MICHELE di Lando
Nacque a Firenze verso il 1343, da famiglia di minuti popolani. Era operaio dell'Arte della lana e probabilmente scardassiere. Era dei Ciompi e ne capeggiò il tumulto nel luglio del 1378. Riusciti vittoriosi allora i Ciompi, il popolo minuto ottenne i diritti politici; e M. fu eletto alla più alta magistratura cittadina, quella di gonfaloniere di giustizia.
Fu esagerata l'importanza storica di M. per la parte che egli avrebbe avuta nella prima fase del tumulto per avere fatto conquistare al popolo minuto i diritti politici e per la condotta da lui tenuta nella seconda fase del tumulto per essersi unito al popolo grasso nel combattere gli eccessi dei Ciompi e determinarne la rovina. In verità il diritto di associazione operaia che ru la conquista più importante dei Ciompi, e che differenzia quel movimento operaio da altre incomposte agitazioni popolari del Medioevo, era stato da mezzo secolo l'aspirazione degli operai fiorentini delle industrie tessili. Nella seconda metà del Trecento la vita del comune fu agitata da tentativi di associazioni operaie rigorosamente vietate dagli statuti, e che diedero luogo a tumulti, a scioperi, a processi e a condanne a morte di operai. Il tumulto dei Ciompi del luglio 1378 si collega a quelli precedenti, e fu più fortunato perché altre forze di partiti politici vi agirono. M. fu in mezzo al tumulto, non ne fu il promotore.
Nell'agosto del 1378 il distacco di quelle forze politiche isolò i Ciompi. La crisi economica li esasperava; i popolani grassi facevano la serrata delle loro officine e nel frattempo formavano una Consorteria detta "della libertà" per togliere al popolo minuto ogni potere politico. In questo momento M. passa dalla matricola dell'Arte del popolo minuto a quella dei pizzicagnoli, s'inscrive quindi alla Consorteria della libertà e riceve ricchi doni. Oltre armi e coppe d'argento egli ebbe 363 fiorini d'oro alla vigilia della caccia ai Ciompi e della loro rovina. Fu nel 1381 capitano del popolo a Volterra per il comune fiorentino. Quando nel 1382 l'oligarchia abbatté nel comune il govenno delle Arti minori, M. dovette abbandonare Firenze e fu a Lucca dove esercitò non il mestiere di scardassiere, ma ebbe bottega dell'Arte della lana.
Bibl.: P.C. Falletti, Il Tumulto dei Ciompi, Torino 1882; N. Rodolico, La Democrazia fiorentina nel suo tramonto, Bologna 1905.