FILETI, Michele
Nacque a Palermo il 3 ott. 1851, da Domenico e Concettina Ramondetta. La famiglia paterna aveva una tradizione di comando nella marina mercantile, mentre la madre, poetessa, frequentava i circoli culturali della città.
Seguendo in parte la tradizione familiare, il F. fece gli studi secondari nel collegio nautico di Palermo, dove conseguì il diploma di macchinista navale, con la prospettiva di una laurea in ingegneria. Ma fu ben presto attratto dalla chimica tramite la scuola di S. Cannizzaro, che allora fioriva nella capitale siciliana, e nel 1871 - ancora studente - era già preparatore nel laboratorio chimico dell'università. Il F. compì il suo apprendistato di ricercatore sotto la guida di E. Paternò e con lui pubblicò i primi lavori nel III volume della Gazzetta chimica italiana, rivista edita a Palermo. Conseguì la laurea in chimica e fisica nel 1874. Nel gennaio dello stesso anno si era presentato per la prima volta ad una tribuna internazionale: in una delle corrispondenze che Hugo Schiff da Firenze inviava ai Berichte di Berlino, fu inserita una comunicazione del Paternò e del F. sugli acidi amminocuminici. Il 1875 fu un anno importante per il F., che pubblicò la prima nota con il suo solo nome: Sopra un glucosato di rame, in Gazzetta chimica ital., V (1875), pp. 28 s.
Il breve articolo era stilato con la concisione e la precisione che caratterizzarono sempre la produzione scientifica del F. e dava la stechiometria di un composto che molti ricercatori non erano riusciti ad isolare; il testo fu tradotto quasi integralmente dall'inglese Journal of the Chemical Society, accettando quella formula che pure il F. aveva dato "con tutto riserbo".
In quello stesso anno il F. presentò al XII Congresso degli scienziati italiani che si svolse a Palermo (30 agosto - 6 settembre) una memoria che ampliava la notizia comunicata a Schiff sulle modificazioni dell'acido amminocuminico (E. Paternò -M. Fileti, Sopra i due isomeri acidi amidocuminici, in Gazzetta chim. ital., V[1875], pp. 383 ss.); e ancora in quell'anno venne chiamato a Roma dal Cannizzaro, come assistente e vicedirettore del laboratorio di via Panisperna. Qui avviò proficue collaborazioni con allievi appena più giovani di lui, quali Robert Schiff (nipote del citato Hugo) e A. Piccini. Con lo Schiff, in particolare, indagó la struttura controversa della cianamide, cui assegnó la forma amminica, definita con decisione "l'unica formula possibile" (M. Fileti - R. Schiff, Sulla costituzione della cianamide, ibid., VII[1877], pp. 204-209). Libero docente in chimica dal 1876, il F. ritornó nel 1878 al campo classico dei derivati variamente sostituiti del benzene studiando lo stato di combinazione dell'acido cianidrico contenuto in essenze a base di amigdalina (Sulla natura chimica delle essenze di lauro ceraso e di mandorle amare, ibid., VIII[1878], pp. 446-452).
Dopo quattro anni di permanenza a Roma il F. venne nominato professore di chimica nell'università di Catania. Ma nella nuova sede visse la situazione che già era stata del Cannizzaro quando era arrivato a Genova e a Palermo: venne a trovarsi "sprovvisto completamente di mezzi e nella impossibilità di fare la benché menoma esperienza". Il F. reagì a questa situazione, iniziando a collaborare con un collega di medicina, G. Tizzoni, con cui studiò gli aspetti patologici e chimici della funzione ematopoietica, ma l'accesso ad un laboratorio chimico attrezzato si rivelò indispensabile allorché su riviste tedesche e austriache E. O. Lippmann criticó i risultati del Paternò e del F. sugli acidi amminocuminici, mettendo in dubbio la stessa serietà della metodologia scientifica dei due autori italiani.
