MIGLIORIA
Concetto di miglioria. - Il concetto di miglioria si ricollega tradizionalmente a quello di impensae utiles del diritto romano; delle spese, cioè, che migliorano la cosa, in quanto ne aumentano il valore intrinseco o il reddito. Nel sistema del diritto italiano il termine miglioria non ha un suo significato costante: di qui l'incertezza della dottrina nel darne una definizione tecnica. La difficoltà consiste principalmente in ciò che il concetto di miglioramenti (in più speciale modo fondiarî) viene preso in considerazione non solo dal diritto privato, ma anche dal diritto pubblico in relazione ai problemi più diversi di carattere tecnico e finanziario, tributario e amministrativo. Con speciale riguardo ai miglioramenti su cose immobili s'insegna che i miglioramenti debbono essere prodotti per opera dell'uomo, essere compiuti sul fondo stesso, essere di natura stabile e obiettiva, tali, infine, da aumentare la capacità di reddito del fondo. È tuttavia discutibile se detti requisiti siano senz'altro tutti indispensabili. Fu già rilevato che nel concetto di miglioramento va compreso anche ciò che non è esclusivamente dovuto all'opera dell'uomo. Pure riconoscendo che il legislatore italiano ha normalmente riguardo ai miglioramenti conseguiti per opera di determinate persone, sarebbe però arbitrario escludere nella valutazione di essi ciò che, ad es., è dovuto al concorso di condizioni naturali. Quanto, poi, al luogo in cui il miglioramento deve essere compiuto, occorre osservare che, se il codice civile prende in considerazione solo quelli compiuti direttamente sul fondo, non così le leggi amministrative che hanno, invece, più speciale riguardo ai miglioramenti compiuti fuori del fondo. Così, ad es., la legge 16 dicembre 1926, n. 2251, art. 1 e segg. e il reg. 16 febbraio 1928, n. 470, dispongono che, quando dalla costruzione di opere di pubblica utilità o trasformazione e miglioramento di quelle esistenti, eseguite dallo stato o da enti pubblici, derivi a immobili confinanti o prossimi all'opera stessa un aumento di valore, può essere imposto ai proprietarî un contributo di miglioria; egualmente gli art. 236 e segg. del testo unico 14 settembre 1931, n. 1175, dispongono che possono essere istituiti sia dai comuni sia dalle provincie contributi di miglioria, specifica e generica, per l'incremento di valore di beni rustici e urbani, nonché di aree fabbricabili; va ricordata, da ultimo, la legge sulla bonifica integrale (testo unico 15 febbraio 1933, n. 215), la quale riguarda i miglioramenti fondiario-agrarî interessanti non singoli fondi, ma più fondi compresi in un dato comprensorio. Non è neppure decisivo il carattere di stabilità che dovrebbe avere l'aumento del valore capitale della cosa per potersi parlare di miglioramento: che, se spesso in pratica si vuole tenere presente l'elemento della stabilità o permanenza dell'aumento di valore per distinguere i miglioramenti fondiarî dai miglioramenti di coltura o agricoli, è questo un criterio equivoco e insufficiente, poiché non altra differenza concreta esiste fra una grande opera di bonifica e un piccolo miglioramento colturale che il diverso aumento di valore più che la durata di esso. Vero è, invece, che l'aumento di valore deve essere obiettivo, considerato, cioè, in relazione alla funzione economica della cosa ed essere tale da determinare un incremento della sua produttività.
