MANCINO, Michele
Nacque a Genzano di Lucania l'8 sett. 1896 da Giuseppe Antonio e da Angela Giordano: famiglia contadina, padre socialista. Dopo le scuole elementari fu bracciante nelle estese proprietà latifondistiche della valle del Bradano e presto fu influenzato dal movimento e dalla cultura socialisti, che approfondì durante la guerra mondiale a contatto con i commilitoni settentrionali.
Smobilitato dall'Esercito alla fine del 1919, nel 1920 lavorò alla costituzione di un'organizzazione sindacale che raccogliesse le diverse figure contrattuali (braccianti, salariati fissi, fittavoli, mezzadri ecc.), sul modello delle esperienze di Spinazzola e Minervino Murge. Stabilì dunque rapporti con la federazione socialista di Potenza, presso la quale lavorò per alcune settimane nell'estate 1920; nella federazione, la cui politica era indirettamente influenzata da E. Ciccotti, il M. constatò però la sostanziale assenza delle problematiche del lavoro agricolo e iniziò a simpatizzare per la frazione comunista. Nel settembre dello stesso anno, a Genzano, fu tra gli organizzatori dello sciopero dei braccianti e dei salariati fissi per il rinnovo contrattuale; nel successivo novembre subì un arresto per il quale fu trattenuto fino al febbraio 1921.
Lo squadrismo agrario, specie nelle zone bracciantili (in Basilicata di derivazione "pugliese", in particolare ispirato da G. Caradonna), fiaccò le resistenze nel mondo della terra, mentre il controllo di polizia rese più difficile e poi impossibile il lavoro politico, se non in forma semiclandestina.
Il M., che in quei mesi era rimasto in contatto con la corrente massimalista potentina, ai primi del 1924, su indicazione di A. Bordiga, costituì la federazione comunista della Basilicata (un pugno di iscritti, prevalentemente di Genzano) e durante i primi anni del fascismo tenne i rapporti tra i nuclei comunisti, specie nel Melfese, e il centro del partito a Napoli.
Si era intanto appassionato, da autodidatta, ai temi della questione agraria divenuti, per opera di A. Gramsci e di dirigenti come R. Grieco e G. Di Vittorio, parte integrante della proposta politica del meridionalismo comunista. Partecipò dunque alla conferenza meridionale del partito, che si svolse in forma clandestina a Bari il 12 sett. 1926.
In una relazione sul convegno, Grieco lo segnalò tra i "compagni contadini [(] i quali, se persevereranno a studiare e ad appassionarsi a questo importante problema, potranno dare un aiuto prezioso ed utilissimo" (Biscione).
L'11 marzo 1927 fu arrestato su mandato del Tribunale speciale e il 3 maggio 1928 condannato a otto anni di reclusione. In carcere, a Perugia ma soprattutto a Viterbo, poté approfondire la formazione politica e culturale anche a contatto con E. Sereni, V. Spano e altri antifascisti.
L'11 nov. 1932 fu scarcerato per amnistia e, non avendo dato segni di ravvedimento, fu sottoposto a vigilanza. Si era trasferito ad Acerenza, dove si era sposato, e aveva continuato a lavorare, a studiare e a tenere viva come poteva la bandiera del comunismo tra i contadini della zona, in attesa della grande rottura rivoluzionaria, che avvenne nel 1943 allorché la fine del fascismo nel Mezzogiorno liberò la rabbia antica, a lungo repressa, di un universo negletto e disperato.
La risposta del M. fu l'edificazione del partito in Basilicata. Ricostruì la rete dei militanti della regione, partecipò al convegno di Bari dei Comitati di liberazione nazionale (CLN) del 28-29 genn. 1944 e ai primi del maggio successivo discusse con P. Togliatti, a Salerno, le linee e le strategie per la costituzione della federazione comunista della Basilicata (M. Mancino, Lotte contadine, pp. 85-92, 113-120). Il congresso costitutivo si svolse a Potenza il 21 maggio 1944, alla presenza di Togliatti, e il M., relatore sull'organizzazione di massa, fu eletto segretario della federazione, scelta che imprimeva al Partito comunista italiano (PCI) in Basilicata una forte caratterizzazione in senso classista e indicava la determinazione comunista a creare un radicamento nella popolazione lavoratrice, in particolare nelle campagne.
