MIDA (Μίδας, Midas)
Nome mitico (che si alterna con quello di Gordio) di alcuni sovrani della dinastia di Frigia. L'ultimo M. sarebbe il re suicida in seguito alla perdita del regno per opera della invasione cimmeria (696-695 o 676 a. C.).
La mitologia greca connette numerose leggende con il nome. Secondo Erodoto (viii, 138) nei giardini del re sarebbe stato catturato Sileno, che M. avrebbe restituito al corteo di Dioniso (Ov., Met., xi, 85 ss.; Hygin., Fab., 191; Serv., Ad Aen., x, 142). Riconoscente Dioniso avrebbe concesso al re di trasformare in oro tutto quanto avesse toccato. Avendo però M. notato che anche i cibi e le bevande si trasformavano in metallo, chiese aiuto a Dioniso il quale lo consigliò di lavarsi nel Pattolo (che da allora divenne ricco di oro), mentre il re ritornò allo stato normale. Un'altra leggenda narra come M. nauseato dalla ricchezza vivesse nelle selve, occupato nel culto di Pan. Venuto in contrasto con Apollo, del quale disapprovava una vittoria su Pan in una gara musicale, il dio gli fece crescere due orecchie di asino. Il re nascose l'incidente sotto una tiara, ma il suo barbiere accortosi del segreto e incapace di mantenerlo lo rivelò ad una fossa scavata nel terreno, donde nacquero alcune canne che, mosse dal vento, lo propalarono ovunque.
La figura di M. deve essere probabilmente interpretata come quella di un antico nume della vegetazione della cerchia di Dioniso, come Marsia o Sileno, più tardi identificata con il sovrano.
M. compare nelle arti figurative su alcuni vasi attici del V e del IV sec. a. C., tra i quali il più caratteristico è uno stàmnos da Chiusi nel British Museum del cosiddetto Pittore di Mida. Il re, seduto in trono avanti a Sileno in una sala (simbolizzata da una colonna) ha in mano un bastone regale; sul capo coperto da una cuffia spuntano le orecchie di asino.
La testa del re compare su alcune monete coniate in età romana da città dell'Asia Minore.
Bibl.: E. Kuhnert - W. Drexler, in Roscher, II, 2, Lipsia 1894-97, col. 2954 ss; Eitrem, in Pauly-Wissowa, XV, 1931, col. 1526 ss.