microfondazione della macroeconomia
Posizione per cui un modello macroeconomico è microfondato quando le sue relazioni di equilibrio si ottengono, tramite aggregazione, dai processi di ottimizzazione di agenti che attuano scelte economiche (consumatori, imprese, governi).
La m. della m. fu introdotta già all’inizio del 20° sec.: il modello di Ramsey del 1927 ne è un esempio. In esso i consumatori scelgono consumo e investimento tramite un’ottimizzazione dinamica della funzione di utilità, mentre i governi decidono la politica fiscale. Le relazioni che caratterizzano l’equilibrio economico generale sono poi aggregate e unite alle condizioni di equilibrio per ottenere l’andamento dinamico delle principali variabili macroeconomiche. Nonostante questi precedenti, la microfondazione delle relazioni macroeconomiche è utilizzata sporadicamente perlomeno fino all’inizio degli anni 1980. I principali modelli macroeconomici, in particolare il modello IS-LM (➔ IS-LM, modello) e la sua versione in economia aperta, vale a dire il modello di Mundell-Fleming (➔ Mundell-Fleming, modello di), sono caratterizzati da relazioni macroeconomiche ad hoc. Per es., nel modello IS-LM la funzione del consumo aggregato è una relazione che per assunzione dipende da una costante e dal reddito aggregato: così essa non rispecchia scelte ottimizzanti degli agenti economici. La presenza di relazioni macroeconomiche parzialmente microfondate era confinata solo ai modelli di crescita, come quello di Solow del 1956. All’inizio degli anni 1980, tuttavia, i modelli classici come l’IS-LM vengono messi in discussione sia dai modelli di disequilibrio economico (➔ disequilibrio macroeconomico; disequilibrio microeconomico) di tradizione neokeynesiana (➔ neokeynesiana, teoria) sia dalla critica di Lucas di tradizione neoclassica (➔ neoclassica, economia). Dato che le relazioni che descrivono il comportamento degli agenti non derivano da processi di ottimizzazione, essi sono soggetti alla critica di R.E. Lucas, in base alla quale agenti razionali dovrebbero poter rivedere le loro azioni a seguito di modifiche delle scelte di politica economica. La m. della m. diventa il pilastro principale del programma di ricerca del real business cycle (➔ ciclo economico reale, teoria del). I modelli macroeconomici divengono a tutti gli effetti modelli di equilibrio economico generale dinamici, dove le scelte dei vari agenti (consumatori, imprese, governi) sono ottenute da processi di ottimizzazione dinamica. Nei modelli del real business cycle si assumeva tuttavia che i prezzi determinati dalle imprese fossero flessibili: per questa ragione non potevano essere utilizzati per condurre analisi sugli effetti delle varie politiche economiche.
Alla fine degli anni 1990 si avverte l’esigenza di unire il rigore dei modelli di equilibrio economico generale dinamico con le analisi di policy che caratterizzavano i modelli keynesiani. Da questa fusione nasce la new neoclassical synthesis (➔) che propone microfondamenti secondo cui le imprese monopolistiche, nel determinare i prezzi, sono soggette a vari tipi di frizioni che rendono la dinamica dei prezzi stessi viscosa. In questi modelli sono introdotti disturbi di domanda oltre che di offerta e la politica monetaria diventa non-neutrale, grazie al mancato aggiustamento dei prezzi a seguito degli shock aggregati. Con il tempo le microfondazioni introdotte nei modelli macro sono divenute sempre più sofisticate, toccando vari altri aspetti come le scelte nel mercato del lavoro, nei mercati finanziari e dei prodotti. Un altro passo è stato poi fatto nella direzione di microfondare la funzione obiettivo dei governi. Con i modelli di Barro Gordon del 1983 e di Kydland e Prescott del 1977 l’autorità monetaria sceglieva l’inflazione, minimizzando una funzione di perdita (➔ perdita, funzione di), i cui costi erano rappresentati dalla deviazione dell’inflazione e dell’output dai rispettivi target. La suddetta funzione di perdita era però assunta ex ante e non era basata su alcuna giustificazione microeconomica. M. Woodford (Interest and prices, 2000) propone nella sua teoria di economia monetaria per l’appunto una microfondazione della funzione obiettivo dei governi e dell’autorità monetaria: il principio sottostante tale microfondazione consiste nell’assumere che i governanti massimizzano la stessa funzione di utilità degli altri agenti dell’economia e che la funzione di utilità possiede, sotto certe condizioni, un’approssimazione matematica che la riconduce a una funzione di perdita.