TORCIA, Michele
– Nacque ad Amato, nella Calabria Ultra, il 26 giugno 1736. La madre, Giuseppa Salina, era di origini catanesi, mentre il vero cognome ereditato dal padre Pietro, di professione «cuscitore seu sartore» (Tufano, 2000, p. 6, n. 8), era Torchia; ma Michele preferì, più tardi negli anni, modificarlo.
Studiò nel collegio dei gesuiti di Catanzaro e poi, trasferitosi diciassettenne a Napoli, si dedicò allo studio della lingua inglese, francese e tedesca. Divenne allievo di Antonio Genovesi e, come era accaduto a tanti altri suoi coetanei, fu segnato indelebilmente da quel rapporto, come testimoniano alcune lettere risalenti agli anni Sessanta.
Grazie alla protezione di Genovesi e del regio funzionario Gennaro Sarno, che lo raccomandarono al ministro Bernardo Tanucci, alla fine del 1762 Torcia fu nominato segretario del plenipotenziario napoletano in Olanda, Giacinto Catanti; all’Aia egli ebbe modo di frequentare i salotti dei più significativi esponenti dell’illuminismo olandese: dal giurista Elie Luzac (divulgatore del pensiero di Montesquieu), all’economista Isaac da Pinto, all’umanista Petrus Burmannus. Con accenti di nostalgia Torcia avrebbe ricordato nelle sue opere quel clima culturale, ch’egli descrisse come «prudente», cioè, a suo dire, «empirista» e «antisistema» (Sbozzo del commercio d’Amsterdam, 1782, passim), eppure, al contempo, animato da tensioni radicali sotto il profilo politico, in quanto progetto di emancipazione politico-sociale con marcate connotazioni antiteologiche, democratiche e repubblicane. Inoltre, per Torcia il «sistema di commercio» delle Sette Province Unite si poteva ridurre a un fondamentale ed elementare principio: «ciascuno lavori per sé, come io lavoro per me» (Tufano, 2000, p. 39). Questa esperienza lo rese immune da qualunque forma di idealismo, di esprit de système (così Torcia indica ogni costruzione filosofica arbitraria e aprioristica), soprattutto in materia di politica economica, come dimostrano le numerose pagine e notazioni delle sue opere dedicate a polemizzare con le posizioni dei fisiocrati. A contatto con la realtà olandese sperimentò che «il martello dei fatti e della pratica» faceva crollare ogni «edificio de’ sistemi al minimo tocco» (Sbozzo politico di Europa..., 1775, p. XXXIV). Eppure, il risvolto umano e mondano di quella ‘non filosofica’ philosophie era considerato spietato e brutale da Torcia, che, riferendosi in particolare alla realtà italiana, si persuase che per raggiungere i livelli di sviluppo economico e sociale dell’Europa settentrionale, avrebbe avuto bisogno di una politica «meno caritatevole», proprio allo scopo di rendere la gente del Sud «meno selvaggia e più industriosa» (Tufano, 2000, p. 44).
In quei tardi anni Sessanta partecipò all’edizione delle Opere postume di Pietro Giannone (Venezia 1768), voluta da Tanucci, dentro il quadro della più generale offensiva politica e culturale in atto nelle monarchie dei Borbone contro la Compagnia di Gesù. Curata da Lionardo Panzini, la ristampa fu annotata da Torcia, che in particolare mise in evidenza le caratteristiche dei metodi di governo dei comuni dell’Italia meridionale, polemizzando più in generale con il metodo antiquario dei romanisti. Il giusnaturalismo di origine groziana, da lui tanto celebrato, aveva oramai introiettato gli elementi naturali quali fonti di produzione della normatività, mentre aveva escluso l’arbitrio e il ‘dispotismo’ dei giuristi dotti. Proprio contro costoro Torcia ritornò nelle sue successive opere con note pungenti, che gli valsero significative definizioni: «grande insetto Calabrone» (così Leonardo Panzini, in Tufano, 2000, p. 6), o «bestia calabrese», come invece lo etichettò Tanucci in un momento d’ira (B. Tanucci, Epistolario, a cura di M.G. Maiorini, 1996, p. 364).
