DELLE COLOMBE, Michele
Figlio di Raffaello, fu pittore; dall'atto di morte (Archivio di Stato di Firenze, Medici e speziali, ed. in Roani Villani, 1984, pp. 60 s.: l'atto non fa riferimento all'età) risulta "associato" nella chiesa di S. Felicita in cui aveva sepoltura una famiglia Delle Colombe, appartenente all'arte degli oliandoli (cfr. Firenze, Bibl. nazionale, Magliab. cl. XXVI, cod. 150, p. 59), della quale si può supporre che il D. facesse parte.
Nel 1573 eseguì su tavola il Ritratto di Pier Francesco Ricci per la sacrestia della cattedrale di Prato, dove ancor oggi è conservato (Colnaghi, 1928; in BardazziCastellani, 1982, p. 195, sono pubblicati i documenti relativi al dipinto conservati nell'Archivio del Capitolo della cattedrale di Prato; Roani Villani, 1984, p.61); nel 1575-77 eseguì la pala con la Natività per la chiesa di S. Maria delle Carceri a Prato, siglata "M. C." (Morselli-Conti, 1982, p. 177, in cui sono pubblicati i documenti relativi della Sezione d. Arch. di Stato di Prato); fra il 1574 e il '79 è attestata la sua presenza nell'accademia del disegno di Firenze (cfr. Roani Villani, p. 60); nel 1576 firmò e datò una tavola con l'Incoronazione della Vergine per il coro del monastero di S. Vincenzo, sempre a Prato, eseguita su commissione di Averardo e Antonio Salviati (S. Razzi, Cronache [circa 1592-1594; conservate nell'archivio del monastero di cui il Razzi eraconfessore], pubblicate in Di Agresti, 1969; Bardazzi-Cástellani, 1982, pp. 193 s.; Roani Villani, 1984). Le stesse Cronache gli attribuiscono anche la Salita al Calvario e Orazione nell'orto, su tavola, compiuta su commissione di Maddalena Serristori e destinata anch'essa al coro del monastero, dove tuttora si trova, e la Natività nella chiesa "esterna" di S. Vincenzo (anche in Bardazzi-Castellani). Da segnalare infine una Madonna, non rintracciata, eseguita dal D. su commissione del Comune di Prato per il palazzo pretorio (Di Agresti, 1974).
Va sottolineato che il D. è stato a lungo identificato con il più noto Michele Tosini, meglio conosciuto come Michele di Ridolfò del Ghirlandaio, anch'egli attivo, negli stessi anni, per il monastero di S. Vincenzo a Prato. L'anonimo autore (E Baldanzi?) dell'opuscolo Una pittura di Filippino Lippi in Prato e cenni storici di due pittori pratesi (Prato 1840, pp. 24-30), aggiungendo arbitrariamente al cognome Tosini quello Delle Colombe, riferisce il Ritratto di Pier Francesco Ricci e le tre tavole per S. Vincenzo, sopra citate, a un "Michele Tosini Delle Colombe", generando per primo una confusione di persona chiarita solo recentemente (Bardazzi-Castellani, pp. 194 s.).
Non abbiamo notizie sulla formazione stilistica del D., ma gli indizi che si ricavano dalla lettura delle poche opere note ci fanno ritenere che essa sia avvenuta in ambito di pieno manierismo fiorentino: sono già stati rilevati i legami che uniscono il Ritratto di Pier Francesco Ricci a un altro ritratto dello stesso personaggio attribuito a Francesco Salviati e oggi conservato nel palazzo comunale di Prato (cfr. I. Bigazzi, Testimonianze medicee nella quadreria del palazzo comunale di Prato, in Prato e i Medici nel '500. Società e cultura artistica, Roma 1980, pp. 125-27, che, tuttavia, riferisce l'opera del D. al Tosini).
Oltre alla componente salviatesca, più che altro ravvisabile nel modulo strutturale di gusto prettamente manierista della figura allungata dalla testa piccola, nel ritratto del D. sarebbe anche da rilevare la presenza di elementi stilistici di matrice bronzinesca quali l'intento disegnativo, il plasticismo compatto, la ferma incisività della luce sul volto e sulle mani, sensibilissime.
