MICONE [Μίκων, Micon)
Pittore greco. Pure riattaccandosi con Polignoto alla corrente ionica dell'Asia Minore, che già sino dalla fine del sec. VIII, con Bularco di Samo, aveva creato pitture di soggetto storico, è un rappresentante della pittura elladica o attica. Questo artista che, secondo le deduzioni della maggior parte degli studiosi, svolse la sua attività artistica tra il 470 e il 450 a. C., lavorò con Polignoto al tempio dei Dioscuri o Anakeion, dipingendovi la spedizione degli Argonauti, e al nuovo santuario di Teseo, non più oggi esistente, glorificandovi le imprese dell'eroe attico. Verso il 460 o poco dopo, sempre unitamente a Polignoto e a Paneno, ebbe l'incarico di decorare con affreschi il portico sul mercato di Atene, che perciò fu chiamato στοά Μοικίλη. M. vi affrescò la lotta di Teseo con le Amazzoni, e, in collaborazione con Paneno, la battaglia di Maratona. Di queste pitture, che si distinguevano per un carattere di grandioso e di patetico insieme, si sono per lo più cercati i riflessi nella pittura vascolare, debitamente confrontata con gli scarsi dati fornitici dagli antichi scrittori.
Sembra che il grande quadro creato per l'Anakeion con la spedizione degli Argonauti abbia ispirato il pittore del cratere attico proveniente da Orvieto (ora al Louvre) e rappresentante, secondo P. Girard, Ercole che rimprovera a Lemno gli Argonauti per la loro inerzia. Anche l'Amazzonomachia fu trattata da molti pittori vascolari. Così, per es., si può ricordare l'ariballo di Cuma (museo di Napoli), che per la scena rappresentata e per le sue figure, dal movimento un po' esagerato e di maniera, più che un ricordo sicuro della pittura miconiana, come vorrebbe il Girard, ci mostra solo l'influsso, ancora evidente, del metodo polignoteo di composizione. La cista detta Ficoroni, pur appartenendo agli ultimi decennî del sec. IV, presenta una scena che, secondo alcuni, sembra una traduzione modernizzata, con elementi italici aggiunti, di questo stesso affresco che M. aveva creato molto tempo prima. Così similmente la lotta dei Lapiti contro i Centauri, dipinta da M. nel Teseio, dovette ispirare gli scultori delle metope del Partenone e, come al solito, molti pittori di vasi.
Nella Poikile stoà, ai lati dell'Iliupersis di Polignoto, v'erano da una parte il quadro con la battaglia di Maratona e dall'altra il quadro con la lotta di Teseo contro le Amazzoni; disposizione di soggetti che, ritrovata nei fregi del sec. V circondanti l'heroon di Gölbaṣi-Trysa, ha fatto pensare ad artisti lici, che, educati all'arte ellenica e alla conoscenza delle grandi pitture del ciclo polignoteo, hanno imitato quanto avevano visto ad Atene, e dato pertanto un carattere pittorico alle loro composizioni.
In verità però non è stata ancora convenientemente tentata, come per Polignoto, la ricostruzione delle opere pittoriche di M., e la sua personalità rimane non perfettamente chiarita.
M., che è ricordato dalla tradizione letteraria come collaboratore e non discepolo di Polignoto, fu, sempre, più audace nella scelta dei soggetti, per quanto meno accurato nel riprodurre la realtà.
Come tutti gli altri pittori di quel tempo, M. dovette eseguire le sue opere su un fondo chiaro, adoperando i quattro colori tradizionali: nero, bianco, giallo e rosso, spesso mescolati fra loro; e per i particolari anche l'azzurro e il verde. Il chiaroscuro era allora ancora sconosciuto: e quindi i quadri di M. dovettero apparire sotto forma di disegni coloriti.
M. fu anche scultore, e si sa che dovette eseguire varie statue di atleti; per Olimpia fece una statua di bronzo dell'ateniese Callia, figlio di Didimio, vincitore al giuoco del pancrazio nel 472 a. C.: di tale statua, di cui si è trovata la base con la firma, A. Furtwängler credette di riconoscere una copia in una statua proveniente dalla Villa Ludovisi.
Bibl.: P. Girard, La peinture antique, parigi 1892; F. Fornari, in Ausonia, IX, p. 93 segg.; C. Robert, Die Marathonschl. in d. Poikile, ecc., Halle 1895 (18ª Winckelmannsprogr.); E. Pfuhl, Maler. u. Zeichn. d. Griechen, Monaco 1923. - Per M. scultore: W. Deonna, L'archéol., I, Parigi 1911-1912, p. 361, nota 3; B. Schröder, in Jahrb. Arch. Inst., 1914, p. 123; W. Klein, ibid., 1918, p. i.