MICHELE IV imperatore d'Oriente
Fu elevato al trono (1034) dall'imperatrice Zoe che, dopo averlo avuto per amante, lo sposò il giorno stesso della morte - provocata - del suo primo marito Romano III Argiro, avendo essa circa 56 anni di età. Era originario della Paflagonia e dovette la sua fortuna alla sua bellezza, e agli intrighi di un suo fratello, l'eunuco Giovanni, che lo aveva introdotto in corte e ne aveva favorito gli amori.
Arrivato al trono, egli elevò ai più alti gradi dell'amministrazione civile e militare i suoi parenti, uomini di bassa estrazione, allontanando dalla corte quanti avrebbero potuto dargli ombra o influire, contro di lui, sull'animo dell'imperatrice. Ma non mostrò né capacità né inclinazione per gli affari dello stato. Il governo fu retto non senza energia e abilità dal suo fratello Giovanni divenuto primo ministro; egli o per naturale disposizione o per il rimorso di aver ingannato e poi concorso alla morte di Romano III, si diede alla vita ascetica, fuggendo ogni contatto con l'imperatrice, moltiplicando i pellegrinaggi, fondando e colmando di doni chiese e monasteri, cercando la compagnia dei monaci. Dal suo torpore mistico si scosse nel 1040 movendo contro i Bulgari che si erano ribellati. Egli domò la rivolta, ma commise l'errore di togliere ai Bulgari quell'autonomia politica ed ecclesiastica che aveva loro accordata, dopo averli sottomessi, Basilio II. Dalla spedizione M. tornò ammalato. Aveva già, prima di partire, indotto Zoe ad adottare come figlio e a nominare cesare un suo nipote, anche lui di nome Michele, nato da una sua sorella e da certo Stefano, operaio calafato, che era stato elevato alla dignità di patrizio. Aggravandosi il suo male, ai primi di dicembre 1041 M. si fece trasportare nel convento di S. Argiro, dove morì il 10 dicembre.
Bibl.: C. Ducange, Historia byzantina, Parigi 1680, p. 145; G. L. Schlumberger, L'épopée byz. à la fin du Xe siècle, III: Les Porphyrogénètes Zoé et Théodora (1025-1057), Parigi 1905; Ch. Diehl, Zoé la Porphyrogènéte, in Figures byzantines, s. 1ª, Parigi 1920.