Nel 1767 Torcia si trasferì a Londra come segretario dell’ambasciatore Domenico Caracciolo. Sul periodico Court-miscellany magazine pubblicò nel 1768 un’appassionata difesa di Pietro Metastasio (dal titolo A short account of the life and writings of Metastasio; by an Italian gentleman), che fu il suo primo intervento a difesa della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia fuori d’Italia, tema che sviluppò negli anni successivi. Durante il soggiorno inglese frequentò la comunità degli intellettuali italiani (Giuseppe Baretti, Vincenzo Martinelli e Filippo Mazzei) ed ebbe contatti con il mondo dell’illuminismo scozzese (William Robertson, con cui rimase in contatto epistolare, e David Hume).
Attraverso il sommarsi di queste due esperienze culturali Torcia ebbe modo di confrontare e di mettere alla prova il relativismo storico e il problematicismo ambientale che avevano costituito alcuni degli aspetti centrali della sua fase formativa napoletana. Ma la terza e fondamentale esperienza all’estero di Torcia fu costituita dal soggiorno parigino, dove ebbe modo di conoscere e frequentare anche Denis Diderot. Queste nuove esperienze gli svelarono l’enorme complessità della natura, palesandogli la necessità di moltiplicare il proprio impegno verso la sperimentazione. Con questa svolta epistemologica, che Torcia steso definì come il passaggio dell’idea di scienza dalle «fallaci nomenclature» di Carlo Linneo al «vitalismo naturalistico» (Tufano, 2000, p. 89) di Georges-Louis Leclerc conte di Buffon, maturò l’idea di un’antropologia politica che andasse ben oltre la classica teoria dei climi rielaborata da Montesquieu. Se l’insegnamento di Genovesi e la giovanile esperienza vissuta nell’Europa settentrionale avevano spinto Torcia verso la ricerca di una spiegazione più approfondita del diverso sviluppo economico e politico continentale, di cui era un riflesso l’allargarsi del divario tra l’antropologia ‘protestante’ e quella ‘cattolica’, la breve esperienza francese lo stimolò a trovare una chiave di lettura per un’interpretazione più obiettiva della storia naturale del globo terrestre, e dunque ‘antropologica’. L’idea di una libertà naturale contemplata nei diritti naturali lo portò inoltre ad apprezzare del Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau il netto rifiuto del parallelo tra schiavitù e contratto di sottomissione e la valutazione della libertà civile come superiore a quella naturale.
Nel 1770 si stabilì definitivamente a Napoli, dove ottenne l’impiego di «archiviario» della Giunta degli abusi, poi di bibliotecario della Casa del SS. Salvatore, ossia della nuova università. Dopo il terremoto calabro-messinese del 1783 divenne uno dei protagonisti più importanti della vasta produzione letteraria e scientifica sull’argomento. Tutti gli anni Ottanta furono dedicati alla pubblicazione di volumi sulle sue precedenti esperienze, mentre il successivo decennio, fino al tragico epilogo del 1799, lo vide impegnato, soprattutto dopo la caduta dal governo di Domenico Caracciolo, in tour provinciali di carattere antiquario-naturalistico, che dietro questa apparenza lasciano intravedere forti istanze politiche repubblicane.
I temi principali su cui Torcia concentrò negli anni Settanta e fino alla metà degli anni Ottanta la propria curiosità furono la ricerca del modello economico, politico e sociale più adatto allo sviluppo del Regno meridionale, insieme alla necessità di creare una forte identità nazionale, operazione tentata attraverso l’innesto della più avanzata cultura dei Lumi nel tronco della tradizione italiana più ‘dissidente’, cioè quella di Niccolò Machiavelli, Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Pietro Giannone. Nella seconda metà degli anni Ottanta abbandonò la capitale partenopea per rivolgere l’attenzione alle varie realtà provinciali: la sua ricerca storica si concentrò intorno al tema delle repubbliche italiche e verso la creazione di una variante plausibile dell’antico modello repubblicano indigeno, con lo scopo di ricreare valori utili a una rappresentazione collettiva nazionale. Partecipò attivamente agli eventi rivoluzionari del 1799 e si sottrasse alla feroce reazione sanfedistica con l’esilio in Francia.
