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SANMICHELI, Michele

di Bruno Maria Apollonj - Enciclopedia Italiana (1936)
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SANMICHELI, Michele

Bruno Maria Apollonj

Architetto, nato a Verona nel 1484, morto ivi nel 1559. L'architettura era l'arte esercitata dai suoi; suo padre Giovanni e suo zio Bartolomeo (1426-1512), originarî di Porlezza (Como), furono infatti entrambi architetti; e architetto e scultore fu il cugino Matteo (1480 circa-1528 circa), operoso a Casale Monferrato, a Saluzzo, a Torino. La sua permanenza a Roma, che ebbe inizio nel 1500, gli fu indubbiamente feconda d'insegnamenti sia per lo studio che egli intraprese dei monumenti romani, sia perché gli permise d'immettere nelle sue tendenze artistiche regionali lo stile nuovo caratterizzato dalle opere di Bramante, Sangallo e Peruzzi. Clemente VII lo inviò, insieme con Antonio da Sangallo, in Orvieto, dove i due architetti si interessarono ai lavori del duomo. Mentre era così impegnato, il S. attendeva anche ai lavori per la cattedrale di Montefiascone, iniziati nel 1519.

Certamente anche questi lavori contribuirono ad affermare la sua fama, sicché il pontefice lo inviò, sempre insieme con Antonio da Sangallo, a Pavia e a Piacenza, minacciate, in quel tempo, dal duca di Borbone. Fu questo suo occasionale ritorno nell'Italia settentrionale che, con tutta verosimiglianza, lo riportò nel Veneto.

Da Venezia egli passò presto a Treviso e a Padova. Fu allora invitato a porsi al servigio della repubblica; ma i suoi impegni col papa lo ricondussero per qualche tempo in Roma.

Tornato nel Veneto, iniziò i primi veri lavori di carattere militare nel 1520 in Verona con il bastione delle Boccare.

La costruzione di questo bastione gli valse probabilmente la fama di essere l'inventore di siffatta forma di difesa, merito ora rivendicato a Francesco di Giorgio Martini. Forse fu suo merito invece l'avere ideato e realizzato nel 1527, con quello delle Maddalene, il tipo del bastione angolare. Tra i baluardi sanmicheliani a Verona vanno considerati quali i più completi e progrediti quelli di San Bernardino e di S. Zeno. Nei baluardi di Verona si riscontrano già definiti i tipi costruttivi e gli accorgimenti tecnici che solo nei secoli avvenire saranno ripresi e applicati dagli architetti militari d'Oltralpe.

Un altro tema, tra l'architettura militare e la civile, affrontò anche in numerose opere il S.: la porta di città. A Verona hanno interesse militare la Porta Nuova (1535), a cavaliere della cinta murata scaligera tra i baluardi dei Riformati e della Trinità; e la Porta Palio eretta tra il baluardo di S. Bernardino e quello di S. Spirito. Carattere esclusivo di architettura civile e monumentale ha invece la Porta di S. Zeno.

Dopo questi lavori, il S. fortificò, per la repubblica veneta, le città di Legnago, Peschiera (1553), Brescia, Bergamo, Orzinuovi (Brescia), a Padova costrusse i baluardi Correr e di S. Croce (1536-48), e infine indusse i Veneziani a servirsi di lui dapprima per la costruzione del mirabile forte di S. Andrea al Lido, quindi per le fortificazioni di Zara (1541) e Sebenico; da ultimo per quelle dei possedimenti del Levante (1553): Napoli di Romania, Corfù e Candia.

Altro merito che nel campo della tecnica delle fortificazioni va attribuito al S. è quello di aver intuito tra i primi come le grandi sezioni rigide delle cortine e delle difese non portassero contributo alcuno alla resistenza di quelle agli effetti delle artiglierie. Egli imbastì infatti nel 1548 il poligono di difesa di Vicenza con lavori in terra, seguendo in ciò i criterî già adottati prima da Antonio da Sangallo nel 1514 nelle fortificazioni di Civitavecchia, quindi da Pier Francesco Florenzuoli nel 1525 nelle fortificazioni di Piacenza. Ma mentre sia il Sangallo sia il Florenzuoli furono, a quanto oggi generalmente si ritiene, indotti a così agire dalla necessità assoluta di far presto, il S. vide come l'elasticità del terrapieno conferisse alle fortificazioni una maggiore resistenza ai tiri delle armi da fuoco.

