REGIS, Michele
REGIS, Michele. – Nacque a Costigliole Saluzzo (Cuneo) il 22 dicembre 1777 da Giuseppe e da Giacoma Roberti.
La famiglia, stando alla professione di un fratello di Michele – Giorgio – apparteneva al ceto mercantile.
Al più tardi nel marzo del 1795 Regis si arruolò quale soldato nel reggimento piemontese di Lombardia. Rimase sotto le armi anche dopo che, nel dicembre del 1798, l’esercito francese assorbì quello dell’ex Regno di Sardegna. L’allontanamento di molti ufficiali permise a Regis di ottenere le spalline di sottotenente nel gennaio del 1799; militò probabilmente in quella prima mezza brigata di fanteria di linea, che aveva incorporato il reggimento di Lombardia. Nel luglio del 1800 transitò, ottenendo la promozione a tenente, nei Cacciatori piemontesi, un corpo più avanti ribattezzato prima mezza brigata di fanteria leggera e infine 31° reggimento leggero.
Nonostante le note caratteristiche di Regis fossero più che favorevoli (era giudicato «brave, actif, intelligent» sul finire del 1801, «officier zélé, ayant les moyens pour acquérir de l’instruction, conduite régulière» nel marzo del 1802 e «bon officier ayant plus de pratique que de théorie, d’un caractère doux et honnête, sert bien, tient une conduite sans reproches» nel settembre del 1803 (Ilari - Pauvert, 2011, p. 239), la sua carriera militare segnò a lungo il passo. Soltanto nel febbraio del 1807 divenne capitano e nella primavera-estate del 1813 capo battaglione (a proposito di quest’ultima promozione sono ipotizzate date diverse, pp. 112, 149 e 266).
Una voce raccolta da Goffredo Casalis e proveniente da ambienti vicini a Regis, se non dallo stesso ufficiale, attribuì la lentezza della carriera a una penalizzazione politica. Regis «fu uno dei pochissimi che votarono contro l’innalzamento di Napoleone al trono imperiale, locché tanto spiacque al gran conquistatore, che lasciollo durante quattordici anni nel grado di capitano: finalmente l’imperatore dopo una rivista accostatosi a lui, salutollo capo di battaglione; ed ei gli rispose colla sua naturale franchezza: Il est temps, Sire» (Casalis, 1848, p. 865).
Anche se mistifica in larga misura i fatti (Regis rimase capitano per ‘soli’ sei anni, due dei quali trascorsi in prigionia; forse il ricordo si riferisce alla sua promozione a capitano, che ebbe luogo quando il reggimento era a Parigi), l’aneddoto appare in ogni caso significativo sia perché testimonia la fedeltà di Regis a un’ideologia ‘rivoluzionaria’ e quindi una continuità tra le diverse stagioni attraversate dall’ufficiale, sia per l’accento posto sulla «sua naturale franchezza».
Il 31° reggimento leggero fu dal 1803 al 1809 di stanza sulle coste della Manica e dell’Atlantico, un soggiorno interrotto dalla partecipazione alla campagna di Germania del 1807-08 (combatté a Friedland). Nel 1809 fu inviato nella penisola iberica, dove rimase fino al 1813. Nel settembre del 1810 fu ferito nel corso della battaglia di Buçaco e fatto prigioniero dagli inglesi. Ritornò al suo reggimento nel settembre del 1812 dopo due anni trascorsi in Gran Bretagna (Casalis, 1848, p. 865) oppure, più probabilmente, in Portogallo, a Coimbra (Ilari - Pauvert, 2011, pp. 140, 222, 266).
Si distinse nelle ultime battaglie combattute dai francesi per arrestare l’invasione inglese della Francia meridionale, venendo ferito sia a Orthez nel febbraio del 1814, sia a Tolosa due mesi più tardi, la seconda volta piuttosto gravemente. Una volta sciolto il 31° reggimento leggero nel maggio del 1814, Regis fu congedato in giugno e ritornò a Torino insieme a quasi 700 suoi ex commilitoni.
