SURIAN, Michele.
– Nacque a Venezia il 15 maggio 1519, figlio primogenito del patrizio veneziano Antonio q. Michele e di Suordamore Contarini di Angelo q. Maffeo. Ebbe tre fratelli, Angelo, che fu poi gesuita, Tommaso e Giovanni, e una sorella, Orsa, che sposò Alvise Malipiero.
In merito alla sua formazione giovanile poco sappiamo; è però degno di nota l’elogio rivolto da Surian – durante la sua ambasceria romana – al dotto patriarca di Aquileia Daniele Barbaro, «prelato così degno et col quale ho tanta cognitione fin dalli miei primi anni» (Paschini, 1951, p. 138). Barbaro, più vecchio di Surian di cinque anni , fu a Padova dal 1535 in poi, cioè negli anni in cui verosimilmente anche Surian può avere frequentato lo Studio e le accademie padovane. Certamente Surian si procurò una solida educazione umanistica: Jean Bodin, che a Parigi ebbe modo di dibattere con lui sulla migliore forma di governo, lo definì «uomo di somma erudizione e virtù» (Methodus ad facilem historiarum cognitionem, Parisiis, apud Martium Iuvenem, 1572, p. 432). Mentre Paolo Paruta, che da giovane lo accompagnò in un’ambasceria presso Massimiliano II, scelse di rappresentarlo come modello ideale del nobile veneziano, nel quale «gli studii delle buone lettere facevano più risplendere la prudenza delle cose civili», come ebbe a scrivere, sia nel celebre trattato Della perfettione della vita politica, sia nella sua opera storica (1718, p. 29).
Surian dovette concludere gli studi nel 1542, anno in cui sposò Maria Zorzi di Costantino, dalla quale ebbe fra il 1544 e il 1564 cinque figli: Antonio, Costantino, Angelo, Agostino e un secondo Angelo. Ebbe anche due figlie femmine (ricordate in Le relazioni degli ambasciatori al Senato durante il secolo decimosesto, a cura di E. Alberi, I-XVI, 1839-1863, s. 1, III, p. 390), una delle quali avrebbe sposato Alvise Garzoni.
Figlio di un noto diplomatico, Surian compose un trattatello sui doveri dell’ambasciatore (Delle qualità di un veneto ambasciadore, pubblicato a Venezia soltanto nel 1856) e fu presto incaricato dal Senato di missioni all’estero. Il 30 agosto 1551 fu eletto ambasciatore residente presso Ferdinando, fratello di Carlo V e re dei Romani. Nel giugno del 1552 partì per la corte di Vienna, dove trattò con Ferdinando e i suoi ministri le annose questioni dei confini del Friuli e delle terre del patriarcato di Aquileia, della fortezza di Marano, della navigazione nell’Adriatico e delle incursioni dei corsari uscocchi di Segna: non raggiunse una definitiva soluzione di queste vertenze, ma riuscì almeno a evitare che esse degenerassero fino al punto di suscitare gravi incidenti e pericoli per la pace. Autorizzato dal Senato al rimpatrio nell’ottobre del 1554, rientrò a Venezia nel mese di dicembre, dopo aver preso commiato da Ferdinando, che gli conferì il titolo di cavaliere. Tenne la consueta relazione al doge e al Senato il 18 gennaio 1555.
A Venezia dovette gestire una delicata questione familiare: nel 1551 suo fratello Angelo aveva aderito – con il consenso di Ignazio di Loyola – alla Compagnia di Gesù, pronunciando i voti; nel 1552 Angelo era deceduto, lasciando per testamento alla Compagnia la cospicua somma di 2000 ducati. Ne nacque uno scontro assai duro con lo stesso Ignazio, perché Michele e i fratelli negarono di voler adempiere alla volontà del defunto, fondandosi sul testamento del padre Antonio, che aveva invitato i figli, specialmente se chierici, a lasciare i propri beni ai loro fratelli: alla fine i gesuiti dovettero rassegnarsi (J.A. Polanco, Vita Ignatii Loiolae et rerum societatis Jesu historia, V, Matritii 1897, pp. 167-169). È difficile valutare quanto questa dolorosa controversia abbia influito sugli atteggiamenti di Surian in materia politico-religiosa: certamente, però, i suoi giudizi sulla Chiesa e sui papi furono sempre quelli di un uomo del tardo Rinascimento veneziano, e non di un devoto della Controriforma.
