MONTI, Michelangelo
MONTI, Michelangelo. – Nacque a Genova in una famiglia benestante (il padre era un agiato ragioniere). Sulla data di nascita non vi è certezza, propendendo alcuni autori per il 1° settembre 1749 (Ausenda, 1983), altri per il 7 settembre 1751 (Fabi Montani, 1841).
Dimostrata, fin dall’infanzia, una spiccata attitudine allo studio, entrò nel collegio degli scolopi della sua città, dove ebbe come maestri i padri Francesco Antonio Fasce, che gli insegnò i rudimenti della lingua italiana e latina, e Giacinto Clemente Ageno, che lo iniziò allo studio del greco. La formazione nelle Scuole pie fu determinante nella sua scelta di abbracciare la vita religiosa in quell’ordine: all’inizio del 1769 si recò Roma e, dopo poco più di un anno di noviziato, il 29 aprile 1770, pronunciò i voti solenni.
Nell’Urbe Monti perfezionò la sua preparazione teologica e filosofica sotto la guida, rispettivamente, dei padri Voena e Saladini, segnalandosi come uno dei più brillanti ospiti del collegio Nazareno, al quale era stato destinato. Qui, venuto a contatto con il padre Luigi Godard (uno dei maggiori esponenti dell’Arcadia, della quale sarebbe poi stato custode generale con lo pseudonimo di Cimante Micenio), si impegnò nello studio della lingua e della letteratura italiana (in particolar modo Dante), e si dedicò , con crescente passione, all’esercizio della poesia.
Le assidue frequentazioni con gli ambienti arcadici, nei quali Monti divenne ben presto noto con il nome di Penelao Zacintio, gli permisero di stringere amicizia con alcune importanti figure del sodalizio poetico, fra le quali il conte Giovanni Fantoni (più noto come Labindo) e il suo celebre omonimo Vincenzo Monti, «dal qual era non poco stimato siccome rilevasi da una lettera che il ferrarese poeta di poi gli diresse» (ibid., p. 4). Fu anche grazie alla notorietà e alla stima acquisite nell’Arcadia che Monti, sul quale si andavano concentrando le attenzioni dei vertici del suo ordine, poté intraprendere una significativa carriera all’interno delle principali istituzioni scolopiche.
Nel 1774 fu inviato a insegnare retorica a Siena, dove il granduca Leopoldo aveva da poco affidato ai padri delle Scuole pie il prestigioso collegio Tolomei, prima gestito dai gesuiti. Nel 1779 fu trasferito a Ravenna: qui, nel collegio Barberini (anch’esso appena assegnato agli scolopi) entrò nelle grazie del cardinale Luigi Valenti Gonzaga, con il quale non ebbe difficoltà a condividere la passione per Dante, che il prelato aveva manifestato in quegli anni patrocinando il restauro e l’abbellimento della tomba del poeta fiorentino. Nel 1781 Monti fu richiamato a Roma a occupare la cattedra di eloquenza nel collegio Nazareno. La permanenza nell’Urbe, dove poté di nuovo frequentare assiduamente l’Arcadia, non fu tuttavia molto lunga. Nel 1785, infatti, gli fu proposto di trasferirsi in Sicilia, isola che si sarebbe rivelata l’ultima tappa del suo vivace itinerario culturale, e dove avrebbe passato il resto della sua esistenza.
La morte del padovano Domenico Salvagnini aveva infatti lasciato scoperta la cattedra di eloquenza dell’Accademia degli studi di Palermo. La Curia romana, alla quale erano giunte richieste dalla Sicilia perché indicasse un uomo all’altezza di rimpiazzare il docente scomparso, segnalò Monti. Il trasferimento nell’isola (fortemente caldeggiato da alcuni esponenti della nobiltà siciliana, come Giuseppe e Gateano Ventimiglia di Belmonte e Lancellotto Castelli di Torremuzza, che lo avevano conosciuto al Nazareno e ne avevano apprezzato le qualità di didatta) trovò tuttavia notevoli resistenze nei vertici delle Scuole pie, che furono superate solamente grazie all’interessamento di alcune influenti personalità curiali vicine a Pio VI.
Giunto a Palermo nell’ottobre 1785 come professore di eloquenza, Monti acquisì un posto di rilievo nell’Accademia, impegnata in quegli anni a ottenere la promozione al titolo di Università nonostante le forti resistenze dell’Ateneo di Catania (il primo e, fino a quel momento, l’unico della Sicilia), che non era disposto a perdere il monopolio nella formazione culturale delle élites siciliane.
