ASTURIAS, Miguel Angel
Poeta e narratore guatemalteco, nato a Guatemala il 19 ottobre 1899, morto a Madrid il 9 giugno 1974, premio Nobel per la letteratura nel 1967. Durante gli studi universitari prese parte alle lotte degl'intellettuali e dei giovani contro il dittatore Estrada Cabrera. Dovette perciò trasferirsi a Parigi, dove tradusse in francese il testo sacro degli indios, il Popol Vuh'.
Di questo periodo sono le Leyendas de Guatemala (1925-28), vasta opera di carattere epico sulla civiltà degli antichi abitanti del paese e sulla loro sconfitta da parte degli scopritori spagnoli. Di ritorno in patria nel 1933, fu nuovamente al centro della lotta politica contro la dittatura militare di Ubico. El señor presidente (trad. it. Milano 1968), uno dei suoi romanzi più tradotti e famosi, è del 1946 ed è il ritratto della corruzione morale e civile di tutta una classe sotto un regime oppressivo. Al 1949 risale Hombres de mais (trad. it. Milano 1967), nuova evocazione della civiltà contadina degl'indigeni, con accenti poetici d'interpretazione della natura tra i più sottili e linguisticamente complessi di tutta l'opera di A., autore che - malgrado il suo totale impegno - è sempre rimasto uno stilista. In un decennio, dal 1950 al 1960, egli produce la trilogia composta dai romanzi: Viento fuerte (trad. it. Milano 1965), El papa verde (trad. it. Milano 1959), Los ojos enterrados (trad. it. Milano 1968). È una delle compagini narrative più alte e sottilmente ramificate di tutta la letteratura latino-americana, dove il punto di vista dell'indigeno diventa visione metafisica dell'esistenza, contemplata dal centro di una solitudine individuale e di gruppo che contesta, per la sua religiosità, ogni falsa superbia della vita associata secondo moduli tecnologici.
Con Week-end en Guatemala (1956, trad. it. Milano 1965) A. si fa scrittore satirico, nel riprodurre le fasi dell'americanizzazione operata dagli statunitensi su paesi d'altra radice culturale e storica. Del 1961 è El Alajacito (trad. it. Roma 1966). Mulata de tal (1963, trad. it. Milano 1967) ed Espejo de Lida Sal (1967) riuniscono i racconti lunghi e brevi di A., una misura in cui egli fu spesso esemplare e che la critica predilige. Infine Maladrón (1969), potente romanzo sulle "Ande verdi", suggella il grande ciclo degl'indios, strenuo tentativo di comprensione dello spirito precolombiano attraverso la visione dei tempi successivi e del nostro stesso convulso secolo. Tra le altre opere di A. vanno ricordati, almeno, i libri di versi: Sien de alondra (1949); Clarivigilia primaveral (1965, trad. it. Roma 1969), le opere drammatiche Chantaje, Dique seco, La audiencia de los confines, riunite in volume nel 1964, e il lavoro teatrale Torotumbo, tratto da uno dei suoi più famosi racconti, e rappresentato anche in Italia, alla Biennale di Venezia del 1969.
Bibl.: G. Bellini, La narrativa di Miguel Angel Asturias, Milano 1966; A. Melis, La parabola di M. A. Asturias, in Ad libitum, 4, 1968; C. Vian, M. A. Asturias romanziere-poeta dei Maya d'oggi, in Lingua e cultura, II, 2, 1956; P. Sanavio, Parla il re Maya, in La fiera letteraria, XLII, 44, 1967.