DE FRANCHIS, Michele
Nacque a Palermo il 6 apr. 1875 da Girolamo e da Matilde Viola.
Dopo gli studi superiori, si iscrisse all'università di Palermo e si laureò in matematica nel 1896, sotto la guida di F. Gerbaldi, di cui divenne assistente l'anno successivo.
Insieme con G. Bagnera e M. Cipolla si può considerare il principale esponente della scuola matematica palermitana, che, per alcuni anni, si inserì a pieno titolo nell'ambito della grande fioritura della matematica italiana.
Nella sua formazione scientifica confluirono due filoni distinti ma complementari, quello della geometria algebrica sintetica di L. Cremona, assimilata tramite G. B. Guccia, che insegnava allora geometria superiore all'università di Palermo, e quello analitico, assimilato appunto attraverso l'insegnamento di F. Gerbaldi.
Nel 1898 ottenne la libera docenza e, dopo avere insegnato nelle scuole medie nel 1906, in seguito a concorso divenne professore straordinario di analisi algebrica e geometria analitica presso l'università di Cagliari, dove rimase per un solo anno. Nel 1907, infatti, in un nuovo concorso, venne nominato professore ordinario di geometria proiettiva e descrittiva presso l'università di Parma. Nel 1909 fu trasferito alla università di Catania, da dove, nel 1914, passò a quella di Palermo quale ordinario di geometria analitica e proiettiva. A Palermo fu anche, in tempi diversi, incaricato di geometria superiore e, presso la facoltà di economia e commercio, di calcolo delle probabilità e di matematica generale e finanziaria.
Nel 1909 vinse, insieme con G. Bagnera, il premio Bordin dell'Accademia delle scienze di Parigi; dal 1914 fu direttore dei Rendiconti del Circolo matematico di Palermo e dal 1935 presidente del Circolo stesso; membro dal 1936 del consiglio direttivo dell'Istituto italiano degli attuari; dal 1935 membro, per la matematica applicata, del Consiglio nazionale delle ricerche; dal 1910 socio dell'Accademia delle scienze, lettere ed arti di Palermo; dal 1909 dell'Accademia Gioenia di Catania e della Accademia Peloritana di Messina e, dal 15 luglio 1935, socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei.
Gli interessi scientifici del D. si incentrarono in modo pressoché esclusivo nello studio della geometria algebrica, rispetto al quale fu tra i primi in Italia a far uso pieno e senza riserve dei metodi analitici, avvicinandosi in questo ai metodi di F. Severi. Come per il resto della scuola italiana di geometria algebrica, il D. ebbe un particolare interesse per lo studio e la classificazione delle superfici algebriche.
Dopo alcuni interessanti lavori giovanili sullo studio delle curve algebriche piane, a partire dal 1900 le ricerche del D. assunsero un carattere più ampio, affrontando i problemi classici della geometria algebrica italiana. La prima fase di tali ricerche sfociò, nel 1903, nell'articolo Sulla varietà ∞2delle coppie di punti di due curve o di una curva algebrica (in Rend. d. Circolo mat. di Palermo, XVII [1903], pp. 104-21).
In tale lavoro viene per la prima volta introdotto il metodo di usare le proprietà generali delle superfici per lo studio di questioni riguardanti le curve e le loro corrispondenze, metodo poi largamente usato dalla scuola italiana e in particolare da F. Severi (che probabilmente vi pervenne in modo indipendente). Vi viene anche introdotto un metodo assai generale per determinare in modo trascendente il genere geometrico di una superficie immagine di un'involuzione data su di un'altra superficie di cui si conosca il numero di integrali doppi. Questo metodo sarà poi ampiamente usato da F. Enriques e Severi e dallo stesso D. insieme con G. Bagnera nella classificazione delle superfici iperellittiche.
Infine, viene stabilita una relazione la cui potenza verrà rivelata appieno in un lavoro apparso lo stesso anno sui Rend. della R. Acc. dei Lincei (Sulle corrispondenze algebriche fra due curve, classe di scienze fisiche, matem. e naturali, s. 5, XII [1903], pp. 303-10), dove, tra l'altro, il D. dimostra in modo assai semplice ed elegante, per via esclusivamente geometrico-algebrica, risultati classici quali il teorema di Schwarz (sull'inesistenza di una infinità continua di trasformazioni birazionali sopra una curva di genere maggiore di uno) e quello di Humbert-Castelnuovo (sulle involuzioni più volte infinite di una curva). Da notare che queste ricerche procedettero di pari passo con quelle di F. Severi, a cui lo avvicinavano non poche questioni metodologiche.