Di particolare interesse si rilevano le due pale a pendant, con l'Incoronazzione della Vergine e la Salita al Calvario e Orazione nell'orto, eseguite per il monastero di S. Vincenzo che in quegli anni ospitava Caterina de' Ricci, più tardi santa. L'autografia dell'Incoronazione, attestata dalla firma, va estesa anche alla seconda pala sia per l'indicazione in tale senso fornita dalle cit. Cronache del monastero redatte da padre Serafino Razzi, confessore delle monache, sia per via di confronti stilistici.
Entrambe sono strutturate in due zone sovrapposte cui corrispondono due diversi momenti narrativi per la elaborazione dei quali il D. si ispira ad opere pittoriche precedenti: nella parte inferiore l'Incoronazione ècopia fedele dell'Assunzione della Vergine "Panciatichi" di Andrea del Sarto (oggi nella Galleria Palatina di palazzo Pitti a Firenze), tranne per il fatto che vi sono inseriti tre personaggi: i due probabili ritratti dei committenti, Averardo e Antonio Salviati, figli di Filippo molto devoto della Ricci e munifico benefattore del monastero, e un non meglio identificato ritratto di domenicano, anch'egli certo vicino a Caterina, che indica l'evento miracoloso. Nella parte alta con la Madonna incoronata dalla Trinità, tema iconografico non comune nel Cinquecento fiorentino, l'ideazione si appoggia direttamente ad una delle incisioni della Vita di Maria del Dürer.
Quanto alla seconda pala (a proposito del cui contenuto tematico è interessante rilevare che, probabilmente, esso rende omaggio ad uno dei temi religiosi centrali della spiritualità di Caterina de' Ricci, il ricordo della Passione di Cristo che ogni settimana ricorse nelle sue estasi ininterrottamente dal 1542 al '54), vi si rilevano riprese dalla Salita al Calvario del Pontormo alla certosa dei Galluzzo, e dalla Deposizione di Alessandro Allori in S. Croce, del '60, di cui è riproposto il gruppo delle pie donne più severo e irrigidito nei panneggi e nei profili. Nella parte alta con Cristo nell'orto la forte intonazione pietistica sottilineata da una luce di alba giallo-livida, nonché la tipologia del volto di Cristo, richiamano esempi di Santi di Tito; il probabile ritratto della committente, Margherita Serristori, in abiti vedovili, è invece riconducibile a moduli ritrattistici alloriani.
Come già accennato, le fonti (cfr. Di Agresti, 1969, p. 18) riferiscono al D. anche la Natività, oggi nella chiesa così detta "esterna" di S. Vincenzo: in essa l'influsso riformato di Santi di Tito è avvertibile nell'intonazione quietamente devozionale e nella "normalizzazione" delle forme: quanto alle tipologie dei volti, una stretta parentela le lega a quelle delle due pale nel coro, confortando l'attribuzione di questa e dell'altra pala non firmata (la Salita al Calvario e Orazione nell'orto) al Delle Colombe.
Quanto alla Natività per S. Maria delle Carceri, siglata "M. C.", essa è copia fedele di quella eseguita dal Bronzino per Filippo Salviati nel 1535-40 e oggi conservata a Budapest. Il fatto che due opere del D. siano legate ai Salviati ci fa ipotizzare che egli possa essere stato al servizio della famiglia con altre opere ancora da identificare.
Morì a Firenze nel I 580 (atto di morte in Roani Villani, 1984).
Personalità indubbiamente minore nel vasto e complesso orizzonte artistico fiorentino del secondo Cinquecento, almeno per quanto per ora èpossibile giudicare, il D. deve essere valutato per le buone capacità di ritrattista di area bronzinesca e per la singolare abilità di comporre brani figurativi tratti da maestri diversi in insiemi nuovi in cui le coniponenti del pieno manierismo fiorentino si fondono suggestivamente con le nuove tendenze controriformate.
Fonti e Bibl.: G. M. Di Agresti, S. Caterina de'Ricci. Cronache. Diplomatica. Lettere varie, Firenze 1969, p. 18;Id., S. Caterina de' Ricci. Epistolario, III, 1564-1577, ibid. 1974, pp. 246 s.; P. Morselli-G. Conti, La chiesa di S. Maria delle Carceri in Prato, Firenze 1978, p. 177; S. Bardazzi-E. Castellani, Il monastero di S. Vincenzo in Prato, Prato 1982, pp. 88, 193ss.; R. Roani Villani, Un'eco della raffaellesca "Incoronazione della Vergine" di Monteluce in un dipinto del Vasari nella badia aretina, in Paragone, XXXV (1984), 407, pp. 60 s.; D. E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine Painters, London 1928, p. 76.