MAILLE (Maglia), Michel (Michele)
Figlio di Pietro nacque a Saint-Claude, nell'Alto Giura francese, intorno al 1643, come si ricava da un verbale di congregazione dell'Accademia di S. Luca di Roma del 1 genn. 1667 (Marchionne Gunter, 1997). È probabile che proprio a Saint-Claude il M. abbia frequentato le botteghe di Denis o di Jacques-Antoine Rosset, imparando a intagliare "piccole figure di avorio" (Baldinucci). Con queste conoscenze tecniche, il giovane M. si trasferì a Roma, presumibilmente intorno al 1666, entrando in contatto con E. Ferrata e gli artisti della sua cerchia.
In occasione della sua prima commissione pubblica il M. venne chiamato a partecipare alla gigantesca operazione delle statue per il colonnato di S. Pietro. In questa stagione del cantiere la presenza degli allievi di Ferrata risulta predominante; con i nomi di G. Mazzuoli, L. Ottoni e F. Carcani compare anche quello del M., autore di due Santi non identificati per i bracci curvi nord e sud del colonnato, per i quali ricevette i primi pagamenti tra il maggio e il giugno del 1668. I lavori eseguiti in S. Pietro valsero al M. nel 1677 la commissione di una delle otto Sante francescane per il coronamento della chiesa di S. Maria dei Miracoli (Golzio, 1941), cantiere passato poco tempo prima sotto la direzione dell'architetto C. Rainaldi. All'inizio degli anni Settanta del Seicento, Rainaldi diresse l'affiatata équipe degli allievi di Ferrata nei lavori del giardino di palazzo Borghese, seguendo l'erezione di tre monumentali fontane in travertino e stucco.
La struttura centrale con Diana e le ninfe fu eseguita da L. Retti; mentre F. Carcani e F. Cavallini si occuparono rispettivamente della fontana di destra dedicata a Flora e di quella di sinistra con le Tre Grazie. Dalla scansione dei pagamenti erogati agli artisti, si riscontra che Carcani e Cavallini si avvalsero entrambi della collaborazione del Maille. Il suo ruolo in questa fase fu circoscritto alla produzione di modelli e putti per i quali ricevette un compenso complessivo di 170 scudi (Hibbard).
Il connubio tra l'architetto e quei giovani scultori si rinnovò anche nel Monumento del cardinal Carlo Bonelli in S. Maria sopra Minerva; per questa complessa macchina funebre il M. realizzò l'allegoria marmorea della Religione, ricevendo il saldo di 235 scudi il 31 genn. 1674 (Giometti, in corso di stampa).
È tuttavia la commissione seguente a segnare la definitiva consacrazione del M.: non appena concluso il suo impegno alla chiesa della Minerva, G.L. Bernini lo chiamò al suo fianco per scolpire la statua inginocchiata di Alessandro VII (1675-76), nel monumento di papa Chigi in S. Pietro. Ormai quasi ottuagenario, nel 1677 Bernini diresse i lavori della fontana voluta da Dom Luís de Meneses, terzo conte di Ericeira, per il giardino del suo palazzo dell'Annunciada sulle colline di Lisbona (oggi nel parco del Palácio nacional de Queluz).
Una volta eseguiti i disegni per delineare la figura di Nettuno e dei quattro Tritoni, Bernini lasciò che i modelli e le sculture venissero realizzati da Ferrata, il quale lavorò alla statua del Nettuno con la collaborazione del M. come unico assistente (Baldinucci).
Sul finire degli anni Settanta il M. si avviava a partecipare ad alcune imprese decorative su scala monumentale incentrate sull'impiego dello stucco come materiale d'eccellenza. Nella volta della chiesa del Gesù, con A. Raggi, L. Retti e G. Rinaldi, fu attivo sotto la direzione di G.B. Gaulli anche il M., autore delle sculture "nel braccio à man destra": indicazione di Titi (p. 102) che trova conferma in un inedito pagamento di 100 scudi "per saldo di 4 Statue", effettuato direttamente dal soprintendente Gaulli il 12 dic. 1679 (Banco di S. Spirito, ad annum). Sul finire del 1682 s'iniziarono anche i lavori di ammodernamento scultoreo nella chiesa del Gesù e Maria al Corso affidati a C. Rainaldi.
