NATALE, Michele Arcangelo
– Nacque a Casapulla (oggi in provincia di Caserta) il 23 agosto 1751 da Alessandro Michele de Natale e da Grazia Monte, appartenenti entrambi a modeste famiglie locali dedite al commercio.
Ebbe, quali primi docenti, ecclesiastici del luogo come Tommaso Iannotta e Pasquale Ciceri, autore, quest’ultimo, del Dialogo tra Aristarco e Filisto sulla sfera armillare (Napoli 1763). Ammesso nel seminario di Capua nell’ottobre 1771 – grazie alla dispensa concessagli dal vescovo Michele Maria Capece-Galeota poiché aveva superato il limite d’età previsto – compì studi regolari, seguendo le lezioni di logica e metafisica di Paolo Pozzuoli, di fisica e geometria di Domenico Ferraiolo, di teologia morale di Cosimo Aulicino, di teologia dommatico-scolastica del teatino Vincenzo Labini. Ordinato sacerdote a Pignataro Maggiore il 23 dicembre 1775 dal vescovo di Calvi, Giuseppe Maria Capece-Zurlo (futuro cardinale e arcivescovo di Napoli), ottenne tre anni dopo una pensione di 30 ducati annui e intraprese con impegno la missione sacerdotale in vari luoghi della diocesi di Capua.
Ai primissimi anni Ottanta dovrebbe risalire l’affiliazione alla massoneria. Certo è che nel 1782 frequentava, con il grado di ‘apprendente’, la loggia La Vittoria, nella quale militavano anche personalità di spicco della società napoletana del tardo Settecento come Diego Naselli, Kiliano Caracciolo, il cavaliere gerosolomitano Antonio Planelli, Giuseppe Vairo, Giuseppe Zurlo, Gaetano D’Ancora, Carlo Mazzacane, Aurelio de’ Giorgi Bertola. Nel 1785 ebbe occasione di conoscere il teologo luterano danese Friedrich Münter, giunto a Napoli per una missione non soltanto culturale ma anche politica, intesa a favorire la riorganizzazione della libera muratoria del regno borbonico secondo il progetto radicale degli Illuminati di Baviera.
Dopo aver prestato a Napoli funzioni di cappellano presso la famiglia del principe Vincenzo Pignatelli, nel 1786 divenne, con altri due sacerdoti, membro della cappellania del Presepe di Casapulla e, nel 1790, ottenne una cappellania curata presso la parrocchia di S. Maria in Abbate di Capua. Secondo alcuni biografi, a partire dal 1792 – come segretario di mons. Agostino Gervasio, nuovo titolare della diocesi capuana e confessore speciale della regina Maria Carolina – ebbe occasione di soggiornare spesso nella capitale borbonica, frequentandovi gli ambienti di corte.
Nel 1797, su proposta del cappellano maggiore Alberto Capobianco – legato ai circoli regalisti e in rapporti epistolari con la Chiesa giansenista di Utrecht – fu designato da Ferdinando IV quale vescovo di Vico Equense, sede vacante dal 1792. Non avendo al momento della nomina alcun titolo accademico, richiesto dalle norme vigenti nel regno borbonico per essere investito della dignità prelatizia, dovette sostenere gli esami di teologia presso l’Ateneo napoletano. Essendo, inoltre, le sue condizioni economiche inadeguate a far fronte alle spese che l’ufficio episcopale comportava, fu costretto a richiedere il permesso sovrano di ipotecare i fondi della mensa vescovile di Vico allo scopo di ottenere un prestito. Consacrato vescovo sul finire dello stesso 1797, il 1° gennaio 1798 prese possesso, per procura, della diocesi assegnatagli.
L’inventario dei beni mobili che aveva portato con sé, redatto dal notaio Giuseppe Gargiulo, comprendeva l’elenco dei libri posseduti. Da esso emerge una biblioteca non molto ricca (51 titoli per 161 volumi), nella quale non mancavano opere di impianto fortemente regalistico, come l’Istoria del Concilio di Trento di Paolo Sarpi, il Della monarchia universale, probabilmente ascrivibile a Marcello Eusebio Scotti, la Repubblica Gallicana, opera anonima di difficile attribuzione, ma anche testi destinati alla formazione civile e politica come il Saggio sull’educazione de’ principi di Antonio Planelli (Napoli 1779) che intendeva fissare i fondamenti di una politica rinnovata e interpretata dal sovrano come «l’arte di dirigere verso la pubblica felicità le azioni di una società di uomini» (p. XII).