La nomina del M. suscitò alcune tensioni, alimentate soprattutto dal ceto urbano antifascista del capoluogo, che portarono alla paralisi della federazione. La situazione di stallo fu superata nel 1945 con la nomina a segretario di A. Esposto.
Il passo successivo del M., nell'estate-autunno 1944, fu l'impegno nell'organizzazione delle lotte per l'applicazione dei decreti Gullo, in particolare nel Melfese e nell'alta valle del Bradano in relazione all'attribuzione del 50% del prodotto ai coltivatori, sulla quale massima era la resistenza dei proprietari che minacciavano sfratti e ritorsioni. A ciò seguì, nel settembre, l'organizzazione delle occupazioni delle terre, atavica aspirazione del mondo contadino e strumento di pressione sul governo per l'approvazione del relativo decreto (promulgato nell'ottobre); ma per coordinare l'insieme delle pulsioni provenienti in modo spontaneo e disordinato dal mondo rurale era necessario costruire adeguati organismi sindacali, in particolare la Federterra, nata insieme e nei primi tempi confusa con le strutture del partito, alla cui direzione il M., parzialmente sgravato dalla responsabilità della federazione, diede dalla fine del 1944 il suo maggior contributo.
Partecipe del gruppo dirigente meridionale del PCI, il M. fu designato alla Consulta nazionale (istituita nell'aprile 1945, che lavorò dal settembre al 1( giugno 1946). Fu quindi segretario della Camera del lavoro provinciale di Potenza dal 1947 al 1955 e nel 1952 fu eletto consigliere comunale a Potenza. Fu eletto al Senato nella II e III legislatura (1953-63), nelle quali fu membro delle commissioni permanenti Lavoro e previdenza sociale (1953-60) e Igiene e sanità (1960-63). Dal 1956 al 1960 fu sindaco di Genzano di Lucania. Dagli anni Sessanta visse nel Lazio, a Guidonia e a Latina, dedicandosi prevalentemente agli studi e alla memorialistica.
Pubblicò interventi in convegni: Testimonianza sulle lotte contadine dal '44 al '50 in Basilicata, in Annali dell'Istituto A. Cervi, [III] 1981, pp. 425-434; Le condizioni di vita feudale nelle campagne del Potentino, in Campagne e fascismo in Basilicata e nel Mezzogiorno. Atti del Convegno, Potenza, 1978, Manduria 1981, pp. 257-278; Sulle carceri fasciste: memorie di un protagonista, ibid., pp. 365-380) e alcuni libri (tutti per l'editore Galzerano di Casalvelino Scalo): Lotte contadine in Basilicata, presentazione di T. Pedio, 1983; I mali dell'emigrazione, 1985; Latifondo e contratti agrari nel Mezzogiorno, presentazione di P. Di Siena, 1986; Maschito. La prima Repubblica in Italia, prefazione di M. Mammucari, 1992; Memorie di un comunista, prefazione di E. Santarelli, 1994. Pur se non si può parlare di storiografia, questi scritti, specie gli autobiografici, costituiscono una testimonianza significativa, e nel loro genere pressoché unica, di un percorso e di un'epoca.
Il M. morì a Latina il 25 sett. 1995.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, ad nomen (in alcune note erroneamente schedato come Mancini; il fascicolo è largamente riportato nelle Memorie); Atti parlamentari, Consulta nazionale e Senato della Repubblica, II e III legislatura, ad indices; Verbali del Consiglio dei ministri. Luglio 1943 - maggio 1948, V, 1, a cura di A.G. Ricci, Roma 1995, pp. 413, 597; P. Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-45, Milano 1973, p. 396; N. Calice, Partiti e ricostruzione nel Mezzogiorno. La Basilicata nel dopoguerra, Bari 1976, pp. 19, 53 s., 58, 145 s.; F.M. Biscione, Rivoluzione e contadini del Sud nella politica comunista 1921-26, in Italia contemporanea, marzo 1983, n. 150, p. 50; N. Calice, Il PCI nella storia della Basilicata, Venosa 1986, ad indicem.