SALVATICO, Michele
– La nascita tedesca, a Freising, in Baviera, si ricava dal privilegio con cui gli fu concessa la cittadinanza veneta il 26 febbraio 1423, nel quale è nominato Frisingensis ed è indicato il nome del padre, pure lui Michele.
Il cognome Salvaticus o de Salvaticis, con cui è noto, è latinizzazione del nome di famiglia originario Waldner/Waltner, documentato a Freising con continuità a partire dalla fine del XIV secolo. Nel ms. Vat. Chig. D.VI.97 si sottoscrive «Michael de Salvaticis Alemanus» e nei registri dell’abbazia di Praglia, in cui visse da religioso, è «Michael de Veneciis».
Non è noto a seguito di quali vicende Salvatico sia giunto in Italia e si sia stabilito a Venezia, dove sposò una donna del luogo, Maria. Il matrimonio gli permise di ottenere il grado più basso della cittadinanza, cosiddetta de intus. Ebbe così accesso alle cariche minori della burocrazia, nella quale ottenne l’ufficio di notarius dei Capisestiere, magistratura inferiore che aveva compiti di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela del buon costume (nel XVI secolo assorbita nei Signori di notte al civil). I Capisestiere si servivano di due scriptores, che esercitavano il notariato limitatamente alle funzioni dell’ufficio trascrivendo in un capitolare gli aggiornamenti legislativi e i provvedimenti delle magistrature superiori che i capi erano tenuti ad applicare. Non risulta che Salvatico abbia esercitato il notariato al di fuori dell’ufficio: non esistono atti rogati da lui nel lungo periodo in cui fu in attività a Venezia. La sua scrittura appare nel capitolare dei Capisestiere dall’estate del 1423 fino al 27 aprile 1453 ed è quindi possibile seguirne l’evoluzione per un trentennio. La maggioranza delle parti del capitolare attribuibili a Salvatico sono in notarile, ma sin dal 1423-24 sono presenti saggi di littera antiqua, che rappresentano una delle prime testimonianze di tale scrittura nella burocrazia veneziana. Educato a scrivere in gotica, l’antiqua fu per lui un’acquisizione che mostra esecuzioni diverse, in cui sopravvivono elementi caratteristici della cancelleresca o eclettici.
L’ufficio garantì a Salvatico una sistemazione modesta ma decorosa, senza prospettive di carriera, ma con la possibilità di eseguire lavori per personaggi illustri e culturalmente qualificati. Particolarmente assiduo nel ricorrere ai suoi servigi fu l’umanista veneziano Francesco Barbaro (due codici del De re uxoria sono di mano di Salvatico: Boston, Public Library, q.Med.24 [G 38.34]; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Lat.Z.473 [=1592]). È ipotesi rigettata da Claudio Griggio (de la Mare - Griggio, 1985), ma riproposta da Elisabetta Barile (Mantovani, Prosdocimi, Barile, 1993) con nuove considerazioni e sulla base del ms. Vat. Pal. 1364, che Salvatico vada identificato con il Michael Germanicus attivo a Venezia nella seconda metà del XV secolo alle dipendenze di Francesco Barbaro e di Guarino Veronese. L’identificazione consentirebbe di collegare la prima attività scrittoria di Salvatico alla schiera di notai che si formarono a una nuova scrittura alla scuola di Guarino, maestro di Barbaro, e che diede vita a un modello di antiqua divenuto esemplare presso altri copisti di area veneta, ma estesosi anche in zone limitrofe come il Friuli, nel quale l’influenza culturale veneziana andava allora affermandosi.
Maria testò il 5 agosto 1432 e probabilmente morì poco dopo. Il testamento, scritto da Salvatico, fu rogato da Federico Stefani, piovano di S. Maria Formosa, «cancellarius ducalis aulae», uno dei due cancellieri inferiori di palazzo ducale, indicato dalla testataria quale compater (l’edizione in Barile, in Mantovani, Prosdocimi, Barile, 1993, pp. 102 s.). Dal documento si ricava, oltre alle condizioni economicamente modeste della coppia (prestiti, lasciti, elemosine sono poco consistenti, testimoni sono un intagliatore e un barbiere abitanti nella stessa parrocchia, il possesso di una schiava non è indice di opulenza), qualche indizio sulla rete di relazioni in cui era inserito Salvatico. Oltre a Stefani, la donna nomina quale altro compater Maffeo di Gabriele Soranzo, del ramo di S. Maria Formosa, designato anche esecutore testamentario insieme con Salvatico; Maffeo era titolare, insieme con i fratelli, del banco Soranzo, allora il più importante a Venezia.
L’interruzione dell’ufficio notarile nel 1453 fu seguita dall’ingresso come novizio nel monastero di S. Giorgio Maggiore a Venezia. Terminato il periodo di noviziato, il 3 maggio 1456 nell’abbazia di Praglia Salvatico fece testamento, come era previsto dalla legislazione veneta per i novizi che entravano in religione, e tre giorni dopo fece la professione (Mantovani, in Mantovani, Prosdocimi, Barile, 1993, pp. 23-26). Dal testamento, autografo, si ricavano altre notizie biografiche. Prima del 1453 aveva avuto in pegno una decina di libri a garanzia di un prestito di cinque ducati e mezzo ad Andrea Contrario, già cappellano del monastero femminile di S. Servolo, che si era trasferito a Roma. È nominata una sorella monaca del Capitolo di S. Girolamo a Venezia, a cui la famiglia Salvatico si mostra legata con costanza, se l’istituto era già destinatario di lasciti nel testamento di Maria, che lo designò come luogo della sua sepoltura. Una «Augustina de Salvaticis» si ritrova in un atto di S. Girolamo dell’11 gennaio 1567. Il resto di un debito di cinquanta ducati avuti in prestito da una Isabetta di Vittore Soranzo conferma il rapporto con quella famiglia. Al momento dell’ingresso a Praglia, Salvatico era in possesso di una discreta somma di denaro che destinò alla copia di un breviario per un don Girolamo, conosciuto a S. Giorgio Maggiore, che doveva ancora compiere la professione. La copia avrebbe dovuto essere eseguita nel monastero di S. Salvatore a Pavia e quanto avanzato della somma sarebbe stato devoluto a Praglia. Altrimenti, Salvatico risulta in possesso di effetti personali e di libri, che vengono destinati alla biblioteca dell’abbazia.
