CASTELLANI, Michele
Fiorentino, nacque da Vanni di Michele e da Francesca di Bettino Ricasoli nella seconda metà del secolo XIV. Come il padre e lo zio Matteo, partecipò attivamente alla vita politica cittadina. Del suo prestigio in Firenze abbiamo molte testimonianze a partire dal 1404, anno in cui il C. non solo impedì a Buonaccorso Pitti, come ci narra quest'ultimo nella sua Cronica, di godere di un lascito di beni ecclesiastici che gli era stato lasciato dall'abate di S. Piero a Ruoti in Val d'Ambra, ma fece anzi pressioni presso la S. Sede per far assegnare tali beni ai Ricasoli.
Vanni Castellani era gonfaloniere di Giustizia quando il 26 ott. 1406, per festeggiare la caduta di Pisa, fu decretata la nomina a cavaliere di Francesco Senese Casali da Cortona e di Piero di Benedetto Gaetani di Pisa; a questo, in occasione della cerimonia di investitura, fece da padrino appunto il Castellani. A partire dal 1407 il C. partecipò con regolarità alle consulte (dove furono particolarmente rilevanti i suoi interventi sulle pubbliche finanze) ed incominciò il cursus honorum che, se lo vide membro del Consiglio dei duecento, tuttavia non lo portò mai al priorato. Il 23 sett. 1407 fu inviato ambasciatore presso Corrado Trincia, signore di Foligno, perché "liberasse di prigione à Recco di Simone Capponi: il C., quando ricevette questo incarico, si trovava a Norcia, come podestà per il secondo semestre di quell'anno. Più volte intervenne in seguito nelle consulte, per il quartiere di Santa Croce: nel 1407, nel 1408, nel 1409. Il 7 luglio 1408 fu inviato ambasciatore a Siena. Nel 1410 era console dell'arte di Calimala, carica che tornò a ricoprire nel 1423.
L'11 apr. 1411 la Signoria affidò al C., a Gino Capponi, a Iacopo Gianfigliazzi e a Bernardo Guadagni l'incarico di accompagnare papa Giovanni XXIII dall'Appennino bolognese a Siena, attraverso tutto il territorio di dominio fiorentino. Il 21 giugno del 1413 - anno in cui il C. fu degli Otto di guardia e balia - fu inviato ambasciatore a Giovanni XXIII ed alla Repubblica di Siena; il 24 dicembre dello stesso anno, in un suo intervento nelle consulte insistette sull'opportunità di inviare un oratore fiorentino al concilio di Costanza. Il 7 genn. 1418 fu oratore presso il nuovo papa Martino V; nello stesso anno, e poi ancora nel 1421, fu eletto tra i Dodici buonuomini.
Nel 1421 ebbe inizio anche la più importante missione diplomatica del C.: essa ci è nota nei particolari grazie alle Commissioni di Rinaldo degli Albizzi. Il 6 ottobre il C. e l'Albizzi furono inviati dalla Signoria, in qualità di ambasciatori, presso Martino V per sottoporre al pontefice una proposta di accordo per sanare il contrasto che lo opponeva alla regina di Napoli Giovanna II e al re di Sicilia Alfonso d'Aragona. Nel Regno si era aperta la nota questione della successione di Giovanna II. In quel momento la regina si era dichiarata per Alfonso d'Aragona, che aveva nominato suo erede, contro Luigi d'Angiò. Il papa, invece, sosteneva quest'ultimo. Dopo essersi trattenuti a Roma ed essersi intesi col papa, il C. e l'Albizzi si trasferirono a Gaeta da dove raggiunsero Napoli il 9 novembre. Qui si incontrarono con la regina che demandò la decisione sulle proposte fiorentine all'Aragonese. Perciò il C. e l'Albizzi si recarono al campo di quest'ultimo che raggiunsero il 12 novembre.