Fu proprio sulla scia del famoso risultato di Severi, secondo il quale la irregolarità di una superficie è strettamente legata al possedere integrali di Picard di seconda specie, che il D. sviluppò a fondo la fusione tra i metodi trascendenti della scuola francese e quelli algebrico-geometrici della scuola italiana. Nel 1905 egli pubblicava Sulle superficie algebriche le quali contengono un fascio irrazionale di curve (in Rend. del Circolo mat. di Palermo, XX [1905], pp. 49-54).
In questo lavoro determinava che condizione necessaria e sufficiente perché una superficie possegga un fascio irrazionale di curve è l'esistenza di almeno due integrali di Picard di seconda specie (o in particolare di prima) algebricamente indipendenti, che siano l'uno funzione dell'altro. Da tale risultato il D. otteneva un altro particolarmente significativo e cioè che ogni superficie di genere aritmetico minore di 1 contiene fasci irrazionali di curve; risultato quest'ultimo strettamente legato alle analoghe e contemporanee ricerche di Castelnuovo ed Enriques.
Ancora sullo stesso argomento e nello stesso periodo il D. dimostrava il fatto che i piani doppi dotati di integrali semplici di prima specie sono caratterizzati mediante un fascio iperellittico di curve. Anche questo risultato apriva strade feconde, in particolare a un risultato notevole di A. Comessatti sui piani tripli ciclici.
A partire dal 1905 iniziò la feconda collaborazione (fino al 1910) con G. Bagnera, collaborazione che segna il periodo più felicemente creativo del De Franchis. Il risultato più significativo di tale collaborazione fu una serie di lavori apparsi tra il 1907 e il 1910 (cfr., soprattutto, Le superficie algebriche le quali ammettono una rappresentazione parametrica mediante funzioni iperellittiche di due argomenti (in Mem. di mat. e fisica della Soc. ital. d. scienze, detta dei XL, XV [1908], 3, pp. 251-343); Le nombre de M. Picard pour les surfaces hyperelliptiques et pour les surfaces irrégulières de genre zéro (in Rend. del Circolo, mat. di Palermo, XXX [1910], pp. 185-238: quest'ultimo valse loro l'ambito premio Bordin della Accademia delle scienze di Parigi).
In essi vengono - a parte una restrizione rivelatasi superflua - classificate tutte le superfici iperellittiche, ottenendo tra l'altro come casi particolari quelle già classificate da Enriques e Severi. Questa nutrita e completa serie di lavori aprì un filone alquanto atipico nell'ambito della geometria algebrica italiana, filone che venne ripreso soltanto quasi dieci anni dopo da G. Scorza nei suoi lavori sulle matrici di Riemann e, in campo internazionale, soprattutto da S. Lefschetz.
A conclusione di questo periodo felicemente creativo, segnaliamo il lavoro, largamente ripreso negli anni recenti, Un teorema sulle involuzioni irrazionali, in Rend. del Circolo matematico di Palermo, XXXVI (1913), p. 368.
Successivamente, come per molti esponenti della scuola italiana di geometria algebrica, la vena creativa del D. si offuscò non poco. Rimanendo legato al metodi classici della scuola italiana, egli si allontanò irrimediabilmente dal più vivace filone internazionale, quello rappresentato da S. Lefschetz, O. Zariski ecc.
In questo periodo i lavori si fanno più diluiti nel tempo, più ricchi di accenni e di rapide intuizioni che di sistematici sviluppi, oltre a richiami e risistemazioni dei lavori passati. A questo proposito si veda, ad es., l'interessante lavoro del 1940 sui sistemi canonici e pluricanonici (I sistemi canonici e pluricanonici e le forme algebrico-differenziali di I specie, in Ann. di mat., XIX [1940], pp. 243-49). A giustificazione di questo pur parziale inaridimento creativo, va certamente addotto il fatto che a partire dal 1914 le energie del D. furono soprattutto assorbite dal compito di dirigere i Rendiconti del Circolo matematico di Palermo.