Il F. trascorse le vacanze estive del 1880 nel laboratorio palermitano del Paternò, dove confermó ed estese le ricerche sul singolare dimorfismo dell'acido amminocuminico; grazie a tali ricerche potè rispondere alle osservazioni mossegli dal Lippmann, ribadendo le proprie tesi nel saggio Sulle due modificazioni dell'acido amidocuminico e l'acido acetilamidocuminico, ibid., XI (1881), pp. 12-20. Le sue conclusioni vennero pienamente accettate nella letteratura dell'epoca, e Lippmann, che pure lavorò ancora nel campo, non riusci ad argomentare alcuna risposta.Nello stesso soggiorno estivo a Palermo il F. si avvalse delle attrezzature in loco per impratichirsi delle tecniche d'analisi delle miscele gassose (Contribuzioni all'analisi dei gas, ibid., XI[1881], pp. 1-12). Anche in seguito tornerà su diverse questioni tecniche della vita di laboratorio, comprese le preparazioni di reattivi e intermedi, con un'attenzione precisa alla razionalizzazione del lavoro quotidiano. Nel periodo catanese si consolidarono così stile di lavoro e interessi di ricerca, anche se solo nel 1881 comparve nel laboratorio di Catania la prima strumentazione moderna.
Si trattava degli apparecchi di Meyer per la determinazione delle densità di vapore, che furono usati per studiare la costituzione molecolare del calomelano, tema caro al Cannizzaro sia a livello sperimentale sia a livello teorico (Peso molecolare del cloruro mercuroso, ibid., XI [1881], pp. 341-346).
Al momento della pubblicazione della nota suddetta il F. stava per essere chiamato a Torino, dove giunse nel dicembre del 1881, avendo ottenuto per concorso la cattedra di chimica generale di quella università.
Nel giugno 1883 pubblicò due note di grande interesse sullo scatolo e la sua trasformazione in indolo (Sintesi dello scatol, ibid.,XIII[1883], pp. 358-363, e Trasformazione dello scatol in indol e preparazione dell'indol, ibid., pp. 379-381); va ricordato che tre anni dopo E. Fischer - per altra via - confermò la struttura proposta dal Fileti.
Alla linea di ricerca sui derivati del cumene che aveva portato all'importante sintesi dello scatolo si affiancó presto una serie parallela di ricerche sui derivati del cimene. La questione del rapporto reciproco fra cimene e cumene, e della loro relazione con i prodotti naturali che si trovano nelle più diverse essenze, fu per molti anni oscurata dalla convenzione, condivisa dall'intera comunità chimica, che il cimene e i suoi derivati contenessero il gruppo propilico normale invece del gruppo isopropilico caratteristico della serie cuminica. Nel 1886 il F. sostenne una polemica con il chimico tedesco O. Widman a proposito dei supposti meccanismi di trasformazione da una serie all'altra (Sulla trasformazione dei derivati cuminici in cimenici e reciprocamente. Risposta a Widman, ibid., XVI [1886], pp. 497-503). Va sottolineato che lo stesso Widman era allora convinto di queste trasformazioni, e che espresse questa sua convinzione ancora nel 1889; ma nel 1891 il chimico tedesco stupì la comunità scientifica dimostrando che i vecchi dati sul supposto cimene di sintesi (R. Fittig e altri, 1868) erano errati e che la sostanza in questione era un p-isopropiltoluene, che differiva dal cumene solo per il gruppo metilico e non anche per il sostituente propilico. Il F. ammise di buon grado la sua sorpresa per le giuste conclusioni strutturali di Widman, pur sottolineando le persistenti contraddizioni nelle interpretazioni dei fatti sperimentali che collegavano le due serie (Ueber die Constitution des Cymols, in Journal für praktische Chemie, XLIV [1891], 2, pp. 150 ss.).
Con l'accettazione della struttura di Widman per il cimene il programma di ricerca del F. sulle serie cimenica e cumenica perse impeto e il 1892 si presentò come interessante anno di transizione, con un significativo momento pubblico costituito dalla partecipazione alla conferenza internazionale di Ginevra sulla nomenclatura della chimica organica (19-22 aprile).
