CHIARINI, Michele
Nacque a Faenza il 27 sett. 1805 da agiata famiglia. Apprese i primi rudimenti del disegno alla locale scuola comunale dove insegnava G. Zauli. Allievo di P. Saviotti dal 1819 al '25, collaborò giovanissimo con il maestro alla decorazione di alcune abitazioni faentine. Nel 1825 è registrato tra gli iscritti all'Accademia Clementina di Bologna, dove rimase per compiere i suoi studi fino all'anno successivo. È di questo periodo lo studio raffigurante Ilmartirio di s. Sebastiano attualmente conservato nei depositi della Pinacoteca comunale di Faenza.
Del 1827 è il primo viaggio a Roma; qui il C. venne accolto da T. Minardi, già affermato professore di disegno, che si prodigò per fargli avere le prime commissioni (Annunziata per la Confraternita del Borgo, 1828: collocazione attuale sconosciuta). Nel 1829 venne espulso dalla città, insieme con i pittori faentini Gaspare Mattioli e Romualdo Timoncini, per sospetta attività rivoluzionaria (risalgono infatti a queste date i primi contatti con i patrioti romani). Rientrato a Faenza, partecipò come figurista alla decorazione della chiesa delle domenicane di Fognano insieme con il quadraturista G. Bertolani. In collaborazione con A. Liverani lavorò in S. Sigismondo e alla decorazione con soggetti mitologici di varie abitazioni faentine. Per la chiesa di S. Salvatore eseguì nel 1837 un S. Andrea Avellino (trasferito in S. Stefano dal 1935): la tela dall'impasto cromatico luminoso e solare è senz'altro la più interessante tra le opere rimasteci del pittore, che risentirà sempre dell'impostazione accademica ricevuta.
Nel 1841 il C. ripartì per Roma e, poco dopo, per la Polonia, dove in seguito all'invito dell'architetto E. Marconi, lavorò alla decorazione della villa del conte Potocky a Wilanów, presso Varsavia. Nella capitale polacca eseguì anche gli affreschi della cupola di S. Carlo, distrutti durante la seconda guerra mondiale. Tornato in Italia nel 1845, si arruolò nel '48 tra i volontari del battaglione mobile faentino che combatté a Vicenza dal 7 maggio fino alla capitolazione della città. Rientrato a Faenza, seguì poi a Roma i fratelli Caldesi e partecipò attivamente alla difesa della Repubblica nella primavera del 1849.
Bandito dallo Stato pontificio dopo la restaurazione, fu costretto a partire per Londra, dove, a parte un breve soggiorno ad Alessandria d'Egitto per decorare alcuni palazzi, visse in esilio in condizioni particolarmente, disagiate fino al 1859, amo in cui la Romagna fu annessa allo Stato sabaudo. In quegli anni pare che egli lavorasse nel laboratorio fotografico che i Caldesi, anch'essi esiliati, avevano a Londra. Qui entrò in rapporti di amicizia e di collaborazione con G. Mazzini, con cui rimase in contatto epistolare anche dopo la sua partenza dall'Inghilterra. Difficile fu al suo ritorno in Italia il reinserimento e la ripresa dell'attività pittorica. Si trasferì anche per qualche anno a Firenze (1864-67); ma, per il progressivo deperimento fisico e la cecità quasi totale, non poteva più dipingere. Trascorse gli ultimi anni nella città natale, dove morì il 9 maggio 1880.
Scarse e generiche le citazione del C. negli scritti locali. Anche se il Rivalta (1933) lo ricorda come fine decoratore e "il miglior allievo di Pasquale Saviotti", l'artista è messo in risalto soprattutto per le imprese patriottiche.
Fonti e Bibl.: Faenza, Pinacoteca, Catal. dei dipinti,delle sculture ed altri oggetti di Belle Arti esistenti nella Pinacoteca municipale di Faenza nel giorno 29 aprile 1878, nn. 97, 252; Forlì, Biblioteca comunale, Fondo Piancastelli, mss. 265.CR.356, 266.CR.262-269, 267.CR.519-520-521, 285.CR.70-70a -71; Ediz. naz. degli scritti di G. Mazzini,Epistolario, XXXVI, pp. 53, 157; LIII, pp. 183 s.; LIV, p. 14; F. Argnani, La Pinacoteca comunale di Faenza, Faenza 1881, p. 91; A. Montanari, Guida... di Faenza, Faenza 1882, p. 180; G.M. Valgimigli, Cenni biogr. intorno a Ferraù Fenzoni, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 2, I (1875), p. 143; In morte di M. C., Faenza s.d. [1880];A. Strocchi, Mem. istor. del duomo di Faenza, Faenza 1888, p. 41; E. Zaccaria, Guida di Faenza, Faenza s.d., p. 38; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 436, 455; Il Nuovo Piccolo, 25 giugno 1933; C.Rivalta, Il duomo di Faenza, Faenza 1933, pp. 57-58; A. Zecchini, Il Cenacolo Marabini, Faenza 1952, pp. 60-71; E. Golfieri, Il cenacolo della Fabbrica Ferniani, Faenza 1967, p. 61; P. Zama, I faentini nell'ideologia e nell'azione mazziniana, Faenza 1973, pp. 33-34, tav. XII; E. Golfieri, L'arte a Faenza dal neoclassicismo ai giorni nostri, Faenza 1975-1977, ad Ind.; L'età neoclassica a Faenza,1780-1820 (catal. mostra, Faenza), Bologna 1979, pp. 81, 133; Diz. del Risorg. nazionale, II, p. 672.