A Palermo il D., oltre che come ricercatore, fu noto come ottimo didatta. I suoi corsi erano improntati a quella chiarezza e a quel rigore che danno tanto pregio anche estetico ai suoi lavori. Malgrado ciò, il D. non ebbe, nemmeno a Palermo, un numero sufficiente di allievi né di collaboratori diretti, a parte Bagnera, non dando quindi il via al formarsi di una scuola matematica locale, di cui egli stesso invece rappresentò l'ultima e, forse, la più alta espressione.
Egli comunque rappresentò in modo pienamente adeguato l'alto livello raggiunto dalla scuola italiana di geometria algebrica. Con gli altri rappresentanti della scuola italiana, in particolare con F. Severi, ebbe frequenti dispute pubbliche, a partire dal confronto nel 1907 tra Enriques-Severi e Bagnera-D. sul premio Bordin (cfr. l'ampio carteggio Guccia-De Franchis presso l'Archivio del Circolo matematico di Palermo), fino all'ultima, amarissima presa di posizione pubblica del 1936 (Rivendicazioni giuste, per quanto tardive, in Rend. del Circolo mat. di Palermo, LX (1936), pp. 161-68), in cui affermava di voler "far atto di presenza, dopo aver quasi assistito al suo seppellimento sotto una ben pesante coltre di silenzio". Malgrado però che lo stesso Severi nel 1958 avesse tenuto a ribadire come egli meritasse un ruolo "degno, di considerazione maggiore di quanto non gli sia stato generalmente accordato" (cfr. Severi, p. 105) nell'ambito della geometria algebrica italiana, la sua figura resta complessivamente poco conosciuta.
Come già accennato, a partire dal 1914, anno della morte del fondatore del Circolo matematico di Palermo, G. B. Guccia, il D. ne diresse la rivista assumendosi di fatto l'onere di gestione dell'associazione; da questo momento l'attività di guida del Circolo assorbì gran parte delle sue energie.
Nel 1914 il Circolo matematico di Palermo era il più grande del mondo sia per numero di soci (oltre 900 di cui più del 60% stranieri) sia per diffusione della sua rivista (oltre 1.200 copie). Del direttivo del Circolo facevano parte i più illustri matematici mondiali, dai tedeschi D. Hilbert e F. Klein ai francesi E. Picard ed E. Borel, all'americano W. F. Osgood.
Lo scoppio della prima guerra mondiale mise in crisi l'ideale ottocentesco dell'internazionalità della scienza; in particolare gli scontri tra i soci tedeschi e francesi misero più volte in pericolo l'esistenza stessa del Circolo. Nell'immediato dopoguerra il D. dovette in particolare fronteggiare le pressioni dei soci francesi (soprattutto di E. Picard) che pretendevano l'espulsione dei membri tedeschi dal direttivo. Nel periodo in cui i matematici tedeschi furono esclusi dai congressi internazionali del 1920 e del 1924, torna indiscutibilmente ad onore del D. l'aver fatto del Circolo l'unica associazione internazionale nel cui direttivo convivevano soci francesi e tedeschi. In ciò il D. fu sostenuto e circondato dall'affetto e dalla stima di grandi matematici quali i tedeschi E. Landau e H. Weyl, i francesi M. Frechet e J. Hadamard, l'americano G. D. Birkhoff, gli italiani G. Scorza, L. Bianchi, T. Levi Civita, F. Severi, V. Volterra.
Al congresso internazionale di matematica di Bologna del 1928, il Circolo venne additato come modello di associazione internazionale. Ma le difficoltà non mancavano, e non erano solo di carattere internazionale. Sul piano nazionale e locale, infatti, ad un periodo di vivacità, apertura e prestigio internazionale della matematica italiana era succeduto un periodo di progressiva chiusura provinciale, pur non mancando uomini di grande valore.