Varie distinzioni sono adottate dagli scrittori in tema di migliorie: fra le più fondate sono quelle che distinguono i miglioramenti in miglioramenti materiali (che consistono in opere o addizioni) e giuridici (che avvantaggiano giuridicamente la cosa, come, ad es., le liberazioni di oneri, l'acquisto di servitù, l'affrancazione di livelli, il riscatto di canoni enfiteutici); in miglioramenti diretti o indiretti, secondo che il fatto o l'opera avvengano direttamente sul fondo o fuori dell'ambito di esso; in miglioramenti estrinseci o intrinseci, i primi consistenti in opere che possono essere rimosse, in elementi che possono recuperare la loro individualità (addizioni, costruzioni, piantagioni, ecc.), i secondi (miglioramenti in senso proprio) consistenti in opere che si confondono e immedesimano completamente con la cosa (ad es., dissodamenti, strade poderali, canali per irrigazioni, livellamenti, fognature, prosciugamenti); in migliorie agrarie che aumentano la produttività del fondo e migliorie fondiarie che invece ne innovano la precedente destinazione.
Indennizzo dei miglioramenti. - Duplice è il problema che sorge riguardo ai miglioramenti: quello della loro appartenenza e del loro indennizzo. Quanto all'appartenenza (il problema non sorge che riguardo ai soli miglioramenti estrinseci: costruzioni, piantagioni) la soluzione nel nostro diritto è data dall'art. 448 cod. civ. per cui viene riconosciuta la proprietà delle addizioni al dominus soli, salvo che l'appartenenza di esse al migliorante non risulti da convenzione o da prescrizione acquisitiva. Molto più complesso è invece il problema dell'indennizzo dovuto dal proprietario della cosa per i miglioramenti (così estrinseci come intrinseci) eseguiti dal terzo sulla cosa stessa. La nostra legge lo risolve variamente secondo che si tratti di miglioramenti eseguiti da un possessore della cosa in nome proprio o in nome altrui. Il primo ha diritto a indennità per i miglioramenti eseguiti, sia esso possessore di buona o di mala fede (non sempre però la posizione del possessore di mala fede viene parificata a quella del possessore di buona fede), purché tali miglioramenti siano esistenti al tempo della restituzione. La misura dell'indennità, nei casi in cui è ammessa, non è sempre integrale, né è sempre valutata in modo uniforme: talvolta essa viene commisurata al valore dei miglioramenti al momento della restituzione (art. 1018, 1490, 1528, 1566), talvolta, invece, alla spesa erogata, compresi gl'interessi (art. 1144 e 1753); talvolta, infine, alla minore somma che risulta fra lo speso e il migliorato al tempo del rilascio del fondo (art. 705, 1150, 1566, 2020).
Diversa disciplina regola il rimborso dei miglioramenti eseguiti da chi possiede la cosa in nome altrui (art. 2115): decisiva è qui o la volontà delle parti, sia essa esplicitamente espressa nelle clausole contrattuali, sia essa dedotta da norme consuetudinarie (art. 1124), o la volontà della legge che talvolta vieta ogni diritto a indennità per i miglioramenti (così nel caso dell'usufruttuario, il quale per l'art. 495 può solo compensare con l'aumento di valore compreso nei miglioramenti ancora sussistenti alla fine dell'usufrutto i deterioramenti avvenuti senza sua colpa).
In mancanza d'ogni esplicita disciplina è grave dissidio, specialmente per ciò che riguarda la locazione; in questo caso si domanda se l'affittuario, quando il contratto nulla stabilisca circa le migliorie, abbia facoltà di compierle; se, una volta eseguite, abbia diritto a rimborso e in che misura; infine se possa, a garanzia del rimborso, esercitare il diritto di ritenzione sulla cosa migliorata. Sulla scorta della più autorevole dottrina, la giurisprudenza della Corte di cassazione tende a giustificare variamente (tacita autorizzazione del proprietario; principî della negotiorum gestio o dell'equità), il diritto del conduttore all'indennizzo per migliorie fatte a saputa e senza opposizione del proprietario.
Garanzie per l'indennità a causa dei miglioramenti. - Duplice è la garanzia che compete al migliorante per il pagamento delle migliorie apportate: se egli è possessore di buona fede, gli compete diritto di trattenere la cosa (ius retentionis) fino al rimborso delle spese per i miglioramenti, purché essi siano domandati nel corso del giudizio di rivendicazione e si sia fornita qualche prova della loro sussistenza (art. 706).
