migranza
s. f. Condizione, stato di chi è costretto a migrare; talvolta usato anche con sfumatura ironica.
• «Per me è stato un modo diverso di pensare al tema dell’identità, di prendere le distanze da quegli scrittori africani, e ce ne sono tanti, che vivono in Francia da quarant’anni, ma si comportano come se fossero appena arrivati, non si accorgono di essere ancorati a un paese immaginario che non esiste più, e continuano a sentirsi i rappresentanti di un mondo che è vivo solo nella loro testa. Per me invece è importante rimettermi continuamente in discussione, non pensare al cambiamento in termini di giusto o di sbagliato, ma cercare di capire, in uno stato di continua migranza fisica e intellettuale» (Abdourahman Waberi intervistato da Maria Teresa Carbone, Manifesto, 5 settembre 2008, p. 13, Cultura e Visioni) • Gruppi di acquisto anche per il consumo culturale. L’idea del social shopping su internet per comprare prodotti alimentari è un’idea ampiamente sperimentata [...] Gli acquirenti pertanto, hanno tutto l’interesse a farsi «evangelisti» ‒ come spiega uno dei creatori, il bocconiano Francesco Cristallo, tornato in Puglia dopo una lunga migranza milanese ‒ condividono l’offerta sui propri profili facebook o twitter e la voce si diffonde in maniera «virale». (Antonella Gaeta, Repubblica, 3 giugno 2010, Bari, p. XI) • È il dramma doloroso che esprime Lampedusa. Qui Claudio Baglioni ha fatto nascere il progetto «O’ Scià» che è acronimo di odori, suoni, colori d’incontro e d’arte, ma è anche l’affido beneaugurante che le mamme danno ai figli che nascono e poi devono andare. Adesso indica Lampedusa come sede di un organismo internazionale o europeo preposto alla migranza per dare valore e concretezza ‒ dice ‒ al percorso che ha fatto O’ Scià. (Giovanni Ruggiero, Avvenire, 24 luglio 2013, p. 9, Oggi Italia).
- Derivato dal v. intr. migrare con l’aggiunta del suffisso -anza.
- Già attestato nella Repubblica del 14 novembre 1990, p. 12, Commenti (Gianni Baget Bozzo).