LONIGO, Michele (Michele Antonio)
Nacque a Este, nel terziere di S. Tecla, il 10 marzo 1572, dal notaio Biagio e da Caterina Cortona, terzogenito di sei figli. L'atmosfera di dotta erudizione respirata in famiglia e le agiate condizioni economiche favorirono la sua già innata inclinazione agli studi, sicché non gli riuscì difficile conseguire il titolo dottorale in teologia e in utroque iure. Nel 1595 fu ascritto al capitolo della cattedrale di Este in qualità di canonico teologo. Ordinato sacerdote nel 1597, fu coadiutore semplice di un anziano parroco per circa un anno. Vinse, quindi, per concorso la parrocchia di Villa di Carmignano, presso Este, dove rimase fino al 1601, quando giunse a Roma al servizio di Giovanni Antonio Facchinetti, cardinale dei Ss. Quattro Coronati, che intorno al 1602 gli procurò la nomina ad arcidiacono della collegiata di Este. Da allora smise di esercitare con regolarità il ministero pastorale per servire il suo protettore.
Ricevuto da questo l'incarico di ordinare e annotare alcuni antichi documenti pontifici, ne trasse diverse copie di pregevole fattura, che poté in seguito tenere presso di sé. Nel corso di una discussione tra Facchinetti e il cardinale Bartolomeo Cesi intorno alla monarchia di Sicilia, il L. ebbe l'opportunità di intervenire, riferendo quanto aveva appreso sull'argomento dai documenti in suo possesso. Cesi, favorevolmente impressionato dalla sua competenza in materia, volle incontrarlo e manifestargli il proprio apprezzamento. Alla morte di Facchinetti, nel 1606, il L. tornò a dedicarsi per un breve periodo alla cura delle anime, celebrando ogni mattina la messa in S. Pietro. Passò, quindi, al servizio di Cesi, per incarico del quale compilò estratti e compendi di una gran quantità di scritture e registri d'archivio, che il cardinale presentava al papa Paolo V.
Cesi si avvalse inoltre dell'opera e delle competenze del L. per realizzare il progetto di un archivio centrale della S. Sede, il futuro Archivio segreto Vaticano. Proprio a tale scopo e per garantirgli piena libertà di azione, il pontefice, con breve del 3 maggio 1607, nominò il L. pubblico notaio e tabellione, incaricandolo di raccogliere i documenti più antichi della Sede apostolica in Castel Sant'Angelo, con facoltà di redigerne copie autentiche. Pochi anni dopo, il 27 ott. 1610, gli conferì la carica vitalizia di prefectus registrorum ac bullarum Bibliothecae Vaticanae, ponendolo alle dipendenze del cardinale bibliotecario Scipione Borghese e del custode della Biblioteca Vaticana, Baldassarre Ansidei. Nell'esercizio della sua nuova funzione il L. gestì i vari trasferimenti di materiale archivistico da diversi uffici della Curia al nuovo archivio, ubicato presso il palazzo apostolico, redigendo di tutte le operazioni accurata relazione (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 10247). Il 31 genn. 1612 Paolo V nominò Ansidei custode e pubblico ufficiale del nuovo archivio, creando così le premesse per un conflitto di competenze tra questi e il L., il quale, in virtù del proprio breve di nomina, godeva di ampie facoltà nella consultazione e gestione dell'archivio, dei cui armadi deteneva le chiavi.
