MOREI, Michele Giuseppe
MOREI, Michele Giuseppe. – Nacque a Firenze, probabilmente nel 1695, da Antonio, funzionario al servizio del cardinale Francesco Maria de’ Medici (e amico di Giovan Battista Fagioli), e da Anna Hebb.
Da fanciullo, quando abitava «dell’Arno alla sinistra parte» (Poesie, Roma 1745, p. 257), la madre lo intratteneva narrandogli le storie degli eroi della Bibbia, che diventeranno poi oggetto delle sue composizioni poetiche di carattere religioso per la festività dell’Arcadia. Presto si trasferì a Roma e frequentò il convitto del Seminario romano, dove, giovanissimo, si segnalò recitando nella classe di retorica le sue prime poesie in latino.
Cinque elegie di argomento religioso o encomiastico (sulla brevità della vita, sul sogno della Croce, sul Cristo crocefisso, sul cardinale Pietro Ottoboni e sul principe Ferdinando de’ Medici) e un lungo carme su Gedeone vittorioso dei Madianiti sono trascritti in un quadernetto alla Biblioteca Angelica di Roma (Arcadia, 36, cc. 202r-214r).
Una nota apposta da una mano settecentesca, datando i componimenti tra il 1708 e il 1709 all’età di quindici e sedici anni, anticiperebbe la nascita di Morei al 1693.
Nel 1711, già beneficiario del canonicato della basilica di S. Maria Maggiore, entrò in Arcadia col nome di Mireo Rofeatico (Roma, Biblioteca dell’Arcadia, Catalogo de’ Pastori Arcadi, Crescimbeni, reg. II, n. 1212), recitando nel Bosco Parrasio il Sognum (Carmina, Roma 1762, pp. 5-10) e altri versi in latino e italiano. Pochi anni più tardi Giovanfrancesco Crescimbeni inserì alcune sue composizioni fra le Rime degli Arcadi (tomi II, VII, VIII, Roma 1716-20). Eletto fra i XII Colleghi d’Arcadia, fu tra i compilatori delle Notizie istoriche degli Arcadi morti.
Sue sono le vite di Filippo Corsini, Benedetto Menzini, Vincenzo Filicaia, Filippo Acciaiuoli e del cardinale Francesco Maria Corsini (I, Roma 1720); seguirono quelle del cardinale Filippo Nuzzi (II, ibid. 1720), di Giuseppe Domenico De Totis, di Giovanni Enriquez, del principe Filippo Maurizio di Baviera e di Pietro Paolo Paluzzi (III, ibid. 1721).
Ebbe un ruolo determinante nella complessa architettura della Festa poetica celebrata nel palazzo della Cancelleria del cardinale Pietro Ottoboni il 4 gennaio 1722. Una sua Elegia, nella quale egli stesso interpretò uno degli interlocutori, fece da cornice a una sinfonia di Giovanni Battista Costanzi e a una Cantata dello stesso Morei, a sua volta divisa in tre parti per introdurre prose accademiche e componimenti di altri arcadi (Rime degli Arcadi, IX, Roma 1722, pp. 261-293). A questo primo incontro con la musica seguì Il Sacrificio di Jefte, oratorio a due voci musicato da Domenico Sarro, rappresentato al Seminario romano il 1° marzo 1726. L’anno successivo, per l’istruzione del giovane Pier Luigi Strozzi, Morei compose il Ragionamento intorno all’Eneida di Virgilio, dettato in cinque giorni al compastore Niccolò Antonelli e pubblicato solo due anni dopo (Roma 1729) per ricordare l’allievo prematuramente scomparso. A Strozzi aveva precedentemente dedicato un’epistola latina in versi sull’educazione, incentrata sulla virtù della carità e sull’esercizio prudente della ragione per favorire una lettura critica degli autori antichi. Per gli allievi del Seminario romano, in occasione del carnevale del 1728, si cimentò nella scrittura di una tragedia in endecasillabi sciolti, Il Temistocle (Roma 1729), con sole parti maschili.