Per quanto attiene alla sua attività episcopale, i documenti disponibili riferiscono di un’assidua attenzione all’opera di riordinamento degli studi del locale seminario, alla cura pastorale della diocesi, all’impegno in favore dell’educazione dei giovani.
L’adesione alla Repubblica, sulle cui motivazioni – alla luce anche della documentata militanza massonica – occorre indagare più a fondo, non essendo plausibile ridurle al solo tentativo di mediazione tra il furore rivoluzionario e le esigenze di ordine e stabilità, fu immediata. Il 24 gennaio 1799 indisse, per il giorno successivo, «pubbliche grazie a Dio per aver salvato il Regno dagli orrori dell’anarchia» (Parascandolo, 1900, p. 34). In tale occasione fu eletto presidente della municipalità di Vico. La scelta non trovò unanime condivisione, tanto che alcuni oppositori si abbandonarono al saccheggio della sua abitazione. Costretto a riparare a Napoli, il 30 aprile indirizzò ai vicani che ne contrastavano l’operato una lettera-manifesto (Lettera del cittadino Michele Natale, vescovo di Vico Equense e Presidente di quella Municipalità a’ cittadini suoi diocesani).
Chiamando, significativamente, i destinatari «Figli d’una Rivoluzione passiva» (in Battaglini, 1983, p. 1269), e perciò non «suscettibili di teorie, di massime, e di raziocinj» (ibid.), rivendicava all’operato dell’istituzione che presiedeva il merito di aver loro fatto provare – con l’adozione di concreti provvedimenti in materia di approvvigionamento alimentare, di controllo dei prezzi e di riduzione del peso fiscale – «il vantaggio fisico della Regenerazione» (ibid.). L’appello finale a essere fedeli «alla Repubblica nostra Madre, che per Divina Disposizione è stata fondata» (ibid.), si concludeva con la minaccia di scomunica per quanti avessero continuato a sostenere in armi la causa realista.
La militanza massonica potrebbe costituire un elemento in grado di attribuire al vescovo di Vico la decisione di promuovere la ristampa napoletana del Catechismo repubblicano per l’istruzione del Popolo, e la rovina de’ Tiranni, erroneamente ritenuto (da Francesco Migliaccio, Gabriele Iannelli e non pochi altri autori) opera di Natale, sulla base di un esemplare – oggi irreperibile – appartenuto al barone Rodrigo Nolli.
La straordinaria fortuna di cui godette il testo – pubblicato una prima volta a Venezia nel 1797 con l’indicazione «Italia» e, forse anteriormente, a Milano, per poi essere riproposto in altre città con edizioni prive di significative varianti – è probabilmente da ascrivere ai circuiti latomistici che ne facilitarono la diffusione. Un attento esame evidenzia nelle sue pagine una concezione ciclica della storia «con una democrazia soggetta ad eclissi e ritorni» (Guerci, 1999, p. 116) e il richiamo a una religiosità che rinvia a «qualcosa di molto simile al deismo» (ibid.).
La speranza di un concreto e diffuso riscontro positivo alle iniziative politiche avviate si rivelò presto infondata. Pochi giorni dopo, Natale compì l’ultimo atto del suo ministero ecclesiastico, sconsacrando, insieme al vescovo di Lettere e al vicario del duomo di Napoli, il sacerdote Giovanni di Napoli condannato a morte per aver istigato numerosi popolani a trucidare il 19 gennaio 1799 alcuni sostenitori della Repubblica. Ritiratosi a Capua alla fine di luglio, dopo la resa di quella fortezza cercò di fuggire, nascondendo la propria identità sotto un’uniforme militare francese. Riconosciuto e arrestato, insieme al vescovo di Capri, mons. Nicola Saverio Gamboni, fu condotto a Napoli per essere giudicato dalla Giunta di Stato. Condannato alla pena capitale il 17 agosto 1799, due giorni dopo veniva sconsacrato da tre vescovi (Giovan Vincenzo Monforte di Nola, Domenico de Jorio di Samaria, Domenico Ventapane di Tiene).
Il 20 agosto salì sul patibolo in piazza del Mercato con altri repubblicani, tra cui Eleonora Fonseca Pimentel.
La condanna a morte e la conseguente impiccagione provocarono la ferma protesta da parte della curia romana e dello stesso pontefice Pio VII, che non esitò a colpire con la scomunica i giudici responsabili della sentenza, i prelati dissacratori, nonché mons. Gervasio e Vincenzo Maria Torrusio, vescovo di Capaccio e generale dell’esercito sanfedista, ritenuti ispiratori del verdetto e del tragico epilogo.
