Cervantes, Miguel de
Il creatore del personaggio immortale di don Chisciotte
Miguel de Cervantes y Saavedra, scrittore spagnolo vissuto a cavallo tra il 16° e il 17° secolo, deve la sua fama all'invenzione del personaggio di don Chisciotte, il vecchio nobile di campagna che, offuscato dalla pazzia, vuole riportare in vita gli ideali degli eroi della cavalleria, in un'epoca in cui quei valori non sono più attuali. Con il suo Don Chisciotte lo scrittore 'inventò' il romanzo moderno, i cui esperimenti narrativi, di grande novità per il pubblico dell'epoca, esercitano sui lettori contemporanei un fascino ancora intatto. Anche nelle altre sue opere mostra una vasta cultura e una grande originalità
Nato ad Alcalá de Henares nel 1547, dopo alcuni tentativi letterari giovanili viaggiò in Italia ed entrò in contatto con la cultura italiana. Fu soldato e combatté con coraggio nella battaglia di Lepanto contro i Turchi (1570), riportando gravi ferite e perdendo l'uso della mano sinistra. Al ritorno in patria, la nave su cui viaggiava fu attaccata dai corsari e Cervantes venne fatto prigioniero e condotto ad Algeri (1575).
Nel 1580 riuscì a tornare in Spagna, dove esordì con il romanzo pastorale La Galatea (1585). La necessità di guadagnarsi da vivere lo obbligò al duro lavoro di esattore d'imposte: anche per questo Cervantes pubblicò solo in tarda età la prima parte del Don Chisciotte (1605). L'enorme successo del romanzo gli consentì di dare alle stampe in pochi anni le altre sue opere: le Novelle esemplari (1613), il Viaggio del Parnaso (1614), la seconda parte del Don Chisciotte e le Otto commedie e otto intermezzi nuovi, mai rappresentati (1615). Morì a Madrid nel 1616; l'anno seguente apparve il suo ultimo romanzo, Le avventure di Persiles e Sigismonda.
La prima parte. Nella prima parte del romanzo, l'anziano Alonso Quijano, appassionato lettore di libri di cavalleria, impazzisce a causa di tali letture e decide di trasformarsi in un cavaliere errante. Cambia così il suo nome in quello di don Chisciotte della Mancia, inventa una dama da amare (che chiama Dulcinea), sceglie per cavallo un mulo mal ridotto (ribattezzato Ronzinante) e parte in cerca di avventure.
Ben presto, però, è costretto a tornare a casa sconfitto; qui convince il contadino Sancio Panza a diventare suo scudiero, in cambio della promessa di nominarlo governatore di un'isola che, di certo, conquisterà con le sue gesta. I due ripartono e insieme vivranno molte avventure scaturite dalla follia di don Chisciotte che trasforma la realtà a immagine dei libri di cavalleria. Da ogni avventura, però, l'anziano cavaliere esce malconcio e il suo eroismo è sconfitto. Intanto, il prete e il barbiere del paese di don Chisciotte, preoccupati per lui, decidono di cercarlo e con un inganno riescono a ricondurlo a casa.
La seconda parte. La seconda parte del romanzo narra la terza spedizione di don Chisciotte e Sancio Panza. Nel frattempo, le loro avventure sono state raccontate in un libro e stampate: ora i due non sono più individui bizzarri ma anonimi, bensì personaggi romanzeschi, conosciuti e amati dal pubblico. Nel corso del viaggio fanno tappa presso il palazzo di certi duchi che, avendo letto il libro delle loro avventure, si prendono gioco dei due creando situazioni cavalleresche che scatenano la follia di don Chisciotte. Tra le varie burle ve n'è anche una per Sancio, nominato governatore della finta isola Barataria inventata dai duchi.
A Barcellona, infine, don Chisciotte affronta in duello il cavaliere della Bianca Luna (nome sotto il quale si nasconde il suo compaesano Sansón Carrasco); sconfitto, deve arrendersi e pagare penitenza: tornare a casa e restarvi per almeno un anno. Qui don Chisciotte si ammala e si risveglia rinsavito: tornato Alonso Quijano, si pente delle sue follie e muore da buon cristiano.
