MAZZARINO, Michele
MAZZARINO (Mazzarini), Michele (al secolo Alessandro). – Nacque a Pescina, nei pressi de L’Aquila, il 1° sett. 1605, secondo figlio di Pietro e di Ortensia Bufalini; fu fratello del cardinale Giulio.
Nel 1620 entrò in religione nell’Ordine domenicano, nel convento di S. Maria sopra Minerva a Roma, e scelse il nome di Michele in memoria del prozio, il cardinale Michele Bonelli. Nel 1624 fu assegnato al convento di S. Maria della Quercia a Viterbo, quindi si spostò a Bologna per seguire il corso di teologia di Tommaso Turco nello Studio dell’Ordine. Tornò poi al convento romano della Minerva a insegnare teologia. A causa della mancanza di preti nel convento domenicano di Firenze e in virtù di una dispensa pontificia dell’11 dic. 1628, ricevette l’ordinazione sacerdotale. Dopo una missione a Venezia su mandato del maestro generale dell’Ordine, prima del 1635 divenne provinciale delle Puglie, incarico che mantenne anche quando, il 10 nov. 1635, fu nominato visitatore della provincia domenicana di S. Pietro Martire. Il 21 nov. 1637 il maestro generale Niccolò Ridolfi gli affidò l’incarico di vicario della provincia romana, della quale il 20 apr. 1638 fu eletto provinciale. In quegli anni godette della piena fiducia del maestro generale, che gli affidò, su sollecitazione del cardinale Antonio Barberini, la sua prima missione importante, in Francia, dove il fratello Giulio collaborava all’azione di governo del cardinale Armand-Jean Du Plessis de Richelieu. Il M. partì nell’ottobre 1640 con l’incarico di dirimere gravi contrasti interni all’Ordine e con la missione di ottenere il richiamo dell’ambasciatore straordinario presso la S. Sede François-Annibal d’Estrées, marchese di Coeuvres, la cui condotta aveva acuito la tensione tra Luigi XIII e il nunzio apostolico a Parigi Ranuccio Scotti. Alla trattativa era collegata anche la promozione cardinalizia di Giulio Mazzarino, che sarebbe rimasta in sospeso finché i contrasti non fossero stati risolti. Il M. fu ricevuto dal re il 29 dic. 1640. Alla partenza, alla fine del febbraio successivo, il suo negoziato era pressoché risolto.
Al ritorno in Italia il M. seppe approfittare con grande tempestività del conflitto apertosi tra Urbano VIII Barberini e il maestro dei domenicani N. Ridolfi, dovuto anche al ruolo avuto da quest’ultimo nell’alleanza matrimoniale tra le famiglie Aldobrandini e Borghese. Riuscì a divenire vicario generale dell’Ordine e durante un capitolo tenutosi a Genova e nella vicina Cornigliano nell’ottobre 1642, di cui egli ottenne la presidenza, fu votata la deposizione di Ridolfi e il M., con il sostegno del partito filofrancese in seno all’Ordine, fu eletto maestro generale. Gli oppositori della manovra, i padri spagnoli, fiamminghi e tedeschi, si riunirono nuovamente a Cornigliano ed elessero maestro generale l’aragonese Tommaso di Roccamora. Dinanzi alla situazione di disordine venutasi a creare, il papa con un breve del 20 marzo 1643 annullò sia la deposizione di Ridolfi sia le due elezioni successive. Il M. negoziò comunque una uscita di scena dignitosa, ottenendo, con un breve del 3 febbr. 1643, la nomina a maestro del Sacro Palazzo.
Per quanto il ruolo di maestro del Sacro Palazzo durante la sede vacante fosse limitato e benché il M. fosse vicino ai diplomatici francesi a Roma, al momento del conclave succeduto alla morte di Urbano VIII (29 luglio 1644) egli prese posizioni piuttosto indipendenti. Contro gli ordini espressi del fratello, caldeggiò presso l’ambasciatore straordinario francese Melchior Mitte de Chevrières, marchese di Saint-Chamond, la candidatura del cardinale Giovanni Battista Pamphili. Dopo l’elezione di Pamphili (Innocenzo X) si riallineò tuttavia agli interessi francesi, assestandosi sulle posizioni di politica ecclesiastica dettate dal fratello. L’esercizio della carica di maestro del Sacro Palazzo divenne ogni giorno più complicato a causa delle pressioni spagnole in Curia. Approfittò quindi della vacanza, per decesso, dell’arcivescovato di Aix-en-Provence per farsi nominare a capo di questa arcidiocesi su richiesta del re di Francia. Preconizzato nel concistoro del 10 luglio 1645, ricevette il pallio il 31 luglio e prese possesso della diocesi il 28 ottobre.
Le strette relazioni con il potere regio francese, nelle mani della reggente Anna d’Austria e del fratello del M., Giulio, gli permisero nel gennaio 1646 di ottenere delle lettere patenti che lo autorizzavano a «enclore dans la ville le faubourg Saint-Jean, le jardin et les près de l’archevéché, depuis le boulevard jusqu’à la porte des Augustins, y faire à ces fins des fossés, murailles, portes et pont-levis, tours et tourelles» (Aix-en-Provence, Archives municipales, AA.13, cc. 503-507). Di fatto egli ottenne il diritto di ingrandire la città su terreni che appartenevano in gran parte alla Chiesa. Il 14 luglio 1646 concluse un contratto con il governo cittadino per la realizzazione del nuovo quartiere, destinato a raddoppiare la superficie di Aix e che ancora oggi porta il nome di Quartier Mazarin. Nel dicembre 1646 cedette per 45.000 libbre tornesi tutti i suoi diritti al gentiluomo Michel d’Elbène de Ponssèvre, prestanome del grande finanziere Jean-Henry Hervart, molto legato a Giulio Mazzarino. Inoltre, nel 1647 ottenne in commenda l’abbazia bretone di Notre-Dame du Bon-Repos, nella diocesi di Quimper.
