GERBASI, Michele
Nacque a Monreale (Palermo) il 4 genn. 1900 da Rosario, insegnante di discipline classiche, e da Antonina Comella. Arruolatosi volontario nel 1917, all'inizio del '18 combatté sul Piave col grado di sottotenente di artiglieria; nella primavera dello stesso anno si ammalò di tifo. Reduce dal fronte, si iscrisse al corso di laurea in medicina e chirurgia dell'Università di Palermo, ove dal quarto anno fu allievo interno della clinica pediatrica diretta da G. Di Cristina. In questo istituto, attratto dallo studio della disciplina, dopo aver conseguito la laurea nel 1923, si avviò alla carriera universitaria: nominato assistente il 1° dic. 1924 e conseguita la libera docenza in clinica pediatrica nel 1927, il 1° nov. 1929 divenne aiuto. Pur impegnato nell'attività clinica e scientifica, negli anni Trenta il G. si adoperò per la ristrutturazione della Casa del sole di Palermo "Ignazio e Manfredi Lanza di Trabia", istituto di gloriose tradizioni e di notevole interesse sociale e sanitario, che diresse per vari anni.
Incluso nella terna dei vincitori del concorso per la cattedra di clinica pediatrica dell'Università di Sassari nel 1937, l'anno successivo il G. fu chiamato alla direzione della clinica pediatrica di quella di Siena, che mantenne per due anni; quindi, dopo aver diretto dal 1941 al 1943 la clinica pediatrica dell'Università di Messina, nel gennaio 1944 assunse la direzione della stessa clinica nell'Università di Palermo. All'ammodernamento e alla riorganizzazione di questo istituto, sito nell'ospedale dei bambini "Di Cristina" (già funzionalmente limitato e gravemente provato dagli eventi bellici), il G. dedicò tutte le sue energie, promuovendo la costruzione di nuovi reparti onde ampliarne la ricettività e incrementandone le attrezzature clinico-diagnostiche e scientifico-didattiche, così da portarlo in breve tempo a livelli confrontabili con quelli dei più moderni complessi clinico-ospedalieri infantili europei. Nell'Università di Palermo il G. concluse la sua carriera. Preside di facoltà dal 1959 al 1963, rettore magnifico dal 1963 al 1969, lasciò l'insegnamento per raggiunti limiti di età nel 1970 e fu nominato professore emerito nel 1975.
Da rettore curò che fossero avviate e perfezionate le pratiche per l'acquisizione al patrimonio universitario del palazzo Chiaramonte, detto Steri, del XIV secolo, sede del rettorato, la cui sala delle Capriate, per delibera del Senato accademico, nel 1955 fu intitolata al suo nome.
Clinico di grande valore, il G. condusse interessanti ricerche di patologia e clinica pediatrica. La sua attività scientifica, sviluppatasi per quasi un cinquantennio, fu caratterizzata, in conformità alla tradizione didattico-scientifica dell'epoca, da ampia versatilità piuttosto che dalla tendenza, divenuta poi largamente prevalente negli anni successivi, all'approfondimento di qualche singolo settore.
La sua produzione scientifica interessò estesi campi della specialità, dalle malattie infettive e parassitarie alla cardiologia, alle malattie distrofico-carenziali del lattante. Nel settore delle malattie infettive, che rappresentavano in passato una delle cause preminenti della mortalità infantile, egli recò il suo contributo con la comprensione del meccanismo di azione dei vaccini lisizzati (Sul meccanismo d'azione dei vaccini curativi. Comportamento di alcune proprietà fisico-chimiche del siero di sangue dei bambini trattati con vaccino antitifico, in La Pediatria, XXXV [1927], pp. 857-876), con l'interpretazione fisiopatologica delle sofferenze miocardiche nelle sepsi e nelle parassitosi (Il ritmo e le correnti d'azione del cuore nei bambini tifosi, durante lo shock vaccinico, ibid., XXXVIII [1930], pp. 709-732; Le correnti d'azione del cuore nei bambini affetti da amebiasi, ibid., XXXIX [1931], pp. 513-525), con la pionieristica dimostrazione dell'importanza prioritaria della mielocoltura nella diagnostica della febbre tifoide (Ricerche sulla diagnosi e sulla patogenesi della febbre tifoide nei bambini, ibid., XXXIII [1925], pp. 113-122; Bemerkungen über die bakteriologische Knochenmarksuntersuchung in vivo, in Klinische Wochenschrift, XVIII [1939], p. 858); notevole fu la sua relazione La sepsi nel neonato e nel lattante (in Atti del XV Congresso della Società italiana di pediatria, Siena… 1934, Torino 1934, pp. 77-105).