Il 21 febbraio 1555 fu eletto alla carica di savio di Terraferma, che dava l’ingresso al Collegio. Poi, il 15 febbraio 1556 fu nominato ambasciatore presso Filippo II, allora nelle Fiandre. Ricevette le commissioni il 21 novembre e raggiunse Bruxelles il 18 gennaio 1557. Seguì Filippo II anche nel suo breve soggiorno in Inghilterra, tra il marzo e il luglio del 1557. Nel corso della sua ambasceria, ispirata al principio della neutralità veneziana, informò la Signoria della vittoria spagnola di San Quintino, giustificò la condotta della Repubblica nella controversia per la precedenza tra gli ambasciatori di Francia e Spagna e trasmise a Filippo II le raccomandazioni del Senato per la rapida conclusione di una pace con papa Paolo IV.
Surian rientrò a Venezia nei primi mesi del 1559, quando già si erano avviate le trattative per la pace di Cateau-Cambrésis. Nella sua relazione finale sulla politica di Filippo II descrisse efficacemente le resistenze del Regno d’Aragona e delle grandi famiglie della nobiltà castigliana all’accentramento regio (Le relazioni..., cit., p. 339). Raccolse inoltre varie notizie sui viceregni delle Americhe, assumendo sostanzialmente il punto di vista del governo spagnolo e manifestando quindi assai scarsa simpatia umana per i coloni, considerati come potenziali ribelli (p. 343) e per gli indios, che erano stati facilmente sottomessi per la loro debolezza.
Ancor prima del suo rientro, il 31 dicembre 1558 Surian era stato eletto per la seconda volta savio di Terraferma. Il 4 dicembre 1559 fu scelto dal Senato come ambasciatore ordinario presso il re di Francia. Partì nel settembre del 1560 e raggiunse la corte, a Orléans, il 31 ottobre. Fu testimone della morte di Francesco II, nel dicembre del 1560, e dell’ascesa al trono del giovanissimo Carlo IX, sotto la reggenza di Caterina de’ Medici. L’ultimo episodio di rilievo su cui poté riferire fu il colloquio di religione di Poissy, nel settembre del 1561. L’ambasciatore veneto manifestò in quell’occasione un certo rispetto per l’eloquenza di Teodoro di Beza, ma anche una radicale avversione verso la delegazione calvinista nel suo complesso: «tutti vili et abbietti, con certe facce odiose, et certe sue maniere strane et sgarbate, et per dir una parola tutti furfanti» (Despatches of Michele Suriano and Marc’Antonio Barbaro, Venetian ambassadors at the court of France, 1560-1563, a cura di H. Layard, 1891, p. XLVII).
Durante la missione Surian lamentò gravi indisposizioni e sollecitò la nomina del successore, Marcantonio Barbaro, che raggiunse la corte di Francia all’inizio di novembre del 1561; il 24 novembre Surian si accinse a lasciare Parigi. Rientrato a Venezia, lesse al Senato la sua celebre relazione (Le relazioni..., cit., pp. 103-149), in cui riprese le considerazioni già sviluppate nei dispacci. Da essi la Signoria poteva «facilmente comprendere come questo già florentissimo Regno et già obbedientissimo alli suoi Re più ch’altro fosse mai al mondo, sia tutto mutato, in modo che per la disunione dei popoli, et per quella delli prìncipi del governo è fatto tanto debole et infermo, che li amici non hanno da sperarne molto, né li nemici da temere» (Despatches.., cit., p. XXVII). La condanna dell’eresia protestante è espressa da Surian dal punto di vista dell’interesse dello Stato; la stessa diffusione della Riforma in Francia è vista essenzialmente come effetto della rivalità tra i Guisa e i Borbone.