Fonti e Bibl.: Casapulla, Arch. parrocchiale, Battesimi, libro VII, c. 117, n. 1053; Arch. segreto Vaticano, Dataria apost., Processus Datariae, vol. 170, cc. 382 ss.; Arch. concist., Acta Camerarii, vol. 41, c. 509; Lettera di M. N. a Ferdinando IV, novembre 1797 (con una presentazione di B. Marrocco), in Capys. Annuario degli «Amici di Capua», VIII (1974), p. 136; M. Battaglini, Atti, leggi, proclami ed altre carte della Repubblica napoletana, II, Salerno 1983, pp. 1268 s.; C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, a cura di R. de Lorenzo, 3 voll., Napoli 1999, ad ind.; F. Lomonaco, Rapporto al cittadino Carnot con la traduzione dell’opera dell’Abate di Mably De’ diritti e doveri del cittadino, a cura di A. De Francesco, Manduria 1999, p. 250; I «Giornali» di Diomede Marinelli, in M. Battaglini, La Repubblica napoletana, diari, memorie, racconti, II, Milano 2000, pp. 81, 85; M. D’Ayala, Vite degl’italiani benemeriti della libertà e della patria uccisi dal carnefice, Torino-Roma-Firenze 1883, pp. 442-451; F. Migliaccio, Di monsignor M. N. vescovo di Vico Equense. Cenno biografico, Caserta 1891; G. Iannelli, Cenni storici biografici di monsignor M. N. Note critiche e documenti, Caserta 1891 (ristampa a cura del Comune di Casapulla, Pomigliano d’Arco 1999); G. Parascandolo, Bio-grafia di monsignor M. N. vescovo di Vico Equense, Castellammare di Stabia 1900; A. Perrella, L’anno 1799 nella provincia di Campobasso. Memorie e narrazioni documentate con notizie riguardanti l’intiero ex Regno di Napoli, Caserta 1900 (ristampa con prefazione di A.M. Rao, Ferrazzano 2000), pp. 546 s.; B. Croce, Federico Münter e la massoneria a Napoli nel 1785-86, in Id., Aneddoti di varia letteratura, III, 2a ed., Bari 1954, pp. 168-180; C. Francovich, Storia della massoneria in Italia dalle origini alla rivoluzione francese, Firenze 1974, pp. 349-352; Il catechismo repubblicano di M. N., vescovo di Vico Equense, a cura di G. Acocella, Vico Equense 1978; D. Ambrasi, Riformatori e ribelli a Napoli nella seconda metà del Settecento. Ricerche sul giansenismo napoletano, Napoli 1979, p. 206; A. Trombetta, La verità sul catechismo repubblicano attribuito a mons. N. vescovo di Vico Equense, Veroli 1980; Id., Sorrento e la sua penisola attraverso i secoli: strade, mezzi di trasporto e vicende varie (in appendice Vita di mons. N. alla luce dei documenti), Casamari 1993, pp. 183-209; Id., Vita di mons. N. alla luce dei documenti ed il catechismo repubblicano a lui falsamente attribuito, Casamari 1999; P. D’Albore, Ricordo di M. N., vescovo di Vico Equense, San Nicola la Strada 1996; L. Guerci, Istruire nelle verità repubblicane. La letteratura politica per il popolo nell’Italia in rivoluzione (1796-1799), Bologna 1999, pp. 23, 105, 115, 121, 132, 154, 167-170; Catechismi repubblicani. Napoli 1799, a cura di P. Matarazzo, Napoli 1999, pp. LXXIII-LXXVI, LXXXV-LXXXVII; Il clero giacobino. Documenti inediti, II, I catechismi repubblicani. N., Pistoja, Astore, Tataranni, a cura di A. Pepe, Napoli 1999, pp. 15-52; G. Fonseca, Il governo delle diocesi meridionali tra Regno e Repubblica, in Il cittadino ecclesiastico. Il clero nella Repubblica napoletana del 1799, a cura di P. Scaramella, Napoli 2000, pp. 128-134, 140; L. Guerci, I catechismi repubblicani a Napoli nel 1799, in Napoli 1799. Fra storia e storiografia, Atti del convegno internazionale… 1999, a cura di A.M. Rao, Napoli 2002, pp. 434, 440, 453-455, 459 s.; R. Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ‘700, II, Città di Napoli, Roma 2008, pp. 366-368.