Dell'incomprensione delle autorità accademiche e soprattutto politiche italiane, il D. si ebbe amaramente a lagnare. Basti solo considerare come le più consistenti contribuzioni al Circolo siano venute non dalle autorità italiane, ma dalla fondazione Rockefeller, che per il 1929 aveva già versato 2.700 dollari come sussidio per il Circolo e per i Rendiconti.
Con il trascorrere del tempo la lotta tra le due concezioni del Circolo, e cioè, per usare le parole dello stesso D., fra quella "dirò così, locale, per la quale il Circolo Matematico era principalmente una biblioteca palermitana ove avvenivano di tanto in tanto delle riunioni e che si impinguava mediante i cambi... di altri periodici col proprio periodico... e quella... per la quale il Circolo doveva essere una Società internazionale" (cfr.: Il Circolo matematico di Palermo dalla sua fondazione ad oggi, in Atti d. Soc. ital. per il progresso d. scienze, XVIII Riunione, 1929, Roma 1930, p. 358) si acuì.
Nel 1935 la politica nazionalista del governo inflisse un colpo mortale al Circolo matematico palermitano, promulgando un nuovo statuto per regio decreto, in cui si stabiliva che i soci stranieri non potessero superare la metà di quelli nazionali, e soprattutto veniva soppressa la gloriosa redazione internazionale dei Rendiconti, redazione da cui non erano stati mai eliminati i nomi "scomodi", né quello di V. Volterra quando nel 1931 aveva rifiutato il giuramento di fedeltà al regime, né quello di E. Landau quando era stato allontanato dalla sua cattedra di Gottinga.
La soppressione del comitato di redazione, di cui qualche anno prima il D. aveva detto che senza di esso "non sarebbe possibile mantenere i Rendiconti all'altezza alla quale il Guccia li innalzò" (ibid., p. 364), segnò la fine delle aspirazioni e delle illusioni di un'intera generazione di matematici. Non è certo un caso che il rivendicazionismo del D. rispetto alla sua opera scientifica sia cominciato proprio nel 1935-36, mentre fattori interni ed esterni contribuivano a spegnere la vitalità della scuola matematica palermitana.
Il D. morì a Palermo il 19 febbr. 1946.
Fonti e Bibl.: Necrol. di F. Severi, in Boll. d. Unione mat. ital., s. 3, I (1946), pp. 62 ss.; O. Chisini, in Append. necrol. d. Rend. d. Accad. naz. d. Lincei 1945-55, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, 2 (1957), pp. 3-7; U. Amaldi, Sullo sviluppo della geometria in Italia nell'ultimo cinquantennio, in Atti della Società ital. per il progresso d. scienze, Roma 1911, pp. 440, 453, 455 s.; G. Scorza, Intorno alla teoria generale delle matrici di Riemann ed alcune sue applicazioni, in Rend. del Circolo mat. di Palermo, XLI (1916), pp. 263-380; S. Lefschetz, On certain numerical invariants of algebraic varieties with applications to abelian varieties, in Trans. of the American Math. Society, XXII (1921), pp. 327-482; R. Calapso, Matematici di Sicilia, Messina 1957, pp. 5-7; F. Severi, Il teorema di Riemann-Roch per curve-superficie e varietà. Questioni collegate, Berlin 1958, pp. 68, 104 s.; F. Conforto, Geometria algebrica, in Un secolo di progresso scientifico italiano, I, Roma 1939, pp. 132, 143 ss.; F. G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Atti d. Acc. d. sc. di Torino, cl. sc. fis.mat., s. 4, I (1962), p. 42; L. Cardamone, Le scuole matem. in Sicilia dopo l'Unità, in La Sicilia e l'Unità d'Italia, Milano 1962, pp. 9-12 dell'estratto; F. Bartolozzi-L. Lombardo Radice, Matematici siciliani dell'ultimo secolo, in La presenza della Sicilia nella cultura degli ultimi cento anni, Palermo 1977, II, p. 1111; A. Brigaglia-G. Masotto, Il Circolo matematico di Palermo, Bari 1982, pp. 109-118, 373-382; A. Howard-A. Sommese, On the Theorem of D., in Ann. d. Scuola normale sup. di Pisa, s. 4, X (1983), pp. 429-36; B. Mazur, Arithmetic on curves, in Bull. of the American Math. Society, XIV (1986), pp. 207-59.