Al M. vanno assegnate tutte le figure sulla parete sinistra: i sei Profeti con putti ai lati delle finestre dell'ordine superiore, i Ss. Giovacchino e Zaccaria delle nicchie sotto la cornice marcapiano e ancora il Re David della controfacciata, il cui modello in terracotta è conservato al Museo del Palazzo di Venezia (Sculture in terracotta().
Ai primi anni Ottanta del Seicento risalgono altre singole realizzazioni in stucco quali la statua di S. Filippo Neri nell'oratorio dei filippini (1681: Dunn), i due Angeli in stucco sul cornicione marcapiano dell'altare di S. Lazzaro nella chiesa di S. Martina (1681: Giometti, in corso di stampa) e l'allegoria della Giustizia adagiata sul timpano dell'altare maggiore in S. Giovanni dei Fiorentini.
Nella continua alternanza di tecniche il M. non tralasciò di dedicarsi anche a opere in marmo. Tra il 1682 e il 1684 lavorò nella cappella di S. Pietro d'Alcántara all'Aracoeli, ristrutturata da G.B. Contini.
Qui realizzò l'intero apparato decorativo scolpendo il S. Pietro in estasi davanti alla Croce per l'altare e i due Angeli che sorreggono i medaglioni con S. Ranieri e S. Stefano, rispettivamente per le pareti di destra e di sinistra. Di queste ultime composizioni restano i modelli preparatori: la terracotta con S. Ranieri fu acquistata nel 1972 sul mercato antiquario inglese ed è ora nel Museo del Palazzo di Venezia; mentre l'altra si conserva nella collezione Pico Cellini, sempre a Roma. Quest'ultima, tuttavia, differisce dall'opera finita, nel ritrarre l'effigie di una Santa anziché del S. Stefano (Fagiolo dell'Arco). Una spiccata plasticità contraddistingue il bell'Angelo (1685-92) di marmo inginocchiato sulla sinistra dell'altare della cappella Barsotti in S. Maria in Campitelli. In questo stesso contesto si attribuiscono tradizionalmente al M. i Putti a metà della cornice e quelli della volta, eseguiti a stucco in collaborazione con Cavallini (Ferrari - Papaldo) e G. Baratta (Marchionne Gunter, Documenti, 2003).
Il 1686 segnò la scomparsa di Ferrata; il M. aveva condiviso con il maestro le stanze della sua abitazione almeno per il biennio 1670-71 (parrocchia di S. Biagio alla Pagnotta), ma anche in seguito alla sua morte è indicato come abitante "nel vicolo delle Carceri, nello Studio, che era del Sig.r Ercole Ferrata" (Arch. di Stato di Roma, Carmelitani calzati, S. Maria in Transpontina, 9, c. 431). Proprio il M. con Carcani, l'11 luglio 1686 prendeva parte alla stesura dell'inventario delle centinaia di modelli presenti nell'atelier ferratesco, destinati a essere suddivisi tra gli allievi e le accademie di S. Luca e Ambrosiana. Nei quasi vent'anni passati con Ferrata, il M. era riuscito a guadagnarsi crescenti riconoscimenti che gli valsero nel 1676 l'accesso, mai ufficializzato, alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Tiberia), e nel 1678, l'ingresso nei ranghi dell'Accademia di S. Luca. Inoltre, la buona stabilità economica gli aveva dato agio di creare un suo nucleo familiare, sposando Cecilia Dorotea Totti: il 12 sett. 1687 i coniugi M. ricevettero un sussidio dotale di 25 scudi dalla chiesa di S. Maria dell'Anima.
L'affiorare dei documenti d'archivio sta portando alla luce elementi del tutto inediti di questi delicati anni di passaggio. L'attività del M. ritrattista si sostanzia di due importanti opere: del 1689 è il busto di Lorenzo Onofrio Colonna nella collegiata di S. Andrea a Paliano, seguito a breve distanza da quello di Monsignor Francesco Liberati, collocato entro la mostra disegnata da Mattia De Rossi nello scalone della canonica di S. Maria Maggiore (1690-91: Marchionne Gunter, Documenti, 2003). Di estremo interesse è pure l'impegno nel campo del rilievo scultoreo in marmo, tipologia che sembrava essere assente dal catalogo del M. e che oggi trova, nel rilievo con la Sacra Famiglia sopra il portale d'ingresso del collegio Ghisleri a via Giulia, l'unica composizione a più figure in quel materiale, iniziata nel luglio 1687 e saldata per 100 scudi nel settembre 1689 (Giometti, in corso di stampa). Ancora tutta da approfondire è la presenza del M. in S. Antonio dei Portoghesi, ove nel 1688 lavorò in collaborazione con Cavallini su committenza di Giacomo Cimini.