In effetti, l'attività del L. fu in quegli anni instancabile e quanto mai produttiva: non di rado soleva trattenersi nel suo studio oltre l'orario di chiusura dell'archivio e recarvisi talora anche nei giorni festivi, sempre intento a compiere ricerche e a stendere memoriali. Di lui Giuseppe Garampi apprezzò la laboriosità, criticandone però l'insufficiente accuratezza nello spoglio delle fonti. Oltre alla compilazione dei sessantaquattro volumi contenenti copie autentiche di documenti tratti dai Registri vaticani (Arch. segreto Vaticano, A.A., Arm. I-XVIII, 1224-1287) e alla redazione di veri e propri indici e cataloghi d'archivio per mandato del pontefice, in ordine alla trattazione e risoluzione di questioni di governo temporale (De auctoritate summi pontificis circa statum Romani Imperii; Iura Sedis apostolicae in Regno Angliae; Iura Sedis apostolicae in Regno Aragoniae; Iura Sedis apostolicae in civitate Comachi, ecc.), il L. scrisse anche di liturgia, fornendo pareri su diversi argomenti (Caeremoniale Romanum cum notis; De electione Romani pontificis; De vestibus summi pontificis et S.R.E. cardinalium; Varia caeremonialia eruta ex antiquis libris et ex diariis saeculi XV et XVI, ecc.), e di diritto (Formae citationis canonicae, rescripti, excommunicationis, electionis canonicae, appellationis et compositionis; Vota quaedam iuris; Duo compendia regularum iuris, ecc.), attingendo sempre, fra l'altro, al ricchissimo patrimonio dell'archivio papale, che tanto bene conosceva.
La sua fama di erudito era ben nota a Roma, al punto di essere chiamato "oracolo de' forestieri". Tuttavia, la sua indole non certo umile e dimessa gli attirò i malumori dei notai della Camera apostolica, nei riguardi dei quali si mostrava sospettoso e ostile, e dei pochi eruditi che avevano accesso all'archivio per diverse ricerche, ai quali poneva restrizioni di ogni tipo quanto alla consultazione dei documenti. Poté contare sempre, invece, sul favore del pontefice che, il 15 giugno 1612, certamente in considerazione delle sue provate competenze liturgiche, lo nominò maestro delle cerimonie della cappella papale e il 4 marzo 1614 ne estese le facoltà nell'esercizio dell'ufficio notarile, conferendogli la pienezza di ogni potere in quacumque parte mundi; pochi giorni dopo, l'8 marzo, lo nominò protonotaro apostolico. Infine, il 25 nov. 1614, gli accordò la facoltà di percepire in absentia le rendite che gli derivavano dal beneficio ecclesiastico di S. Giovanni in Laterano.
La benevolenza del pontefice non valse, però, a evitare al L. un processo penale intentatogli a seguito di diverse denunce di abuso d'ufficio, per via di certe copie di documenti d'archivio da lui eseguite dietro compenso e senza autorizzazione, nonché di relazioni amorose con la sua padrona di casa, Margherita Crescentini. La notte del 25 luglio 1617 fu arrestato nel suo alloggio, presso palazzo Rusticucci a Borgo Nuovo, e condotto a Castel Sant'Angelo. Tutti i libri e gli scritti che teneva presso di sé furono sequestrati e consegnati a Niccolò Alamanni, nuovo custode della Biblioteca Vaticana. L'inchiesta appurò l'avvenuto invio di donativi di varia natura al L. da parte di eminenti personaggi per motivi spesso imprecisati e raccolse diverse testimonianze sulla condotta non sempre irreprensibile del Lonigo. Quanto al secondo capo d'accusa, sentite le deposizioni degli abitanti del quartiere e in seguito al confronto diretto fra i due presunti amanti, il L., dopo più di un mese di reticenze e dinieghi, ammise la propria colpevolezza. Il processo si concluse il 17 novembre con la condanna del L. a dieci anni di galera, che Paolo V, con chirografo del 19 novembre, subito commutò in altrettanti anni di carcere. Nell'aprile del 1621 il L. chiese e ottenne la revisione del processo dal nuovo pontefice Gregorio XV, che accolse l'istanza e in seguito gli restituì la libertà.
Nonostante l'incresciosa vicenda processuale egli continuò a frequentare la Biblioteca Vaticana come privato studioso grazie al favore di cui godeva presso Maffeo Barberini, salito intanto al soglio pontificio col nome di Urbano VIII, che il L. aveva conosciuto durante i primi anni in cui frequentava l'Archivio di Castello su incarico del cardinale Cesi. Il pontefice stesso richiese spesso il suo parere su numerose questioni storico-giuridiche e proprio a Urbano VIII sono dedicati gli scritti degli ultimi anni della sua vita (Lettera alla santità di n.s. papa Urbano VIII sui prefetti di Roma; Della dignità del prefetto di Roma ad Urbano VIII).
Il L. morì a Roma il 9 sett. 1638.
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