Casalis scrive che Luigi XVIII gli offrì il grado di colonnello del reggimento, ma che «il prode Regis gli rispose che prima voleva offerire il suo braccio alla patria» (Casalis, 1848, p. 865), un beau geste che ha tutta l’aria di essere stato creato a posteriori.
In un primo tempo, Regis non riprese servizio nell’esercito piemontese, in quanto nella sua qualità di ex napoleonico avrebbe dovuto accettare la diminuzione di un grado. «Esponendo che in que’ giorni molto soffriva di sue ferite ancora aperte, chiese il suo ritiro, che gli fu conceduto, purché rimanesse alla disposizione del ministero coll’annua pensione di L. 800» (p. 866). Per altro «ristabilitosi in salute», fu, stando a Casalis e anche a Ferdinando Augusto Pinelli, «nel successivo novembre nominato luogotenente colonnello nella legione leggiera» (Pinelli, 1854, p. 410).
Di certo, nel maggio del 1815, fu aggregato alla brigata Savoia con il grado di capitano. Nel 1817 fu promosso maggiore, recuperando così il grado di capo di battaglione raggiunto nell’esercito francese, e nel marzo del 1820, nonostante fosse già stato oggetto delle attenzioni della polizia che «lo riteneva pericoloso» (Marsengo - Parlato, 1986, p. 189), divenne colonnello della brigata Savoia, ma in un Elenco militare anno 1818, s.n.t., il «cav. Regis» (p. 90) figurava con tale grado già nel 1818.
Quando, nel marzo del 1821, i liberali piemontesi promossero un moto per ottenere una costituzione, Regis diede il suo contributo favorendo la conquista della cittadella di Alessandria. A causa della defezione o del mancato coinvolgimento di altri alti ufficiali, si trovò a essere in prima fila fra i militari che avevano aderito al pronunciamento. Di qui la decisione della giunta provvisoria, che aveva preso il potere dopo la defezione di Carlo Alberto, di nominarlo maggior generale il 25 marzo e di affidargli il comando delle truppe costituzionali destinate a scontrarsi con i partigiani del nuovo re Carlo Felice, che erano agli ordini di Victor-Amédée Ferdinand Sallier de La Tour e avevano quale loro roccaforte Novara.
Santorre di Santarosa, ministro della Guerra e magna pars della giunta, avrebbe tentato di giustificare la nomina, scrivendo che Regis, un «militaire criblé de blessures et d’une valeur brillante», «était regardé comme un des meilleurs colonels de l’armée par tous les militaires et tous les amis de la liberté savent qu’il n’y eut jamais de meilleur citoyen»; inoltre gli riconosceva anche il discutibile merito che era «bien loin d’aspirer à un commandement supérieur» (Santarosa, 1821, p. 147). Molto più critico il generale francese Frédéric Guillaume de Vaudoncourt: Regis «était un brave bonhomme, sincèrement attaché a sa patrie, qui savait bien faire l’exercice à son regiment, mais il était d’une incapacité qu’on pourrait appeler classique, absolument sans caractère et hors d’état de prendre par lui-même une détermination décisive» (Vaudoncourt, 1835, p. 108).
Di fatto, quella di Regis era un’impresa disperata. Anzi, come avrebbe scritto Pinelli, «avanzare contro i regii e gli Austriaci era il colmo della follia» (Pinelli, 1854, p. 610). Le sue truppe non solo erano nettamente inferiori a quelle di La Tour, ma, dal momento che gli austriaci avevano deciso di intervenire a fianco dei reazionari, il rapporto di forza complessivo era di cinque a uno a favore del nemico (sarebbe stato di tre a uno sul campo di battaglia di Novara). Regis sperò fino all’ultimo che l’unica carta che poteva essergli favorevole – la defezione dei soldati di La Tour – uscisse dal mazzo. Questa speranza l’indusse a procrastinare l’offensiva e ad accettare delle trattative, che La Tour condusse soltanto allo scopo di permettere agli austriaci di arrivare ad appoggiarlo.