Per una successiva ricomparsa del M. nell'ambito di un grande cantiere decorativo si dovrà attendere il 1689, quando, in compagnia di C. Rusconi e sotto la direzione di De Rossi, fu chiamato a intervenire nei lavori nella chiesa di S. Silvestro in Capite.
Al M. fu assegnata l'esecuzione dei quattro Angeli con relativi Putti dell'ala nord del transetto, insieme con un'altra coppia di Angeli e Putti sopra l'arco della tribuna in posizione simmetrica a quella di Rusconi (Lavin).
Proprio al biennio 1688-89 si dovrebbe far risalire anche l'intervento congiunto del M. e di Ottoni nell'oratorio dei pescivendoli presso la chiesa di S. Angelo in Pescheria. Di Gioia (1988), su basi stilistiche, assegna ai due artisti l'intero ciclo di stucchi con gli Evangelisti e i Padri della Chiesa della navata e il rilievo con S. Andrea della facciata.
Nei primi mesi del 1692, fu indetto un pubblico concorso per la decorazione della cappella del Battesimo nella basilica Vaticana. I provvisori della fabbrica selezionarono i progetti di D. Guidi e dell'architetto C. Fontana: a partire dal settembre del 1692, il primo fu impegnato a eseguire il gruppo del Battesimo di Cristo; mentre il secondo affidò la realizzazione delle quattro Virtù da lui ideate ad altrettanti scultori.
Di quel gruppo facevano parte, oltre a G. Lucenti, Ottoni, il M. e il suo connazionale Jean-Baptiste Théodon. Autori rispettivamente delle figure della Fede, dell'Innocenza e della Religione, i tre artisti modellarono a sei mani anche la statua della Purezza lasciata incompiuta da Lucenti e congedarono le sculture - oggi perdute - ai primi di marzo del 1693 (Giometti, 2003). Il 14 giugno successivo papa Innocenzo XII, al fine di contenere le spese, decise di bloccare temporaneamente ogni tipo di intervento. Fontana elaborò quindi nuovi disegni utilizzando una vasca di porfido rinvenuta nelle grotte vaticane. Benché fortemente ridimensionata rispetto al primitivo progetto, la componente scultorea rivestì anche in questa nuova fase un importante ruolo iconografico; e Fontana si rivolse ancora a Ottoni, al M. e Théodon che prepararono di concerto i modelli dei Putti; mentre quello del medaglione con la Trinità deve essere ascritto al solo intervento del M. (Montagu, 1996).
Fontana coinvolse nuovamente i tre scultori nelle fabbriche dell'ospizio apostolico dei Poveri Invalidi, per cui furono commissionate le targhe a rilievo raffiguranti il Cristo benedicente ispirate all'effigie del Salvatore scolpita da Bernini (Norfolk, Chrysler Museum).
In seguito alla ricostruzione effettuata da Di Gioia (1988), è emerso che il M. ottenne di eseguire tre dei cinque rilievi rettangolari in marmo, rinvenuti in sedi diverse rispetto alla collocazione originaria: la targa oggi al complesso monumentale di S. Michele a Ripa proviene dall'ex convento delle suore filippine di S. Croce, quella conservata nel Museo nazionale di Castel Sant'Angelo era invece collocata a palazzo Baldinotti a piazza di Pietra, mentre l'insegna in collezione privata (ubicazione ignota) si trovava alla dogana di mare a Ripa Grande.
Terminato questo primo incarico, saldato l'8 dic. 1694, il M. condivise con Ottoni il compito di realizzare anche una delle due targhe ovali da apporre sulla facciata della dogana di terra a piazza di Pietra, oggi conservate al Museo di Roma. Si deve ritenere che Fontana nutrisse buona stima del M. giacché lo chiamò in più occasioni a partecipare ai suoi cantieri. Ne sono esempio la singolare figura di S. Alberto, scolpita in marmo dallo scultore nel 1695 per l'altare fontaniano di S. Maria in Traspontina (Catena), o ancora la statua in travertino di S. Cornelio per il portico di facciata di S. Maria in Trastevere, disegnato da Fontana nel 1701.