L’istituzione dell’Università palermitana (effettivamente avvenuta nel 1805), consentì al padre scolopio, già «accettissimo da quella siciliana nobiltà» (ibid., p. 7), di accrescere il proprio prestigio e di imporsi come uno dei più apprezzati poeti e dei più ricercati precettori del suo tempo. Molti furono i giovani siciliani che, formati da Monti e avviati «colle sue orazioni e colle sue poesie verso i gentili studii» (Scinà, 1827, p. 430), ne conservarono un ammirato ricordo nella maturità. È il caso di Vito d’Ondes Reggio (ragguardevole esempio di patriota cattolico meridionale), del padre scolopio Domenico Avella (un letterato che dopo la morte del maestro fu il più solerte raccoglitore delle sue opere, delle quali tentò di approntare una pubblicazione sistematica), o di Agostino Galli (che ereditò molti manoscritti del maestro, e al quale si deve, oltre a un panegirico, la lapide commemorativa nella chiesa palermitana di S. Domenico). Il metodo educativo di Monti (presto adottato anche nel seminario arcivescovile di Palermo) si basava su «parchi e ragionati» precetti «frutto del suo lungo studiare sopra i classici», e sugli esempi «tratti dai migliori autori greci, latini e italiani e minutamente analizzati sia in fatto di lingua sia di pensier e raziocinio» (Fabi Montani, 1841, p. 6).
Nella sua ricca produzione poetica per lo più ispirata alla fisica e alla storia naturale, Monti, pur non discostandosi dagli schemi stilistici e contenutistici della lirica arcadica, si mostrava «scrittore di robusto stile e di fantasia» (Pananti, 1830). Fu prolifico autore anche di discorsi sacri (come quelli in onore di s. Ignazio martire e di s. Francesco di Sales, o del beato Giuseppe Tomasi), di poesie bibliche (un genere destinato ad avere largo successo nella Sicilia di primo Ottocento, di cui si ricordano L’ombra di Davide presso alla culla del Redentore; Per l’Assunzione di Maria Vergine; Per Maria Addolorata), di orazioni funebri (si segnala In morte di donna Carlotta Maria Clotilde Ventimiglia), di libretti d’opera (come il melodramma buffo in due atti Gli elisi delusi, che Gaspare Spontini musicò nel 1800), e di varie cantate (come La gara fra i beni e le virtù, composta nel 1792 per celebrare il compleanno di Ferdinando di Borbone re delle Due Sicilie, Aretusa ed Alfeo e Il sogno di Enea, pubblicate a Palermo rispettivamente nel 1794 e nel 1795).
Nel 1819, dopo 34 anni di insegnamento, lasciò la cattedra di eloquenza e gli venne conferito il titolo di gran cancelliere dell’Università di Palermo. Gli ultimi anni della sua vita non furono tuttavia sereni. I moti del giugno 1820 (scoppiati in Sicilia per rivendicare un maggior peso dell’isola nel restaurato regno borbonico) e le violenze che ne seguirono turbarono profondamente Monti ed ebbero l’effetto di accentuare alcuni disturbi (fisici e mentali) che aveva iniziato ad accusare. «Infermiccio e logoro dagli anni» prese così a vagare, senza una meta precisa «qua e là per vari comuni» (Fabi Montani, 1841, p. 6), fino a quando non venne trasferito a Termini Imerese, dove si tentò di curarlo con una terapia termale.
Ritornato a Palermo, morì il 13 febbraio 1823. Fu tumulato nella cappella del Crocifisso della chiesa di S. Domenico.
All’indomani della sua scomparsa alcuni allievi cercarono di raccoglierne i numerosi lavori e di pubblicare i molti manoscritti rimasti inediti. Nel 1822 (quando ancora l’autore era in vita) venne dato alle stampe a Palermo un primo volume delle sue opere (Prose italiane di vario genere, cioè orazioni funebri e panegirici), al quale avrebbero dovuto fare seguito altri 5 volumi, «ma quell’impresa non fu continuata » se non parzialmente «per mancanza di mezzi e di incoraggiamento» (ibid., p. 7). Solamente altri due volumi videro pertanto la luce: le Poesie scelte (Palermo 1839) e le Orazioni funebri e sacre (Palermo 1840).
Fonti e Bibl.: In morte di M. M. insigne poeta ed oratore. Stanze liriche di Agostino Gallo, Palermo 1823; F. Nascé, De morte Michaelangeli Montis celeberrimi poëtae elegia, Palermo 1825; D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, III, Palermo 1827, pp. 428-430; F. Pananti, Avventure e osservazioni sopra le coste di Barberia, I, Napoli 1830, p. 138; F. Fabi Montani, Elogio storico del padre M. M. delle Scuole pie, Roma 1841; O. Tiby, Il Real Teatro carolino e l’Ottocento musicale palermitano, Firenze 1957, p. 17; Dizionario enciclopedico della letteratura italiana, IV, Bari-Roma 1967, pp. 51 s.; A. Sindoni, Le Scuole pie in Sicilia. Note sulla storia dell’Ordine scolopico dalle origini al secolo XIX, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, XXV (1971), pp. 395, 398; G. Ausenda, in Diccionario enciclopedico escolapio, II, Salamanca 1983, p. 383; P. Fragapane, Spontini, Firenze 1983, p. 145; G. Carli Ballola, Spontini, Gaspare, in Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, VII, Torino 1988, p. 413; L. Zazzorini, Percorsi educativi della nobiltà perugina nelle scelte di esponenti della famiglia Bourbon di Sorbello nei secoli XVIII-XIX, in Educare la nobiltà, Atti del Convegno nazionale di studi… Perugia… 2004, a cura di G. Tortorelli, Bologna 2005, pp. 313, 336.