Alle conoscenze ematologiche pediatriche il G. contribuì con lo studio di una delle più caratteristiche anemie megaloblastiche della prima infanzia: l'anemia perniciosiforme riscontrabile nei piccoli di precarie condizioni economiche e socio-familiari, dipendente dalla prolungata alimentazione con solo latte materno assunto da donne in dimostrato stato di deficienza di vitamina B12; anemia caratterizzata clinicamente, inoltre, dal manifestarsi di fenomeni di parkisonismo, che il G. originalmente interpretò e definì espressione di franca sofferenza neuro-anemica, concezione accettata e confermata in Italia e all'estero, onde la malattia è divenuta nota anche come "anemia di Gerbasi" (Anemia perniciosa rigenerativa tipo Biermer in un lattante, in La Pediatria, XXXVII [1929], pp. 1343-1349; Anemia perniciosiforme osservata in bambini ad allattamento materno esclusivo e protratto, ibid., XLVIII [1940], pp. 505-526; L'anemia perniciosiforme della prima infanzia, in Helvetica paediatrica Acta, V [1950], pp. 299-312; Le anemie megaloblastiche dell'infanzia, in Pediatria internazionale, IX [1959], pp. 355-365). Ancora in campo ematologico occorre ricordare che il G. per primo riconobbe la forma grave e rapidamente mortale di anemia eritroblastica del lattante, già erroneamente ritenuta in Italia malattia di Jacksch-Hajem, come malattia di Cooley, particolarmente severa nei primissimi periodi della vita (La malattia di Cooley in America e nei paesi mediterranei, in La Pediatria, XLV [1937], pp. 553-568; Rapporti fra l'anemia eritroblastica del Cooley ed altre anemie eritroblastiche della prima infanzia, in Bollettino della Società italiana di pediatria, IX [1940], e negli Atti del XVII Congresso della Società italiana di pediatria…, Varallo Sesia 1940).
Altro tema al quale il G. recò originali contributi, anche monografici, fu quello dei disturbi cronici della nutrizione del lattante, in particolare di taluni quadri carenziali del piccolo bambino: oltre alla magistrale relazione Distrofie alimentari del lattante (negli Atti del XXV Congresso italiano di pediatria, Palermo… 1957, s.n.t., pp. 5-12, 435-549), sono da ricordare i suoi lavori sul cosiddetto "kwashiorkor nostrano", con l'identificazione dei rapporti patogenetici tra stato precarenziale e fattori infettivi enterali, che tanto interesse suscitò anche all'estero, e con lo studio della compromissione ematologica e della sofferenza epatica (La malattiada carenza riboflavinica nei bambini, in Pediatria internazionale, III [1953], pp. 435-514, in coll. con G.R. Burgio; Kwashiorkor in Sicilia: distrofia pluricarenziale edemigena, in La Pediatria, LXIV [1956], pp. 941-1004; Kwashiorkor in Sizilien, estr. da Das medizinische Bild, I [1958]).
Autore e direttore di un Trattato di pediatria, I-III, Padova 1976-77 (2ª ed., con il titolo Manuale di pediatria, ibid. 1981), il G. aveva collaborato con vari capitoli al Trattato di pediatria diretto da G. Frontali (nelle sue tre edizioni, Torino 1936, 1949 e 1962: Malattie del fegato, del pancreas e del peritoneo; Malattie articolari; Malattie acute da infezione) e al Trattato di puericultura diretto da G. De Toni, ibid. 1939 (Profilassi delle malattie infettive croniche nell'infanzia). Redasse inoltre alcune voci per l'Enciclopedia medica italiana (Firenze 1953-81): Distrofie alimentari del lattante; Kwashiorkor; Scorbuto.
Valente didatta, il G. fondò una scuola alla quale si formarono numerosi allievi, cinque dei quali (I. Gatto, G.R. Burgio, G. Russo, A. La Grutta e A. Albeggiani) raggiunsero a loro volta la cattedra di clinica pediatrica e uno (G. Cascio) quella di malattie infettive; in riconoscimento della sua opera gli furono conferite le medaglie d'oro al merito della Sanità pubblica nel 1960 e della Scuola, della cultura e dell'arte nel 1962.
Nel 1968 prese attivamente parte all'assistenza e all'organizzazione dei soccorsi alla popolazione della Valle del Belice (Trapani), colpita da un devastante terremoto.
Aveva sposato Mariny De Luca, dalla quale ebbe tre figlie, la seconda delle quali, Fioretta, si dedicò alla pediatria.
Morì a Palermo il 31 marzo 1994.
Fonti e Bibl.: Necrologi in Ateneo palermitano, I (1995), 6, pp. 11-13; 10, p. 10; G.R. Burgio - H.R. Wiedemann, M. G., in European Journal of pediatrics, CLII (1993), p. 381. V. anche gli Scritti in onore di M. G., Napoli 1970.