A Venezia Surian fu scelto nuovamente come savio di Terraferma il 20 gennaio 1562. Uscito di carica, fu eletto il 20 settembre 1562 provveditore al Sale, magistratura di somma importanza per la vita economica della Serenissima. Il 23 gennaio 1563 fu incaricato di una ambasceria straordinaria: assieme al procuratore di S. Marco Giovanni Da Lezze doveva rendere omaggio a Massimiliano, figlio dell’imperatore Ferdinando I, recentemente eletto re dei Romani. Il viaggio ebbe luogo nell’aprile del 1563: Surian fu accompagnato anche dai due figli maggiori, Antonio e Costantino, e dal giovane patrizio Paolo Paruta. Il 16 maggio raggiunsero Vienna, dove gli ambasciatori furono ricevuti da Massimiliano il 20 maggio. Il 25 maggio Surian e Da Lezze presero commiato dalla corte, per recarsi a riverire l’imperatore Ferdinando I a Innsbruck, dove giunsero alla metà di giugno; compirono poi una breve tappa a Trento e raggiunsero Venezia nel mese di luglio (H. Goetz, Die Finalrelation des Venezianischen Gesandten Michele Suriano von 1555, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 1961, pp. 235-322, in partic. pp. 249-252). Pochi mesi dopo, il 26 novembre 1563, il Senato scelse Surian per una nuova ambasceria ordinaria all’imperatore Ferdinando I. Surian ricevette le istruzioni il 29 aprile 1564 e raggiunse Vienna il 20 maggio. L’ambasceria fu però precocemente interrotta dalla morte dell’imperatore, che si spense il 25 luglio 1564. Surian porse le condoglianze al figlio e successore Massimiliano II e attese l’arrivo degli ambasciatori straordinari Marino Cavalli e Alvise Mocenigo; il 14 ottobre prese commiato dalla corte imperiale e rientrò in patria.
Il 6 novembre 1564 fu eletto per la quarta volta savio di Terraferma; il 30 luglio 1566 fu chiamato a far parte della prestigiosa magistratura dei riformatori dello Studio di Padova. Nel dicembre del 1566 fu nuovamente rieletto savio di Terraferma. Il 18 ottobre 1567 fu designato dal Senato come nuovo ambasciatore ordinario alla S. Sede, con un anticipo di quasi un anno sulla sua partenza effettiva: arrivò infatti a Roma il 28 settembre 1568.
Nel primo anno della sua ambasceria dovette occuparsi della delicata trattativa con Pio V sull’applicazione a Venezia della bolla in Coena Domini, risoltasi in un nulla di fatto; i ricordi di queste discussioni e di quelle intorno alla concessione alla Serenissima delle decime del clero sarebbero riemersi nella relazione finale, in cui Surian avrebbe affermato esplicitamente: «Papa Pio V, se ben non ha mosso alcuna guerra fra Cristiani, però ha dato molte volte occasioni di gran disturbi, e pericolosi» (Relazione di Roma..., 1764, p. 169).
Il significato della missione di Surian cambiò però radicalmente quando, alla fine del febbraio del 1570, egli fu informato da Venezia dell’attacco turco contro Cipro. Pio V esortò subito i veneziani e la Spagna a una lega antiturca, e ottenne già all’inizio di marzo una risposta in linea di massima favorevole da parte di Venezia. Nel mese di maggio Filippo II incaricò della trattativa a Roma i cardinali Antoine Perrenot de Granvelle e Francisco Pacheco de Toledo e l’ambasciatore Juan de Zúñiga. La delegazione spagnola e Surian furono ricevuti da Pio V il 1° luglio 1570; nei giorni seguenti avviarono laboriose trattative. Ma nel corso dell’estate un incidente scosse il prestigio di Surian: da Roma fu inviata in Spagna una bozza del trattato, che prevedeva la scomunica per quello Stato che avesse abbandonato unilateralmente la Lega. L’episodio suscitò profondo malumore a Venezia, dove il savio di Consiglio Giovanni Donà chiese il richiamo di Surian. Non lo ottenne; ma il Senato decise egualmente il 9 settembre di affiancare a Surian un ambasciatore straordinario, Giovanni Soranzo, che giunse a Roma il 20 settembre. Fu a seguito di questi avvenimenti che Surian redasse il Trattato intorno alla conclusione della Lega fatta tra Pio Papa V, il Seren. Re Cattolico e l’lll.ma Signoria di Venezia (pubblicato nel Tesoro politico, Colonia 1598, pp. 312-360).
