CARMELI, Michelangelo
Nacque il 27 sett. 1706 a Cittadella (Vicenza) da Michele e da Fabia Parini. Il suo nome di battesimo era veramente Zeno, cambiato poi in quello di Michelangelo quando entrò nell'Ordine dei minori osservanti. Studiò nei collegi dell'Ordine a Verona e a Padova (dove ebbe come maestro Geremia Mioni); poi si recò a Roma per perfezionarsi nello studio del greco e dell'ebraico. Ritornato nella nativa regione, si dette per qualche tempo a insegnare greco a Cento e a Udine, fino a quando, nel 1739, fu nominato a Padova lettore in sacra teologia.
Ascritto all'Accademia padovana dei Ricovrati, fu chiamato dall'università per ricoprire la cattedra di lingue orientali non appena tale cattedra fu istituita per decreto del Senato veneto (11 apr. 1744). In questo periodo il C. ebbe modo di intervenire direttamente su problemi riguardanti il testo della Bibbia: ne rendono testimonianza la Risposta ad una lettera di Giuseppe Torelli (Padova 1744), nella quale il veronese aveva sollecitato un parere del C. intorno alle Animadversiones in Hebraici Hexodi librum et in Graecam LXX interpretationem e due Spiegamenti (Venezia 1765 e 1767), in cui l'autore entrava nel vivo dei dibattiti sui problemi inerenti all'interpretazione biblica impugnando vivacemente alcune soluzioni volteriane e proponendo un più ortodosso significato di passi contro versi.
Ad un lavoro letterario il C. attese con l'impegno che richiedeva un'opera di vasta risonanza culturale. Si tratta della traduzione delle Tragedie di Euripide che, con l'aggiunta di Frammenti e di una serie ingente di annotazioni, fu pubblicata a Padova tra il 1743 e il '53. La traduzione col testo originale a fronte documenta un notevole tentativo di resa letterale: ciò che talvolta conferisce alla traduzione un'impronta di pedanteria che fu rimproverata al Carmeli. Questi si difese da siffatta accusa con un opuscolo intitolato ProEuripide et novo eius Italico interprete dissertatio (Patavii 1750) e una Oratio apologetica (Patavii 1752), in cui ribadiva l'assoluta legittimità di un metodo strettamente filologico. Nel medesimo periodo in cui il C. lavorava al volgarizzamento di Euripide, pubblicava una Storia di vari costumi sacri e profani degli antichi sino a noi pervenuti (Padova 1750), opera in due tomi di vasta erudizione, in cui lo scrittore auspicava una profonda conoscenza di testi profani che potesse garantire una più nutrita investigazione delle Sacre Scritture. In quest'ambito il C. non mancava di rintracciare le origini di alcune divinità pagane, di antichi proverbi, e tentava di delucidare l'etimologia di alcune parole originate da particolari usi in vigore presso le popolazioni pagane; infine sottolineava i punti di convergenza e di discordanza tra le teorie dei filosofi classici e quelle dei Padri della Chiesa.
Un'altra cospicua serie di scritti rivela una indefessa attività del C. per oltre un ventennio di magistero presso lo Studio patavino. Nel 1738 aveva pubblicato a Venezia I Panegirici di s. Pietro d'Alcantara e del b. Giuseppe da Lionessa cappuccino, cui fece seguito, edito sotto lo pseudonimo anagrammato di P. Lacermi, il Commentarius in Militem Gloriosum Plauti, et eiusdem fabulae interpretatio, Venetiis 1742. Inserendosi nel solco di una nutrita tradizione che dal Quattrocento aveva guardato con interesse alla commedia di Aristofane, pubblicò a Venezia nel 1752 Il Plutodi Aristofane tradotto in versi italiani col testo greco a fronte.Seguirono Dissertazioni tre (Padova 1756)su luoghi classici - da Omero ad Erodiano - di controversa interpretazione; Il concilio degli Dei (Padova 1757), poemetto in onore del procuratore di S. Marco Lorenzo Morosini; Il Filolipo, raccolta di versi stampata a Venezia nel 1742e ristampata con qualche aggiunta a Bassano nel 1765.Postume furono pubblicate a Roma nel 1768le Dissertazioni varie filologiche.Nessuna di queste opere aggiunge titoli di merito al C. rispetto alla precedente produzione. Il poemetto e la raccolta di versi ripropongono stancamente i moduli della poesia encomiastica di scuola arcadica, le dissertazioni si pongono sulla linea di una tradizione umanistica particolarmente viva nell'ateneo padovano, ma sono ormai improntate a una curiosità esclusivamente erudita.
Il C. morì a Padova il 15 dic. 1766.
Bibl.: E. De Tipaldo, Biogr. degli Italiani illustri…, V, Venezia 1837, pp. 497 ss.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1949, ad Indicem; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclésiastiques, XI, col. 1104.