ALLEMANDI, Michele Napoleone
Nacque ad Ivrea il 13 giugno 1807. Suo padre aveva militato nell'esercito napoleonico, e alla caduta dell'impero era passato, in qualità di ufficiale dei Reali carabinieri, nell'esercito piemontese. Compromesso nei moti del 1821 ed esiliato, si era stabilito a Basilea, dove lo aveva seguito il figlio ancor giovinetto. Questi si dedicò, come il padre, alle armi e combatté nella Spagna e nel Belgio. Rientrato in Svizzera, prese parte onorevole alla guerra del Sonderbund, guadagnandosi il grado di colonnello federale. All'annuncio delle Cinque giornate di Milano, passò in Italia, e si presentò alla capitale lombarda ad offrire i suoi servigi al governo provvisorio, che lo nominò generale di brigata. Il decreto di nomina gli conferì "il comando supremo di tutte le compagnie mobili dei bravi volontarî lombardi, svizzeri, genovesi, ecc., i quali per slancio di patriottismo si recarono innanzi a molestare la ritirata dell'inimico e bersagliarlo senza posa". I volontarî lo accolsero però con diffidenza, perché a loro sconosciuto. Durante il mese di aprile del 1848, ordinò i suoi uomini in quattro "colonne" al comando rispettivamente del Manara, del Longhena, dell'Arcioni, del Thannberg. Con esse operò diversioni dal territorio bresciano avendo per obiettivo le comunicazioni attraverso il Trentino della piazza di Verona (nella quale si era rifugiato il Radetzky), prefiggendosi così di agevolare le operazioni dell'esercito regolare piemontese sulla linea del Mincio. Alcune colonne da Salò attraverso il basso Garda giunsero alla costa fra Bardolino, Lazise e Cisano, e di lì fin sulla strada Peschiera-Verona. Altre si spinsero a nord, nel cuore del Trentino, fino a Malè. Dovunque avvennero numerosi piccoli scontri con reparti austriaci. Ingrossate le difese nemiche, l'A. chiese rinforzi, dapprima al comando supremo piemontese in Volta, poi al governo provvisorio di Milano. Ma nulla ottenne. La scarsa omogeneità degli elementi, l'armamento insufficiente, la poca perizia della speciale guerra di montagna, il mancato affiatamento fra capo e gregarî e il malvolere o la diffidenza di chi governava la guerra tolsero all'A. la possibilità di continuare negli sforzi animosamente iniziati. Presentò le dimissioni, che furono accettate, e si ritirò a vita privata in Svizzera. Morì a Basilea il 13 febbraio 1858.