Gli avvenimenti successivi sottolinearono i limiti di quest’impostazione strategica. L’8 aprile le truppe costituzionali furono sorprese da un attacco austriaco quando ancora si trovavano in colonna – come scrisse Pinelli, «senza darsi il menomo pensiero di premunirsi da un attacco di fianco dal corpo austriaco, di cui ignorar non poteva il passaggio del Ticino, avanzava spensieratamente» (Pinelli, 1854, p. 614) – e furono messe in rotta, nonostante la difesa a oltranza di alcuni reparti, «sans que le général Regis ait donné signe de vie», esibendo in questo modo «une ineptie aussi impardonnable» (Vaudoncourt, 1835, p. 116), un’«inconcepibile imperizia» (Pinelli, 1854, p. 616).
Regis, come del resto la maggior parte degli ufficiali costituzionali, riparò in Spagna, a Tarragona. Nel 1823 combatté contro i francesi, che la Santa Alleanza aveva inviato contro i costituzionali spagnoli. «Cadut[o] quasi in disistima ai loro connazionali per la poca perizia militare spiegata nella sollevazione del 1821 in patria» (Pinelli, 1854, p. 640), Regis militò come semplice soldato di cavalleria. Fatto prigioniero dai francesi, gli fu concesso nel 1824 di risiedere a Clermont-Ferrand. Collaborò inizialmente con i mazziniani, ma non partecipò nel 1834 all’invasione della Savoia. Nel 1842 approfittò dell’amnistia (nel luglio del 1821 era stato condannato a morte) e rientrò in Piemonte, dove gli fu concessa una pensione annua di 600 lire.
Nel marzo-aprile del 1848 non solo gli fu riconosciuto dal governo costituzionale di Cesare Balbo il grado di generale, ma fu anche mandato a comandare la divisione militare di Genova. «Tenne con grande sua lode in tempo difficile quel comando pel corso di tre mesi, trascorsi i quali addimandò ed ottenne di esser posto a riposo, adducendo per motivi l’avanzata sua età, e le sue ferite» (Casalis, 1848, p. 866).
Morì celibe a Saluzzo, dove si era ritirato presso il fratello Giorgio, il 7 dicembre 1853.
Fonti e Bibl.: Saluzzo, Archivio storico comunale, Atti di morte, 1853, n. 472. S. di Santarosa, De la révolution piémontaise, Paris 1821, passim; F. Guillaume de Vaudoncourt, Quinze années d’un proscrit, III, Paris 1835, passim; G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, XVII, Torino 1848, passim; F.A. Pinelli, Storia militare del Piemonte in continuazione di quella del Saluzzo, II, Torino 1854, passim; P. Bosi, Il soldato italiano istrutto nei fasti militari della sua patria, Torino 1870, p. 499; C. Torta, La rivoluzione piemontese del 1821, Roma 1908, pp. 179-181; A. Segre, I profughi sardi del ’21 in Spagna. Appunti e documenti (1821-23), in Rassegna storica del Risorgimento, VIII (1921), f. straordinario, pp. 179-224; Enciclopedia militare, VI, Milano 1933, p. 458; I. Bellini, R. M., in Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937, pp. 40 s.; S. Carbone, Fonti per la storia del Risorgimento italiano negli Archivi di Parigi. I rifugiati italiani 1815-1830, Roma 1962, ad ind.; G. Marsengo - G. Parlato, Dizionario dei piemontesi compromessi nei moti del 1821, II, Torino 1986, ad vocem; V. Ilari - B. Pauvert avec P. Crociani, Le 31e Léger. Histoire d’un régiment piémontais de Napoléon (1799-1815), Roma 2011, ad indicem.