Stampato a Roma da Antonio De Rossi e dedicato al cardinale Filippo Ludovico Sintzendorf, che in gioventù era stato compagno di collegio di Morei, Il Temistocle è ispirato a un aneddoto tratto dai Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo (V, 6, ext. 3), e riprende il tema sacrificale già presente nell’Oratorio musicato da Domenico Sarro. Il condottiero ateniese, che per l’invidia dei concittadini era stato costretto a rifugiarsi tra i Persiani, per non combattere contro la patria si avvelena bevendo una coppa di sangue del toro da lui offerto in sacrificio.
Nel 1740 uscì la prima edizione dei Carmina, dedicato a Federico Cristiano re di Polonia e principe elettore di Sassonia, che raccoglieva la già cospicua produzione poetica in latino di Morei, e due anni dopo la traduzione in ottava rima del Rapimento di Proserpina di Claudiano (Roma 1743). Su invito di monsignor Giuseppe Ercolani, Morei ne aveva completato la versione lasciata interrotta al secondo libro da Florido Tartarini, traducendo interamente il terzo libro e aggiungendo una conclusione originale (III, ott. LXVIII-LXXVIII) al poema latino incompiuto.
Dello stesso anno è anche l’opera più nota di Morei, l’Autunno tiburtino di Mireo pastore arcade (Roma 1743). Alternando i versi alla prosa, ispirandosi nella struttura all’Arcadia di Iacopo Sannazaro e all’Accademia Tuscolana di Benedetto Menzini, Morei, divenuto frattanto procustode d’Arcadia, rievoca con serena e pacata malinconia le riunioni arcadiche nella villeggiatura di Tivoli nell’autunno successivo alla morte di Giovanfrancesco Crescimbeni. Celebrando fin dalle prime pagine il mito della Repubblica letteraria realizzato in Arcadia dal primo custode, Morei finì col presentarsi come il candidato più adatto alla guida dell’Accademia alla morte di Francesco Lorenzini. Fu infatti eletto custode generale alla fine del 1743, alla seconda votazione, usufruendo di un’ampia maggioranza.
A un anno dall’elezione espose l’indirizzo del suo custodiato in un discorso al Bosco Parrasio, valendosi di un’immaginosa allegoria (che può ricordare la visione di Pier Jacopo Martello nel Commentario anteposto al suo Canzoniere).
In sogno, nei Campi Elisi, appaiono a Morei i due primi custodi d’Arcadia, Crescimbeni e Lorenzini, e quindi i loro rispettivi sostenitori, Benedetto Menzini e Alessandro Guidi. A proporre una sintesi dialettica fra le opposte poetiche dei due custodi, «semplicità» (Crescimbeni) e «magnificenza» (Lorenzini), si adopera Martello, trasparente portavoce di Morei, sostenendo «che insieme possono stare la Semplicità del pensare colla Magnificenza dell’esprimersi; l’attenzione del ben comporre colla volgar favella, collo studio indefesso degli Antichi Latini Autori, e la Concordia nel mantenere l’unione in genere di questo gran Corpo coll’Emulazione in specie degli Ingegni più atti, e più fervidi» (Prose, Roma 1752, pp. 141 s.).
Questa linea di condotta guidò costantemente Morei nel suo lungo custodiato, che in buona parte coincise con il pontificato di Benedetto XIV, al quale dedicò le Rime degli Arcadi sulla natività del Signore (Roma 1744), importante raccolta di componimenti recitati per la festa d’Arcadia nello spazio di mezzo secolo. A cinque anni dalla pubblicazione dei propri Carmina, Morei propose la prima edizione delle Poesie (Roma 1745), un canzoniere sacro, morale ed eroico che raccoglie i versi italiani composti a partire dal suo ingresso in Arcadia. Nel 1751 pubblicò la biografia del Crescimbeni nel volume V delle Vite degli Arcadi (suo sarebbe anche l’Elogio pubblicato nella Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici di Angelo Calogerà, XVII, Venezia 1768). La successiva raccolta delle Prose (Roma 1752) testimonia la vivace partecipazione alla vita culturale romana e la presenza anche in altre istituzioni accademiche, tra le altre gli Infecondi e i Quiriti, e anticipa la ripresa della pubblicazione delle Prose degli Arcadi (IV, Roma 1754).
