FORTEGUERRI, Michele
Nato a Pistoia da una delle più illustri famiglie della città, era figlio di Gio. Pietro e di Maria Brunozzi e fratello di Giovambattista il Vecchio. La sua nascita si colloca nell'ultimo decennio del Quattrocento, come si deduce da un documento del 1560 dove si dice che il F. aveva allora sessantasei anni (Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 1126, c. 4r). Anche sulla data di morte non vi sono notizie certe. V. Capponi nella sua Biografia pistoiese la colloca al 1548, ma l'esistenza di lettere recanti date successive, oltreché il documento precedentemente citato, rendono la notizia manifestamente erronea. Lo Zaccaria dice che morì all'età di sessantanove anni, ma senza indicare l'anno.
Compiuti gli studi e ottenuta la laurea nell'università di Bologna, si recò a Venezia dove "fu carissimo" (Capponi) alla famiglia Corner. Passò quindi a Mantova al servizio dei Gonzaga, presso i quali ebbe l'incarico di insegnante di umane lettere.
Trasferitosi successivamente a Roma, venne coinvolto e fatto prigioniero durante il famoso sacco subito dalla città nel 1527. Riscattato generosamente dal cardinale di Mantova Ercole Gonzaga, tornò quindi nella città natale. Successivamente per i suoi meriti letterari e per la sua dottrina seppe guadagnarsi il favore di Cosimo de' Medici che gli conferì il posto di insegnante di umane lettere nella Pia Casa di Sapienza, istituto per l'istruzione pubblica fondato a Pistoia nel 1473 dal cardinale Niccolò Forteguerri, suo illustre antenato.
Uomo di grande e vasta cultura, il F. non fu estraneo anche a impegni di tipo civile che lo portarono, tra il 1546 e il 1560, a ricoprire posizioni di un certo rilievo nella vita politica di Pistoia, ricoprendo più volte la carica di provveditore al Comune.
Sposò Maria Adamante Arfaruoli, dalla quale ebbe diversi figli, uno dei quali, Scipione il Giovane, afferma il Capponi, fu il capostipite del ramo di questa famiglia estintosi nel 1831.
Oltre il suo incarico di insegnante e i suoi impegni politici, il F. si dedicò in particolar modo all'attività letteraria.
Quattro epigrammi latini furono pubblicati nella Bibliotheca Pistoriensis di F.A. Zaccaria. L'ultimo di questi, De Laura nuper a Francisco Gallorum rege, reperta, tumuloque insigni restituta, ac recondita, fa evidente riferimento al presunto ritrovamento del corpo della Laura di Petrarca nel convento dei frati minori ad Avignone, avvenuto nel 1533. Il ritrovamento, avvenuto a opera di Maurice de Scève, trovò credibilità in Francesco I, per opera del quale la tomba fu rifatta e ornata di marmi ed epitaffi. Nel componimento, costruito in maniera analoga ad altri di autori contemporanei (si vedano quelli di Luigi Alamanni e di Giulio Camillo riportati nella prefazione dell'edizione cominiana delle Rime di F. Petrarca, Padova 1722), Laura, introdotta a parlare in prima persona, rende omaggio e onore ai "duo Franceschi", che in maniera diversa hanno contribuito alla sua perenne fama, prima il vate con i suoi versi e adesso il re, con la restituzione al mondo del suo corpo mortale. Al F. si attribuisce anche l'epitaffio latino posto ai piedi della statua del cardinale Niccolò Forteguerri situata all'interno della Sapienza, il cui inizio è riportato dal Capponi nella già citata Biografia. Inoltre, secondo quanto affermato sempre dal Capponi, molte Rime italiane sono conservate nell'archivio di famiglia.
Nella Bibliotheca dello Zaccaria sono pubblicate diciassette lettere latine del F., scritte fra il 1528 e il 1559, della maggioranza delle quali è ignoto il destinatario essendone omesso l'indirizzo. In alcune di esse il F. si firma con la forma grecizzata del nome Carteromachus. Le ultime quattro epistole, risalenti tutte al 1559, e le prime due poesie latine (pp. 271-275) sono indirizzate al cancelliere Giovanni Conti: il nome del Conti è latinizzato in Contius come lui stesso talvolta si firmava.
La vecchiaia del F. e gli ultimi anni della sua vita, conclusasi probabilmente pochi anni dopo il 1560, non furono molto felici. Ne fa fede una supplica in distici elegiaci indirizzata dal F. a Cosimo I nel marzo del 1559, rinvenuta e pubblicata da P. Viti.
In essa il F. chiede una concessione di grano, non tanto come riconoscimento dei suoi meriti, quanto piuttosto come aiuto per la sua malattia e povertà. Nella breve relazione, o "informazione", di accompagnamento redatta dall'Ufficio delle tratte e firmata dal cancelliere G. Conti, esprimendo parere positivo alla concessione del grano, si trovano ribaditi i meriti della famiglia e del F. stesso e il reale stato di indigenza del poeta "molto povero con moglie e figliuoli" e "vecchio e quasi storpiato dalle gotte".
Per gli eleganti versi latini in cui è scritta, questa supplica si configura come un'ulteriore testimonianza dell'impegno poetico latino del Forteguerri. Per i motivi trattati, la malattia e le precarie condizioni di vita, essa si ricollega invece a un'ampia lettera inviata allo stesso Conti pochi giorni dopo, il 9 marzo 1559, e compresa fra quelle pubblicate dallo Zaccaria nella sua Bibliotheca.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 1126, c. 4r; 1123, c. 643r; 1115, c. 51v; A.F. Zaccaria, Bibliotheca Pistoriensis, Augustae Taurinorum 1752, pp. 195, 263-275; M. Salvi, Delle historie di Pistoia, Venezia 1662, pp. 182-194 passim; V. Capponi, Bibliografia pistoiese, Pistoia 1874, s.v.; Id., Biografia pistoiese o Notizie della vita e delle operedei Pistoiesi, Pistoia 1878, p. 184; P. Viti, Una supplica poetica di M. F. a Cosimo I, in Bull. stor. pistoiese, LXXXI (1979), pp. 133-135.