Rientrò in patria nel 1808, dove morì, di lì a poco, il 9 marzo.
Opere. A short account of the life and writings of Metastasio; by an Italian gentleman, in The Court-miscellany or Gentleman and Lady’s New Magazine, for the year 1768, novembre 1768, pp. 569-572; ibid., dicembre 1768, pp. 651-656; Elogio di Pietro Metastasio poeta cesareo, Napoli 1771; Indizii di grammatica inglese, Napoli 1773; Sbozzo politico di Europa, scritto nell’inverno 1772 e 1773 da Michele Torcia napoletano, regio archivaro della Suprema Giunta degli Abusi, Firenze 1775; Relazione sull’ultima eruzione del Vesuvio accaduta nel mese di agosto di questo anno 1779, Napoli 1779; Sbozzo del commercio d’Amsterdam, Neustad d’Italia, Neustad d’Italia [Napoli] 1782; Appendice contenente una breve difesa della nostra nazione contro le incolpe attribuitele da alcuni scrittori esteri, Neustad d’Italia [Napoli] 1783; Descrizione del terribile terremoto de’ 5 febbraio 1783, Napoli 1783; État de la navigation nationale sur toute la côte orientale du Royaume de Naples, Napoli 1783; Genuina narrativa della corsa seguita a Capo-di-Chino alla piazza di Caserta, Napoli 1783; Breve relazione di una cava fatta al monte Pellegrino, Palermo 1784.
Fonti e Bibl.: Lettere familiari dell’abate Antonio Genovesi, a cura di D. Forges Davanzati, Napoli 1774, passim; B. Tanucci, Epistolario (1765), a cura di M.G. Maiorini, XV, Napoli 1996, p. 364.
B. Croce, Esuli napoletani in Francia in conseguenza dei casi del 1799 (dalle carte della polizia francese), in Archivio storico per le province napoletane, XVIII (1932), pp. 144-150 (su Torcia in esilio); Id., Tra gli esuli napoletani del Novantanove ancora in Francia nel 1806, in Id., Varietà di storia letteraria e civile, Bari 1935, pp. 217 s.; Id., Aneddoti di varia letteratura, III, Bari 1954, pp. 303 s. (sul Martirologio de’ Napoletani di Torcia); F. Venturi, Riforme e riformatori nell’Italia Meridionale. Pagano, Palmieri, Delfico ed altri minori, Torino 1962, pp. 223-240; Id., Illuministi italiani. Riformatori napoletani, V, Milano-Napoli 1962, p. 301, n. 1; P. Villani, Il dibattito sulla feudalità nel Regno di Napoli dal Genovesi al Canosa, in Saggi e ricerche sul Settecento, Napoli 1968, pp. 252-331; A. Placanica, M. T. e il terremoto del 1783: storia naturale e riformismo politico, in Rivista storica italiana, XCV (1983), pp. 419-446; E. Tortarolo, M. T.: un funzionario tanucciano tra Magna Grecia ed Europa, in Bernardo Tanucci e la Toscana. Atti del Convegno..., Pisa-Stia... 1983, Firenze 1986, pp. 139-148; A.M. Rao, Tra riforme e rivoluzione: M. T. (1736-1808), in Fra storia e storiografia. Scritti in onore di Pasquale Villani, Bologna 1995, pp. 651-670; Ead., Un letterato faticatore nell’Europa del Settecento: M. T. (1736-1808), in Rivista storica italiana, CVII (1995), pp. 647-726 (per un giudizio di Torcia non come illuminista, ma come espressione di un ritardo culturale e scientifico); R. Tufano, M. T. Cultura e politica nel secondo Settecento napoletano, Napoli 2000 (in appendice l’Esposizione apologetica di un’operetta intitolata «Elogio di Metastasio», inedito di Torcia).