Nel recensire con gran favore le Prose, le Novelle della Repubblica letteraria ricordano in particolare quelle composte nel 1751, recitate nell’Accademia dei Quiriti e pochi giorni dopo nell’Arcadia, nelle quali Morei sosteneva vigorosamente pareri opposti sullo stesso argomento: «dove facendosi un lepido parallelo tra le virtù e l’eroismo de’ Greci e de’ Romani, in un Congresso ov’erano presenti 13 Eminentissimi Cardinali il Sig. Ab. Morei provò, che a Roma si dovea in tutto la preferenza sopra la Grecia, e nell’altro posteriormente tenuto nel Bosco Parrasio […] diè a vedere, che sì nelle Lettere, come nella gloria dell’Arme, gl’Eroi Greci vanno del pari co’ Romani» (Novelle della Repubblica letteraria, 6 gennaio 1753, p. 6).
Sotto l’attenta direzione di Morei l’attività editoriale arcadica riprese il livello del custodiato di Crescimbeni, a fronte della relativa scarsità di produzione libraria che caratterizzò il quindicennio di Lorenzini.
Tra le edizioni, tutte romane, promosse da Morei, sono da ricordare: Componimenti nella morte del custode Filacida (1744); Adunanza per la recuperata salute del re di Portogallo Giovanni V (1744); Rime degli arcadi sulla Natività del Signore: festa tutelare d’Arcadia (1744); Rime degli arcadi, X (1747); Rime per l’acclamazione a p.a. di Carlo III (1748); Rime degli arcadi, XI (1749); Vite degli arcadi, V (1751), Adunanza tenuta dagli arcadi per la morte del Fedelissimo Re del Portogallo Giovanni V (1751); Componimenti poetici su la nascita del primogenito del principe reale di Polonia, ed elettorale di Sassonia (1751), Adunanza tenuta dagli Arcadi per la nascita dell’a.r. del principe di Piemonte (1752); Adunanza tenuta dagli arcadi in onore dei fondatori d’Arcadia aggiuntavi una lettera intorno a i luoghi, ove le arcadiche adunanze si sono fin’ora tenute (1753); Giochi olimpici per gli arcadi illustri defunti (1753); Adunanza per l’innalzamento in Arcadia del ritratto del re Stanislao di Polonia (1753); Prose, IV (1754); Adunanza per l’acclamazione del principe Clemente Francesco di Baviera (1755); Arcadum carmina pars altera (1756), ristampa della Pars prior (1757); Pro restituta valetudine Benedicto XIV p.m. Arcadum carmina (1757); Adunanza degli arcadi pubblicata nelle nozze di D. Giacinta Orsini, fra gli Arcadi Euridice (1757); Adunanza per l’esaltazione di n.s. Clemente XIII felicemente regnante (1758); Rime degli arcadi, XII (1759), Rime degli Arcadi in onore della Gran Madre di Dio (1760); Memorie istoriche dell’adunanza degli arcadi (1761); Adunanza per l’elezione della s.r.m. di Giuseppe II re dei Romani (1764). A queste edizioni vanno aggiunti i volumi per le accademie del disegno tenute in Campidoglio negli anni 1750, 1754, 1758, 1762 e 1764, che ospitano i componimenti poetici degli arcadi.