Nei mesi seguenti i due ambasciatori veneti procedettero congiuntamente nelle trattative e la Lega fu finalmente siglata il 20 maggio 1571. Pio V e Venezia si accordarono perché Surian restasse a Roma ancora per qualche mese per seguire l’applicazione degli accordi. Perciò l’ambasciatore prese commiato dal papa solamente il 31 agosto 1571 e lasciò Roma il 13 settembre. Il rientro fu ostacolato dalle sue pessime condizioni di salute, tanto è vero che raggiunse Rimini appena il 20 ottobre.
Sul suo capo pendeva ora una nuova minaccia. Fin dal settembre del 1571 la nunziatura di Venezia aveva avvertito la S. Sede che Surian, al suo ritorno, avrebbe dovuto discolparsi davanti al Consiglio dei dieci dall’accusa di avere accettato doni da ministri spagnoli. L’immediato intervento di Pio V a favore dell’ambasciatore non rimase senza effetto: infatti nell’ottobre Surian fu eletto nella zonta del Consiglio dei dieci. Ma ciò non bastò a fare cadere interamente le accuse. Egli dovette perciò presentarsi al Consiglio dei dieci il 16 novembre 1571: già il 20 gli furono accordati gli arresti domiciliari ma, pur avendo ottenuto subito una maggioranza di voti a favore della propria assoluzione, non fu definitivamente prosciolto se non nel settembre del 1572 (Nunziature di Venezia, 1963-1977, IX, pp. 83, 140, 143, 245, 284).
Surian poteva ora considerarsi pienamente riabilitato, come è dimostrato anche dalle importanti cariche da lui successivamente ricoperte: il 1° ottobre 1572 fu eletto per la seconda volta nella zonta del Consiglio dei dieci e il 30 dicembre savio di Terraferma per la sesta volta; infine, il 17 settembre 1573 fu nuovamente eletto riformatore dello Studio di Padova. Ma la sua salute, sempre travagliata da varie indisposizioni, volgeva oramai al declino.
Morì a Venezia il 19 luglio 1574, dopo una settimana di febbre, nella sua abitazione di S. Giacomo all’Orio, oggi nota come palazzo Priuli Stazio. Fu sepolto nella chiesa di S. Servolo, nell’omonima isola (Sansovino, 1581, c. 85v).
Opere. Relazioni: Relazione di Roma del clariss. Sig. Michel Soriano, tornato ambasciatore da Papa Pio V l’anno 1571, in S. Baluze - J.D. Mansi, Miscellanea, IV, Lucae 1764, pp. 168-178; Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto, a cura di E. Alberi, I-XVI, Firenze 1839-1863, s. I, III, pp. 331-390, IV, pp. 103-149; H. Goetz, Die Finalrelation des Venezianischen Gesandten Michele Suriano von 1555, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLI (1961), pp. 235-322. Dispacci: A. Bartoli, Dispacci di M. S. ambasciatore in Inghilterra (1557-1558), in Archivio veneto, I (1871), 2, pp. 319-331; Calendar of State Papers, Venice, VI-VII, a cura di R. Brown, London 1877-1890, ad ind.; Despatches of Michele Suriano and Marc’Antonio Barbaro, Venetian ambassadors at the court of France, 1560-1563, a cura di H. Layard, Lymington 1891, pp. I-LVII; Venetianische Depeschen vom Kaiserhofe, III, a cura di G. Turba, Wien 1895, pp. 1-7, 228-231, 273-282.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci ambasciatori, Spagna, filza 2, nn. 1-89, 93, filza 3, nn. 1-57; Inghilterra, filza 1, nn. 101-137; Francia, filza 4, nn. 37-57, 61-82, 84-100; Roma, filza 3, nn. 81, 85-92, 94-143, filza 4, nn. 1-129, filza 5 (deperita), filza 6, nn. 1-5, 7-24, 26-34, 36-99, filza 7, nn. 1-14, 16-91, filza 8, nn. 1-2, 10, 12; Archivio proprio Germania, filza +, nn. 14-19, 59-61, 70-74, 76-79; Capi del Consiglio dei Dieci, Lettere di ambasciatori, b. 11, nn. 1-14, b. 13, nn. 36-37, 46-50, 95-97, b. 25, nn. 64-180, b. 29, nn. 83-95, 97-98; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII, 8307 (=18): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, cc. 106r, 107v.
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