L'architettura civile fu ripresa dal S. non appena terminati i lavori di risarcimento alla fortezza della Chiusa sopra Verona con il Ponte Nuovo di quella città. Seguono numerose opere di architettura sacra, prima in ordine di tempo la cappella Pellegrini in S. Bernardino (1538-1557 circa).

Ma il primo organismo architettonico da lui iniziato fu la chiesa della Madonna di Campagna poco fuori Verona, terminata in base al suo modello da B. Brugnoli. Seguì il prospetto per S. Maria in Organo (Monte Oliveto) che rimase incompiuta.

La sua seconda cupola in ordine di tempo (la prima era stata quella della cappella Pellegrini in S. Bernardino) fu innalzata sulla chiesa di S. Giorgio in Alega, per la quale progettò e iniziò anche la costruzione del campanile. A lui si deve anche la fabbrica del Lazzaretto di Verona. In Venezia egli restaurò, rinnovandola completamente, la casa dei Bragadin incontro a S. Marina, e iniziò nel 1556 i lavori della sua più splendida fabbrica veneziana: il palazzo Grimani sul Canal Grande, terminato dopo la sua morte, nel cui spartito centrale appare tre volte sovrapposto, ma non ancora chiaramente definito, il motivo della serliana. Anche a Venezia costruì il palazzo Corner-Mocenigo a S. Polo (1541). Nel Veneto rammentiamo inoltre il palazzo Roncale (1555) a Rovigo, e la villa Soranza presso Castelfranco.

Ma il nome del S. quale archìtetto civile è prevalentemente legato alla città di Verona, dove egli acquistò, nella fase cinquecentesca dell'architettura, una preminenza paragonabile a quella che, nello stesso tempo, avevano acquisita il Palladio a Vicenza e il Sansovino a Venezia. A lui si debbono a Verona i palazzi Canossa (1530), Malfatti, Della Torre, Verzi, Pompei (1530 circa) e Bevilacqua (1530). L'ultimo è fra tutti il più significativo, in quanto dal suo raffronto con gli edifici romani del periodo immediatamente precedente risulta inoppugnabile come sia stato appunto il S., oltre al Sansovino, a importare nel Veneto quello spirito classico dell'architettura, già definito nell'Italia centrale dalla scuola romana. A questo proposito già da altri è stato proposto il raffronto, ad esempio, tra il romano palazzo Branconi (circa 1515, ora demolito) di Raffaello e questa fabbrica del S.

Trapiantata nel Veneto, l'architettura romana perde però quei suoi caratteri di rigidità; al motivo della piattabanda si sostituisce sovente l'arco, al prevalere dei pieni sui vuoti la moltitudine e l'ampiezza dei vani.

Anche al S., come a tutta la scuola architettonica veneta cinquecentesca, si debbono far risalire schemi architettonici e motivi decorativi che, ripresi alla fine del sec. XVIII e all'inizio del XIX in Italia e fuori, daranno luogo allo stile che fu detto neoclassico. Significativa, a questo proposito, tra gli altri monumenti sanmicheliani, la Porta Palio di Verona costruita tra il 1542 ed il 1555.

L'esecuzione di alcune opere del S. fu curata dal nipote e allievo di questo, Gian Girolamo (nato a Verona nel 1513 e morto a Famagosta di Cipro nel 1558).

V. tavv. CXLV e CXLVI.

Bibl.: H. Willich, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIX, Lipsia 1935 (con ampia bibliografia).

Vedi anche
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Vocabolario
michèlia
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michelato
michelato s. m. – In numismatica, denominazione dei bisanti dell’impero d’Oriente emessi dagli imperatori di nome Michele.
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