Il romanzo ebbe enorme successo sin dalla prima edizione e da allora non ha mai smesso di affascinare i lettori, diventando un classico della letteratura europea. Nei secoli passati gli studiosi consideravano Cervantes come colui che aveva saputo creare un romanzo geniale perché dotato di un ingegno straordinario. Nel corso del Novecento, invece, la critica ha messo in luce anche la vasta cultura dello scrittore; il suo interesse ad affrontare importanti discussioni teoriche sulla natura dell'invenzione letteraria o sui concetti di meraviglioso e verosimile; e inoltre l'approfondita conoscenza che egli aveva del dibattito europeo sui generi letterari e sugli altri temi che appassionavano gli scrittori degli inizi del 17° secolo.
Questo nuovo orientamento ha permesso non solo di cogliere meglio la complessità e l'estrema ricchezza del Don Chisciotte, ma ha anche attirato l'attenzione sulle altre opere, prima considerate ingiustamente minori. Cervantes è infatti un innovatore. In ogni testo da lui scritto si cimenta con un genere letterario affermato, di lunga e prestigiosa tradizione e che godeva del favore del pubblico. Ma lo affronta introducendo motivi, temi e strutture derivati da altre forme narrative, e quindi lo complica, lo arricchisce, ne rovescia i presupposti, fino a creare qualcosa di nuovo, unico nella sua originalità.
Il Don Chisciotte e le Novelle esemplari raccontano una Spagna che rivela i segni dell'incombente decadenza, con città e strade percorse da una folla di uomini e donne attraverso i quali lo scrittore rappresenta la società dell'epoca. Il cavaliere e il suo scudiero, lungo il cammino, incontrano nobili e poveri, giovani amanti, osti e prostitute, galeotti, mori cacciati dalle loro terre, barbieri, preti, poeti, attori, ognuno con la sua storia. È un grande affresco di un'umanità varia, descritta con toni di crudo realismo, ma anche presentata con sguardo ironico oppure avvolta da un velo di malinconia.
Anche le novelle ci raccontano di zingare amate da nobili che convolano a nozze (La zingarella), ragazzi che affrontano il mondo della malavita (Rinconete e Cortadillo), locandiere che si scoprono nobili (La sguattera illustre), uomini impazziti per un filtro d'amore (Il dottor Vidriera), e ancora di inganni, corsari, rapimenti, naufragi, guerre, streghe e persino di due cani che parlano, e fanno discorsi così saggi da sembrare filosofi (Il colloquio dei cani). Sono storie che spesso ruotano attorno al tema dell'amore, raccontato da prospettive sempre diverse e con trame densissime di eventi ed effetti a sorpresa che complicano lo svolgimento dell'azione. Su queste storie s'innestano anche altri temi tipici dello scrittore come l'amicizia, l'onore, l'avventura alla ricerca della libertà, il viaggio con i suoi pericoli, il conflitto religioso, la pazzia.
La modernità di Cervantes sta anche nel suo desiderio di esplorare la realtà e il cuore degli uomini, cui guarda con curiosità e rispetto. Egli è capace di scoprire verità nascoste ‒ anche in disaccordo con la morale e il giudizio comuni ‒, di insinuare il dubbio che incrina le certezze, facendo dialogare voci diverse e discordi. Solo l'insieme di tutte queste voci può portare alla conoscenza di ciò che ci circonda, perché la realtà non è mai interpretabile alla luce di un unico punto di vista.
Nelle sue opere egli mette in campo una gran quantità di personaggi che s'incontrano, si confidano, si raccontano le proprie vite e in questo dialogo scoprono l'umana solidarietà che li affratella. In tal modo Cervantes poteva offrire ai suoi lettori una visione complessa della realtà, mai appiattita sul senso comune, ma senza scandalizzarli. Le sue opere contengono, infatti, storie moralmente ineccepibili, raccontate in modo da intrattenere piacevolmente e distrarre il "curioso lettore". Nella loro varietà e originalità esse si costituiscono non solo come un esempio morale, ma come un modello di scrittura.
La consapevolezza che Cervantes aveva della propria arte traspare in molti passi della sua opera. Ne è un esempio il celebre brano in cui rivendica con orgoglio l'originalità delle sue Novelle esemplari: "Credo, ed è poi effettivamente così, di essere il primo ad aver novellato in lingua castigliana, perché le molte novelle che sono state pubblicate in questa lingua, tutte son tradotte da lingue straniere, mentre queste sono proprio mie, non imitate né rubate; le ha concepite il mio ingegno, e partorite la mia penna, e stanno crescendo nelle braccia della stampa".