Tale garanzia per miglioramenti è concessa altresì al coerede discendente tenuto alla collazione di un immobile (art. 1023) e al compratore che sia tenuto a restituire la cosa al venditore per effetto del suo diritto di riscatto (art. 1528). Controverso è in dottrina se tale garanzia si possa estendere per analogia a tutti gli altri casi in cui a favore del migliorante è ammesso il diritto d'indennizzo: la giurisprudenza della Corte di cassazione è per la negativa. L'altra garanzia è il diritto di separazione del prezzo che spetta al terzo possessore dell'immobile ipotecato; questi di fronte all'azione ipotecaria dei creditori non ha il diritto di ritenere l'immobile, ma solo quello di far separare dal prezzo dell'immobile la parte corrispondente all'indennità dovutagli per i miglioramenti fatti nella somma minore fra la spesa e il migliorato, dopo la trascrizione del suo titolo (art. 2020).
Va ricordato, infine, l'art. 1958, n. 7, che accorda al creditore di opere erogate per il miglioramento di cose mobili privilegio sopra di esse (escluso peraltro il ius retentionis), alla sola condizione che la cosa si trovi ancora presso il creditore migliorante.
Il credito per i miglioramenti. - Il carattere accessorio dei miglioramenti rispetto alla cosa spiega il principio per cui l'ipoteca, tranne contraria volontà delle parti (art. 1966), si estende ai miglioramenti propriamente detti e alle addizioni, siano essi fatti dal debitore o da un terzo. Il principio, per altro, subisce limitazioni, oltre che, come si è detto, per effetto della volontà delle parti, o per effetto del diritto di separazione che la legge riconosce al terzo possessore dell'immobile ipotecato (art. 2020), in virtù di leggi speciali per le quali allo scopo di favorire i mutui destinati a miglioramenti, il valore delle migliorie tende sempre più ad assumere una distinta individualità, tale quindi da costituire oggetto autonomo di un diritto di garanzia indipendentemente dal valore del fondo (ipoteca privilegiata sulle addizioni o privilegio sul plusvalore del fondo ottenuto per effetto dei miglioramenti: art. 22 legge 23 gennaio 1887; art. 14 legge 22 dicembre 1905, n. 892; r. decr. 5 maggio 1910, n. 472). Questi sporadici provvedimenti, alcuni dei quali sono rimasti lettera morta, hanno posto la questione se non convenga introdurre nel nostro sistema di diritto privato, allo scopo di raggiungere il fine di una più efficace tutela del credito di miglioramento, un'ipoteca privilegiata a garanzia dei miglioramenti del fondo, o un nuovo speciale onere reale (tributo di miglioria) analogo agli oneri consortili di bonifica. È stata altresì prospettata la convenienza di estendere le facilitazioni del credito per i miglioramenti anche ai conduttori a lungo termine mediante un'analoga figura d'ipoteca avente per oggetto il diritto del conduttore.
Tipi di contratti agrarî aventi per contenuto l'obbligo dei miglioramenti. - Il contratto di questo tipo più diffuso è l'enfiteusi, già noto per le fonti greche del sec. V a. C.; tuttavia solo con l'enfiteusi di tipo romano diventa tipico l'obbligo delle meliorationes. Ancora oggi l'obbligo di migliorare il fondo, urbano o rustico, si palesa caratteristica del contratto di enfiteusi (art. 1556, 1565). Altro tipo di contratto tipicamente miglioratizio è la colonia ad meliorandum oggi in vigore, specialmente nel Lazio, disciplinata da consuetudini di cui sono caratteristiche l'obbligo del colono di migliorare il fondo, l'annua corrisposta in natura in proporzione del raccolto, il diritto del colono all'indennizzo delle migliorie. Speciali tipi di contratti agrarî a carattere miglioratizio sono noti anche nel diritto coloniale italiano (ad es., contratto di mogarsa).
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