JERACE (Gerace), Michelangelo (Michel Angelo)
Scarse sono le notizie biografiche pervenuteci circa questo musicista calabrese attivo nella prima metà del XVIII secolo.
Secondo lo Schmidl sarebbe nato a Polistena, presso Reggio di Calabria, il 4 ag. 1693; Francesca Turano sostiene che potrebbe identificarsi con uno dei due Michelangelus Jeraci che figurano nei registri di battesimo di Polistena rispettivamente in data 8 nov. 1706 e 6 apr. 1710, e inoltre ritiene che fosse ancora in vita a Londra al momento della pubblicazione dei suoi Twelve favorite trios, databili intorno al 1780, ma la stampa non porta alcun segno (dedicatoria, lettera di accompagnamento o nota introduttiva) che possa avvalorare tale ipotesi.
Dal Registro dei conti marzo 1729 - aprile 1752 dei Milano, principi di Ardore e marchesi di San Giorgio Morgeto e di Polistena, conservato presso la Biblioteca comunale di Polistena, risulta che lo J. fu maestro di cappella presso il principe Giovanni Domenico, noto mecenate cui fra gli altri Domenico Scorpione dedicò le sue Riflessioni armoniche (Napoli 1701), dal 1° giugno 1730 fino al 1740, quando la cappella venne sciolta. In quell'anno, infatti, morì Giovanni Domenico Milano, e il figlio Giacomo Francesco, anch'egli musicista, fu nominato ambasciatore del re di Napoli alla corte di Luigi XV, dove rimase fino al 1752. Probabilmente lo J. seguì il marchese a Parigi, e di lì poi si recò a Londra, dove trovò grande accoglienza e notevole successo: è quanto emerge dal frontespizio della sua unica pubblicazione nota, Twelve favorite trios for two violins and a violoncello with a thoro' bass for the harpsichord composed by the celebrated Michel Angelo Jerace… London.
Sempre secondo lo Schmidl, lo J. sarebbe morto a Parigi intorno alla metà del XVIII secolo.
La cappella musicale dei Milano non aveva un organico stabile - gran parte dei musicisti venivano chiamati di volta in volta in base alle necessità -, ma quello più ricorrente era composto da un violoncellista, due violinisti, due cornisti, un cantante e un cembalista. È molto probabile, quindi, che la predilezione dello J. per le "sonate a tre" - due violini, violoncello e cembalo - sia dovuta alla sua maggiore frequentazione con l'organico di cui disponeva durante la sua attività di maestro di cappella presso la corte dei Milano a Polistena. Tra le sue opere che si conservano figurano, infatti, venti sonate a tre e un solo brano vocale: il Laetatus sum a quattro voci, due violini e cembalo, manoscritto autografo datato 1742, che si conserva presso la Biblioteca del conservatorio di musica S. Pietro a Majella di Napoli. Non si ha invece più notizia del Dixit a quattro voci con strumenti, citato da Schmidl e Calcaterra, né dei "volumi ancor sistenti / di una musica antica e numerosi" di cui parla Gian Francesco Rodinò in una sua poesia dedicata allo Jerace.
Le venti sonate a tre, seppure con denominazioni differenti, si riscontrano in due antologie, una a stampa e una manoscritta, e in sette manoscritti di altrettante singole composizioni.
La fonte a stampa è quella londinese menzionata in precedenza: essa contiene dodici brani in tre libri-parte (violino primo, violino secondo e basso), otto dei quali ricorrono anche nelle altre fonti e solo quattro si presentano come unica. La silloge manoscritta, Trii per due violini e un basso del sig. Michel Angelo Jerace, che presenta dodici "sinfonie" in partitura, di cui cinque unica, si conserva presso la Biblioteca del conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli. Nel Fondo Noseda della Biblioteca del conservatorio G. Verdi di Milano si conservano invece cinque "sinfonie" e un "concerto" in copie manoscritte per parti separate. Solo due brani di questo gruppo sono unica, mentre gli altri quattro ricorrono anche nelle fonti citate. Come unicum si presenta invece la Sinfonia per due violini e basso del sig. Michel Angelo Jerace napolitano, un manoscritto in parti staccate, che si conserva presso la Biblioteca del Conservatorio N. Paganini di Genova.
Le sonate dello J. sono quasi tutte in quattro movimenti, tranne la Sinfonia VIII della fonte napoletana, che è in tre tempi, e la Sinfonia IX della stessa fonte, che è in cinque tempi. In tre movimenti sono pure la Sinfonia a due violini e basso… IX, del Fondo Noseda, e quella della fonte genovese. Dal punto di vista stilistico-formale, l'impostazione prevalente è, quindi, quella della sonata a tre "da chiesa", anche se l'autore dimostra di non ignorare le tecniche espressive dello stile galante. Il primo movimento, in genere, è molto breve e ha funzione di preludio, mentre il secondo, quasi sempre una fuga in tempo veloce, è molto sviluppato; il terzo movimento è per lo più in tempo ternario su ritmi di sarabanda con estensione molto variabile e a volte sconfina nel quarto movimento, che quindi segue senza soluzione di continuità.
Fonti e Bibl.: G.F. Rodinò, Poesie varie, Napoli 1843, p. 59; P. Calcaterra, Monografia di Polistena, Polistena 1931, p. 46; G. Gasperini - F. Gallo, Catalogo delle opere musicali… Città di Napoli, Biblioteca del R. Conservatorio di musica di S. Pietro a Majella, Parma 1934, p. 119; E.B. Schnapper, The British Union-Catalogue of early music printed before the year 1801, I, London 1957, p. 556; S. Pintacuda, Genova, Biblioteca dell'Istituto musicale "Nicolò Paganini". Catalogo del Fondo antico, Milano 1966, p. 276; D. Valensise, Monografia di Polistena (1863), Cosenza 1971, p. 131; A. Magaudda, La cappella musicale di Polistena, in Riv. italiana di musicologia, XVII (1982), pp. 109-133; F. Turano, Le sonate a tre di M.A. J., tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 1980-81; Id., Le sonate a tre di M. J., in Riv. italiana di musicologia, XVII (1983), pp. 49-66; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 751; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, p. 411.