Durante il periodo trascorso ad Aix il M. servì il fratello sorvegliando nel porto di Tolone, nella primavera 1646, i preparativi della spedizione contro lo Stato dei Presidi toscani, Orbetello e Piombino. All’inizio del 1647 Giulio gli promise il cappello cardinalizio e, per accelerare l’esito di questo negozio, il M. lasciò in tutta fretta la Provenza per Roma, dove giunse il 10 giugno 1647. Dopo diversi mesi di trattative, in cui ebbe un ruolo fondamentale l’ambasciatore francese François du Val, marchese di Fontenay-Mareuil, il 7 ottobre ottenne la porpora su proposta del re di Polonia Ladislao IV Wasa. Il 16 dicembre ricevette il titolo di S. Cecilia. Il 23 ott. 1647 il cardinale Girolamo Grimaldi scrisse al cardinale Francesco Barberini che la sua nomina era da considerare «la certa caparra» e che in breve gli interessi della casa Barberini si sarebbero ristabiliti a Roma (Costantini, p. 191).
Il M. non divenne un cardinale di Curia. Ripartì subito per servire la Francia e il fratello. Il 22 ott. 1647 ricevette la carica di viceré della Catalogna, che la Francia occupava da diversi anni dopo la rivolta contro la monarchia spagnola. Munito di istruzioni datate lo stesso giorno, si recò senza entusiasmo in quella regione e il 28 febbr. 1648 entrò a Barcellona. Per le operazioni militari doveva essere coadiuvato da un maresciallo, ma meno di due mesi dopo lasciò la Catalogna senza autorizzazione e rientrò a Roma, con vivo disappunto del fratello Giulio. Le ragioni di questa partenza non sono ben note: la scarsa attrattiva dell’incarico, le voci di un conclave imminente cui egli avrebbe dato credito con una certa leggerezza o ancora il desiderio di approfittare della congiuntura politica creata a Napoli dalla rivolta antispagnola di Masaniello (Tommaso Aniello d’Amalfi). Alla fine del 1647 vi furono diversi tentativi, a opera dell’abate Ranuccio Baschi, di mettere il M. al posto di Enrico di Lorena, duca di Guisa, come candidato filofrancese per il governo che si sarebbe potuto costituire a Napoli in caso di cacciata degli Spagnoli.
Dopo un ultimo viaggio a Parigi nel giugno 1647, il M. lasciò definitivamente la capitale francese alla vigilia della Fronda, al principio di agosto 1648.
Il M. morì a Roma, dopo cinque giorni di malattia, il 31 ag. 1648. Fu sepolto in S. Maria sopra Minerva. Lasciò 14.000 scudi di debiti che il padre Pietro fece pagare alla sua morte, nel 1654.
I contemporanei diedero giudizi differenti sul Mazzarino. Fu di volta in volta lodata la sua pietà o al contrario stigmatizzato il carattere violento e impulsivo. Gli storici, a loro volta, hanno spesso considerato la sua condotta con severità, senza dubbio condizionati dal parallelo schiacciante con il fratello Giulio. Ricondotto al contesto romano, il suo profilo non è quello di un «enfant gaté aux allures d’aventurier parvenu» (de Mun, p. 530), quanto piuttosto quello di un cadetto destinato al clero regolare, che riuscì, sfruttando tutti i mezzi a sua disposizione, ad aprirsi un difficile cammino verso l’affermazione personale.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza del M. con il fratello Giulio è conservata per lo più nelle carte di quest’ultimo a Parigi, Archives du Ministère des Affaires étrangères, Correspondance politique, Rome e Mémoires et documents, France. Il breve soggiorno ad Aix è poco documentato: Marsiglia, Archives départementales des Bouches-du-Rhône, Fond de l’archevêché d’Aix, 1.G.153; Aix-en-Provence, Archives municipales, AA.13, cc. 503-515; AA.55, cc. 6-8v; Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds français, 4176, cc. 190-205; G. de Mun, Un frère de Mazarin, le cardinal de Sainte-Cécile (1607-1648), in Revue d’histoire diplomatique, XVIII (1904), pp. 497-530; D.A. Mortier, Histoire des maîtres généraux de l’Ordre des frères prêcheurs, VI, 1589-1650, Paris 1913, ad ind.; G. Dethan, Mazarin, un homme de paix à l’âge baroque, 1602-1661, Paris 1981, pp. 18, 21, 29 s., 32-35, 41, 75, 196; M. Laurain-Portemer, Études Mazarines, I, Paris 1981, pp. 26, 28, 37, 83, 87, 94, 208, 263, 300; II, Une tête à gouverner quatre empires, ibid. 1997, pp. 14, 607 s., 666, 672, 678, 685, 690, 739; A. Musi, La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca, Napoli 1989, pp. 216, 248; C. Costantini, Fazione urbana. Sbandamento e ricomposizione di una grande clientela a metà del Seicento, in Quaderni di storia e letteratura, IV (1998), ad ind. (disponibile on-line sul sito http://www.quaderni.net); C. Dulong, Mazarin et l’argent. Banquiers et prête-noms, Paris 2002, pp. 57, 66, 104, 133, 205-207, 216; N. Maillard, Droit, réforme et organisation nationale d’un Ordre religieux en France: le cas de l’Ordre des frères prêcheurs (1629-1660), Toulouse 2005, pp. 47-51.