L’elenco allegato al testamento è ricco di particolari attinenti alla scrittura, alla decorazione, alla legatura. Vi sono compresi i codici di Contrario, che non li riscattò mai e rimasero nell’abbazia, mentre gli Erotemata di Manuele Crisolora confermano l’interesse di Salvatico per il greco, di cui aveva una conoscenza elementare. Il suo impiego è limitato alla scrittura minuscola per trascrivere qualche parola (cfr. Barile, 1994, tav. 7c) o per stilizzazioni calligrafiche come quelle con funzione separatoria dei componimenti nel Canzoniere di Francesco Petrarca nel ms. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut., 41.8, cc. 85r-92v (cfr. Barile, 1994, tav. 9).
A partire dalla professione la presenza di Salvatico a Praglia è documentata fino al 1469, anno in cui redasse i verbali del Capitolo dell’abbazia. La data di morte va perciò collocata a quell’anno o poco dopo. All’interno del monastero non c’è traccia che egli abbia rivestito ruoli particolari: il suo nome compare soltanto accanto a quello dei confratelli membri del Capitolo.
L’unico codice sottoscritto da Salvatico è il Vat. Chig. D.VI.97, esemplare di dedica del dialogo De regali ac papali potestate del minore Ludovico da Strassoldo, che lo indirizzò all’imperatore Sigismondo. Il codice è databile al 1434; la sottoscrizione, in oro e particolarmente lunga e solenne è stata interpretata da Barile (in Mantovani, Prosdocimi, Barile, 1993, pp. 60 s.) come la volontà di spostare l’attenzione del destinatario dal contenuto del codice al pregio della veste formale – Salvatico dichiara «non sic te illustrat et in nomen eternum effert militaris gloria, triumphusque nove gentis consecrat, ut te libelli huius illustrat elegantia» – e, dunque, come il tentativo di ingraziarsi il sovrano nella prospettiva di ottenere un ufficio come scriptor alla corte imperiale, nel momento in cui con la morte della moglie si allentavano i legami con il mondo veneto o, comunque, Salvatico avvertì i limiti della sua sistemazione e aspirò a una posizione più dignitosa e remunerativa.
La scrittura di Salvatico è stata riconosciuta da Albinia de la Mare in 37 manoscritti (de la Mare - Griggio, 1985, pp. 351-354) a cui ne sono stati aggiunti uno dalla stessa de la Mare e uno da Griggio (Griggio, 1992, pp. 12 s., 18 s.), ma alcune attribuzioni sono state revocate da Cesare Scalon (1991). Salvatico è talora copista principale o affianca il lavoro di altri copisti o decoratori; talora scrive per committenti o destinatari o possessori di livello elevato: oltre al Chigiano, il Consilium de universali preservatione contra venena scritto nel 1437 dal veneziano Pietro Tomasi per papa Eugenio IV, appena scampato a un tentativo di veneficio (Vat. Urb. lat. 1425), il De republica di Cicerone scritto per Leonello d’Este su committenza dell’umanista Tito Livio de’ Frulovisi (Reggio Emilia, Biblioteca civica, Turri F.92), la Vita Christi di Ludolfo di Sassonia con le armi dei Gonzaga (Vienna, Nationalbibliothek, 1379).
Fonti e Bibl.: A. Campana, Un nuovo dialogo di Lodovico da Strassoldo O.F.M. (1434) e il “Tractatus de potestate regia et papali” di Giovanni da Parigi, in Miscellanea Pio Paschini. Scritti di storia ecclesiastica, II, Roma 1949, pp. 138-141; A.C. de la Mare - C. Griggio, Il copista M. S. collaboratore di Francesco Barbaro e Guarnerio d’Artegna, in Lettere italiane, XXXVII (1985), pp. 345-354; V. Trentin, La biblioteca di Michele de Salvaticis monaco a Santa Maria di Praglia, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, facoltà di lettere, a.a. 1986-87; C. Scalon, Guarnerio e la formazione della sua biblioteca, in L. Casarasa - M. D’Angelo - C. Scalon, La libreria di Guarnerio d’Artegna, Udine 1991, pp. 22, 24 s., 27 e Catalogo, pp. 258, 312; C. Griggio, Copisti ed editori del “De re uxoria” di Francesco Barbaro, Padova 1992, passim; G.P. Mantovani - L. Prosdocimi - E. Barile, L’umanesimo librario tra Venezia e Napoli. Contributi su M. S. e su Andrea Contrario, Venezia 1993 (in partic. G.P. Mantovani, «Michael de Salvaticis» copista: un’identità ritrovata, pp. 7-26; L. Prosdocimi, Codici di Andea Contrario nel testamento di M. S., pp. 27-52 passim; E. Barile, M. S. a Venezia, copista e notaio dei Capi sestiere, pp. 53-101); E. Barile, Littera antiqua e scritture alla greca. Notai e cancellieri copisti a Venezia nei primi decenni del Quattrocento, Venezia 1994, pp. 37-47 e ad ind.; http://manus.iccu.sbn.it (15 giugno 2017), ad nomen.