La rapida ripresa della circolazione della poetica arcadica grazie alla diffusione editoriale al di fuori di Roma, con un’attenzione privilegiata da parte della bolognese Colonia Renia (una Scelta di Prose degli arcadi apparve a Bologna nel 1753) e dei recensori delle veneziane Novelle della Repubblica letteraria, destò anche qualche resistenza e rifiuto. Già nelle Lettere virgiliane (Venezia 1758) Saverio Bettinelli si era scagliato contro l’Arcadia e anche sull’uso ancora vivo di comporre versi in latino, ma la reazione antiarcadica più violenta e intransigente si ebbe con l’impietosa e tardiva stroncatura, nella Frusta letteraria di Giuseppe Baretti, di una delle ultime opere di Morei, le Memorie istoriche dell’adunanza degli arcadi (Roma 1761).
Dopo una lunga malattia, conseguenza di una caduta fatta su ponte Sisto, urtato dalla cesta di un cavallo, Morei cessò di vivere il 1° gennaio 1766.
Fu sepolto nella chiesa romana di S. Eustachio, sua parrocchia. Filippo Maria Renazzi, che lo conobbe in gioventù, ne ricordò la conversazione piacevolissima, «perché oltre la varia, e amena erudizione, di cui l’Abbate Morei abbondava, esso riguardarsi poteva come una Cronica vivente, conoscendo tutte le persone di qualche entità, e sapendo i loro aneddoti, e narrando le storielle curiose del Paese», e l’abilità diplomatica nel dirigere per tanti anni l’Accademia, riuscendo «a conciliarsi e mantenersi l’affezione di tanti poeti, per lo più schiribizzosi, e quasi sempre inquieti» (p. 352). Un’elegia composta in memoria di Morei dall’abate Raimondo Cunich fu pubblicata nei Carmina recentiorum poetarum, Cremona 1772.
Opere: Roma, Biblioteca Angelica, Arch. Accad. Arcadia, Mss., 12, cc. 310r, 349r, 367v, 472r (sonetti); 13, cc. 56r, 73r, 85r, 86r, 89r, 253r-254v, 449r, 452r (poesie diverse); 18, cc. 130r-131v (biglietto di Morei a Crescimbeni); 36, cc. 202r-214r (sei poesie giovanili in latino); 37, c. 57r (un sonetto); 40, c. 269r (un sonetto a stampa); Epistola di Michele Giuseppe Morei… volgarizzata da Domenico Vaccolini. Sugli studi e costumi convenevoli a nobil giovine, in Giornale arcadico di scienze lettere ed arti, LXIV (1834-35), pp. 118-126; Le tre arcadie ovvero accademia pastorale di messer Jacopo Sanazzaro, del canonico Benedetto Menzini, del signor abate Michele Giuseppe Morei, Venezia 1756, pp. 271-430 (II ed., ibid. 1756).
Fonti e Bibl.: Diario ordinario del Chracas, n. 699 (10 gennaio 1722), p. 3; n. 7569 (4 gennaio 1766), pp. 14 s.; Mercurio storico e politico, CLXVIII, (novembre 1743), p. 334; Novelle letterarie, V (24 gennaio 1744), coll. 61 s.; G.R. Volpi, Vetus Latium profanum, X, 2, Roma 1745, pp. 549 s.; Novelle della Repubblica letteraria, n. 5 (30 gennaio 1745), p. 36; n. 9 (26 febbraio 1746), pp. 69 s.; G. Baretti, La Frusta letteraria, n. 1 (1° ottobre 1763); Nuovo dizionario istorico, XII, Bassano 1796, pp. 159 s.; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli Studi di Roma, IV, Roma 1806, pp. 351 s.; C. Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, in Arcadia. Atti e memorie, s. 3, I (1948), 3-4, pp. 98 s.; A. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, in Accademia degli arcadi. Atti e memorie, V (1969), pp. 129- 133; E. Esposito, Annali di Antonio De Rossi stampatore in Roma (1895-1755), Firenze 1972, passim; M.T. Acquaro Graziosi, L’Arcadia: trecento anni di storia, Roma 1991, pp. 32-34, 75 s.