e di cui in dieci anni furono fatte sette edizioni italiane e tre spagnole, seguendo poi traduzioni in francese, latino, olandese, inglese, tedesco. Pubblicò ancora, per difendersi da quanti lo rimproveravano di fare della meditazione un esercizio superfluo, se non addirittura spregevole, le Cartas escritas a un caballero español desengañado para animarle a tener oración mental (1676).
Per M. vi sono due vie per andare a Dio: la meditazione e la contemplazione. La seconda è la via superiore, ma vi sono due specie di contemplazione, l'acquistata e l'infusa. L'infusa è un dono di Dio: l'acquistata è frutto dell'industria umana sostenuta dalla grazia; le anime debbono adattarsi senza resistenza al movimento della grazia divina. L'orazione perfetta è l'orazione di quiete, che consiste essenzialmente in un atto di fede alla presenza di Dio e di rassegnazione della propria volontà nelle sue mani, con la cura di evitare ogni atto particolare di pensiero o di affetto, e nella sola attesa dei lumi di Dio o dei movimenti della grazia. La meditazione, le penitenze corporee, l'esercizio delle virtù sono ottime cose: peraltro la perfezione non è al fondo della strada da esse segnata: bensì vi si giunge per la via interiore, per quella veramente spirituale della fede, dell'annientamento, della morte mistica, attraverso cui l'uomo si unisce a Dio.
Contro i principî del Molinos scrisse, senza nominarlo, P. Segneri (Concordia tra la fatica e la quiete nell'oratione, Firenze 1680), cui rispose l'oratoriano Pier Matteo Petrucci (Della contemplazione mistica acquistata, Iesi 1681). A rincalzo del Segneri scesero numerosi gesuiti, tra cui Daniello Bartoli, e altri religiosi. Ma la Concordia del Segneri venne posta all'Indice (novembre 1681), benché non se ne pubblicasse il decreto, e un anno di poi vi era posta anche la Clavis aurea qua aperiuntur errores Michaelis de Molinos del chierico regolare minore Alessandro Regio.
Gli abusi dei quietisti, che prendevano per ispirazione divina quanto passasse loro per il capo, e che rifiutavano le consuete orazioni, erano denunciati al papa dall'arcivescovo di Napoli Inigo Caracciolo e dal cardinale Albizzi: ma la S. Sede sembrava non volere adottare alcun provvedimento. Sennonché d'improvviso il 18 luglio 1685 M. era arrestato e condotto nelle prigioni del S. Uffizio; l'arresto si disse dovuto a richiesta di Luigi XIV, su cui avrebbero agito il padre De la Chaise e la Compagnia di Gesù. Il processo di M. durò sino all'estate 1687, e pare concernesse soprattutto la sua opera di direttore di coscienze (sembra M. insegnasse che allorché l'intelletto giunge a un grado d'elevazione che attacca l'anima incessantemente a Dio, i disordini dei sensi non sono più da considerarsi come peccati, ma al più come tentazioni e sforzi inutili dei demonî); alla fine del processo, M. deplorò i suoi errori. Il 3 settembre ebbe luogo la solenne abiura nella chiesa della Minerva; con la bolla Caelestis Pastor del 20 novembre 1687 Innocenzo XI confermava la condanna di M. come eretico formale in poenam arcti et perpetui carceris, et ad peragendas alias poenitentias salutares, praevia tamen abiuratione de formali per ipsum emittenda; e condannava 68 proposizioni, tratte non dalla Guía, ma da altri scritti del M. Questi passò in prigionia i rimanenti nove anni della sua vita.
Conseguenza della condanna di M. fu il processo dell'oratoriano Petrucci, che proprio durante il processo di M. era stato elevato alla porpora (17 dicembre 1686). Egli dovette poco dopo ritrattare i suoi errori, e le sue opere vennero poste all'Indice (5 febbraio 1688). Altri processi e condanne seguirono quelli del Petrucci. Dodici anni più tardi, nel 1698-99, seguiva l'episodio della condanna del cosiddetto semiquietismo francese (madame J.-N. Guyon, il padre La Combe, e il grande arcivescovo Fénelon come autore dell'Explication des maximes des Saints), condanna di cui Bossuet fu il vero artefice. A scrittori anche ortodossi sembra che i semiquietisti francesi e lo stesso M. siano stati giudicati con soverchio rigore.
Bibl.: L. Baldisseri, M. M., in Lessico ecclesiastico, III, Milano s.a., p. 575 segg.; J. Paquier, Qu'est-ce que le quiétisme, Parigi 1910; P. Dudon, Le quiétiste espagnol M. M. (1628-1696), Parigi 1921; J. Paquier, M. M., in Dictionnaire de théologie catholique, X, ii (1928), coll. 2187-92; F. Nicolini, Sulla vita civile, letter. e relig. napol. alla fine del Seicento, Napoli 1929; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, Roma 1932.