Di ritorno da Ginevra, stimolato dall'incontro con J. A. Le Bel, il F. studiò la separazione degli antipodi ottici dell'acido isopropilfenilglicolico, e avendo sintetizzato i derivati alogenati (otticamente inattivi) degli isomeri attivi prese posizione a favore della racemizzazione durante la reazione di sintesi, e respinse la diffusa opinione di una presunta inattività dei derivati asimmetrici alogenati (Sugli stereoisomeri dell'acido isopropilfenilglicolico, in Gazz. chim. ital.,XXII [1892], 1, pp. 395-408). Altre ricerche di quell'anno e dei successivi riguardano l'acido omotereftalico e l'acido erucico, nonché lo studio dei derivati dell'ossidazione di quest'ultimo. E proprio con il lavoro che annuncia la determinazione della posizione del doppio legame nell'acido erucico inizia la collaborazione fra il F. e Giacomo Ponzio, l'allievo, allora neolaureato, che molti anni dopo gli succederà sulla cattedra di Torino.
Questa memoria (M. Fileti-G. Ponzio, Ossidazione e costituzione dell'acido erucico, ibid., XXIII [1893], 2, pp. 382-398) è interessante sia per la nitidezza con cui viene risolto il quesito strutturale, sia perché apre uno scorcio insolito sulla comunità accademica internazionale. Nella nota si trova infatti un richiamo contro le pretese di originalità di O. von Grossmann, che in un articolo a proposito della struttura dell'acido erucico aveva ignorato una nota preliminare del F. in cui la struttura in questione era già annunciata; in realtà il lavoro pubblicato qualche mese prima sui Berichte a nome di Grossmann faceva parte di un pacchetto di riassunti di cinque tesi, sostenute da allievi di J. Wislicenus fra il 1889 e il 1891, che il maestro tedesco aveva pubblicato - per oscuri motivi accademici - senza alcun aggiornamento bibliografico. E ancora una volta l'abilità polemica del F. doveva risaltare pochi anni dopo, in un dialogo a distanza con Victor Meyer, che aveva indagato la costituzione allo stato di vapore del calomelano e messo in discussione, più in dettaglio, le ricerche sperimentali del nostro chimico. Le ampie argomentazioni del F. (Ueber das Molekulargewicht des Queckilberchlorürs, in Journal für prakt. Chemie, LI [1895], 2, pp. 197-204) furono tali da costringere il Meyer a scrivere sui Berichte di "non aver mai fatto l'errore di credere che i suoi esperimenti avessero stabilito la formula doppia del calomelano"; il problema fu poi risolto con misure molto più complesse da due chimico-fisici americani nel 1910.
Ancora col Ponzio il F. compì un'ultima notevole ricerca su un metodo generale di preparazione dei dichetoni alifatici (M. Fileti-G. Ponzio, Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni. Ii, Chetoni alifatici R.CH2.CO.CH2.R, in Gazz. chim. ital.,XXVII [1897], 1, pp. 255-270). Nel 1898 il F. dette alle stampe una terza memoria sulla preparazione degli α-dichetoni, e con questo lavoro chiuse, a 47 anni, la sua produzione scientifica. L'anno dopo il laboratorio chimico si trasferì nella nuova sede del Valentino, ma il F., nominato per tre anni rettore dell'università, non poté proseguire le sue ricerche.
Il F. morì improvvisamente a Palermo il 26 dic. 1914. Era stato nominato membro residente dell'Accademia delle scienze di Torino nel 1896.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Annuario della R. Univ. di Torino, 1915-16, pp. 213-224, con ritratto (una versione lievemente diversa è pubblicata negli Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, L[1915], pp. 269-288); e in Rend. della Soc. chimica ital., s. 2, VII (1915), pp. 1-6. Entrambe le bibliografie sono lacunose, e quella dell'Annuario è singolarmente imprecisa. Più breve, ma puntuale, è il necrologio in Giorn. discienze natur. ed econ., XXXI (1915-17), pp. XLV s. Notizie sulla scuola del F. in M. Giua, I chimici alla cattedra di chimica dell'Università di Torino, in Boll. scient. della facoltà di chimica industriale, Bologna 1952 (estratto di 5 pp.).