Il 17 novembre il C. e l'Albizzi, dopo lunghi colloqui con il re Alfonso e Braccio da Montone, conestabile del Regno, fecero in modo che questi accettassero e sottoscrivessero una tregua di venti giorni. Dopodiché essi informarono la Signoria sui risultati delle trattative. Il 26 novembre i due ambasciatori fiorentini lasciarono il campo aragonese e si recarono ad Aversa allo scopo di indurre anche Luigi III d'Angiò ad aderire alla tregua. Nonostante i loro sforzi, Luigi si rifiutò di sottoscrivere l'accordo, per cui il C. e l'Albizzi chiesero al legato pontificio di intervenire presso l'Angioino. Finalmente il 3dicembre Luigi decise di accettare l'accordo proposto dai Fiorentini sotto gli auspici del papa: egli si sarebbe ritirato lasciando il Regno di Napoli alla regina Giovanna II, che avrebbe lasciato insoluta la questione della successione, la cui risoluzione sarebbe stata demandata al pontefice regnante all'epoca della sua morte. Il re Alfonso sarebbe stato risarcito con il ducato di Calabria. Il 7 dicembre il C. e l'Albizzi informarono laSignoria sui risultati e chiesero l'autorizzazione di rientrare a Firenze, aggiungendo che, in attesa di una risposta, si sarebbero trasferiti a Roma presso la sede papale. L'11 dicembre si trovavano già a Roma da dove, dopo essersi intesi con Martino V, inviarono due lettere, una al legato pontificio presso Luigi d'Angiò ed una a Braccio Fortebracci da Montone, presso il re aragonese. Conclusasi in tal modo la loro missione diplomatica, il C. si trattenne ancora a Roma, mentre l'Albizzi, il 1° genn. 1422, partì per rientrare a Firenze.
Anche nell'ultimo periodo della vita il C. si vide affidate importanti missioni diplomatiche: sappiamo che il 12 dic. 1423 era atteso a Bologna come ambasciatore presso il legato papale; cinque giorni dopo, appena giunto a Bologna, prendeva, nel quadro dei preliminari per la guerra contro Filippo Maria Visconti, contatto con il legato e con Rinaldo degli Albizzi, con Giuliano Davanzati e con Vieri Guadagni, che sì trovavano a Ferrara in qualità di ambasciatori. Il 20 febbr. 1424 il C. fu informato del fallimento delle trattative col duca di Ferrara ed ebbe un colloquio con il legato papale per avvisarlo che Modigliana e Castelbolognese progettavano di passare dalla parte del duca di Milano. Il 2 maggio 1424il C. fu ambasciatore a Venezia per ordine della Signoria. Fu l'ultima legazione da lui amministrata: l'11 novembre Vieri Guadagni, da Firenze, inviò una lettera a Rinaldo degli Albizzi, ambasciatore a Roma, per informarlo della morte del C., avvenuta a Firenze il 5 novembre.
Il C. aveva sposato, ignoriamo esattamente quando, Sandra di Bandino di messer Giovanni Panciatichi da Pistoia e, rimasto vedovo, si era unito in seconde nozze. nel 1398, con Bartolomea di messer Giovanni Gambacorti. Da questi matrimoni aveva avuto due figli: Lotto, che fu tra gli esiliati dopo l'avvento di Cosimo de' Medici, e Alessandra, che sposò Donato di Leonardo Bruni, cui portò in dote 1.000 fiorini in beni immobili, una tra le più cospicue doti del tempo.
La morte prematura del C. dovette pesare sulle fortune della sua famiglia, che si trovò privata del suo maggiore rappresentante. Le condizioni finanziarie della famiglia non erano infatti all'altezza della posizione politica e sociale ricoperta dal C., come dimostrano i dati del catasto del 1427. Vi erano stati allora complessi problemi relativi alla ripartizione dell'eredità per le morti avvenute in rapida successione del C. prima e di Vanni suo padre poi. Nel quartiere di Santa Croce i Castellani discendenti da Vanni di Michele erano accatastati separatamente - Piero di Vanni, Giovanni di Michele di Vanni e Bartolomea vedova dì Michele - con imponibili relativamente modesti. Queste difficili condizioni finanziarie possono spiegare il matrimonio di Alessandra con il figlio di Leonardo Bruni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Consulte e Pratiche della Repubblica fiorentina 1407-1409, n. 39, cc. 65v, 72r; Ibid., Carte Pucci, n. 29, t. IV; Firenze, Biblioteca nazionale, ms. Passerini, n. 186; Ibid., Poligrafo Gargani, n. 526; Ibid., ms. Magliab. 393, cl. 25, cc. 357, 362, 366, 367, 372; G. Morelli, Cronica, in R. Malespini, Istoria fiorentina..., a cura di T. Bonaventuri, Firenze 1718, p. 653; Le Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a cura di G. Guasti, I-III, Firenze 1867-1873, ad Indicem;B. Pitti, Cronica, a cura di A. Bacchi della Lega, Bologna 1905, pp. 169, 176; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze, Firenze 1896, p. 145; M. Mariani, G. Capponi nella vita politica fiorentina, in Archivio storico italiano, CXV(1957), pp. 440-482; M. V. Prosperi Valente, Corrado Trincia ultimo signore di Foligno, in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, LV(1958), p. 53; L. Martinez, The social world of the Florentine humanists, Princeton, N. J., 1963, ad Indicem.