Al di fuori delle rare committenze innocenziane, la collaborazione del M. con Ottoni e Théodon si cementò in numerose altre circostanze.
Nella cappella del Monte di pietà Théodon si aggiudicò il monumentale rilievo sopra la porticella laterale sinistra con Giuseppe che presta il grano agli Egiziani; mentre Ottoni e il M. si suddivisero i Medaglioni e i Putti di stucco destinati a ornare la cupola. Al M. si assegnano tradizionalmente il rilievo con Paolo III che conferma i privilegi concessi, i due Putti di sostegno, gli altri quattro sulle conchiglie del cornicione e anche il rilievo al centro della cupola con lo Spirito Santo in gloria. Carta (1996) assegna al M. anche il rilievo nel vestibolo con il Padre Eterno che si libra in cielo; ma la netta diversità di stile rispetto alle altre sue realizzazioni porta a escludere una sua paternità dell'opera. Il successo del M. è dimostrato inoltre dal risultato del concorso per l'assegnazione della statua di S. Ignazio destinata all'omonimo altare della chiesa del Gesù. Nel 1697 furono presentati ben dodici modelli: il M. prese parte alla competizione, e si aggiudicò la seconda posizione (Pecchiai).
Fino agli ultimi anni della sua carriera il M. privilegiò il confronto con lo stucco, esaltandone al massimo grado le qualità anche in successivi cantieri quali la cappella di S. Cecilia in S. Carlo ai Catinari e la decorazione della navata di S. Maria in Vallicella.
Nella prima il M. intervenne eseguendo, tra il 1694 e il 1695, il rilievo con S. Cecilia nella lanterna della cupola, l'Angelo con l'organo di fronte al finestrone, quattro Angeli dei pennacchi e ancora quello Portacroce sopra l'altare, modellato in gran fretta tra il 1699 e il 1700 (Ferraris). Di più ridotte dimensioni fu invece l'intervento nella navata della Vallicella, dove il M. dovette lavorare ai Putti che sorreggono le cornici con i dipinti di Daniel Seiter nella quinta campata, e agli Angeli nel transetto sinistro e a quelli nella parete destra della tribuna (Dunn).
Verso il 1700 il M. fu impegnato anche nella decorazione a stucco della chiesa di S. Maria dell'Orto a Trastevere; tuttavia i documenti rinvenuti non consentono di specificare le parti assegnate allo scultore (de Cavi). Inoltre si deve quasi interamente alla sua mano il busto marmoreo di Vittoria Parabiacchi Altieri, nella cappella della Beata Ludovica Albertoni in S. Maria in Campitelli. Il M. vi lavorò a partire dal 1699; ma nell'aprile del 1701, forse a causa di una malattia, il M. fu costretto ad abbandonare l'opera, completata da G.A. Lavaggi (Anselmi).
A conclusione del suo iter artistico, il M. tornò a scolpire alcune figure in travertino, quali il S. Stefano per il parapetto di S. Silvestro in Capite e il S. Sebastiano per il colonnato di S. Pietro completato il 2 ag. 1703. È questo il termine cronologico che testimonia l'ultima attività nota del M.; ed entro la fine del 1703 si suole fissare la data della sua morte.
Tra le opere perdute o variamente attribuite al M. si segnalano la figura di un Santo in stucco, realizzata verso il 1674 in pendant con quella di Carcani, al lato dell'altare maggiore della chiesa di S. Marcello (Titi), e i "molti modelli di Terracotta e di cera Steccata" ricordati nella Real Galleria di Toscana (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, E.B.9.5, IV: F.M.N. Gabburri, Vite di pittori [1719-41], c. 1851).
L'identità del M. è stata spesso confusa dalla critica con quella del probabile fratello François, anch'egli scultore e intagliatore attivo in ambito romano sul finire del Seicento. Già segnalato da Bertolotti, è attestato nei lavori degli organi e dei coretti in S. Maria in Vallicella (1697: Barbieri - Barchiesi - Ferrara), oltre che in numerosi interventi nel grande cantiere dell'altare di S. Ignazio nella chiesa del Gesù; nel 1697 realizzò il modello ligneo della balaustra e, successivamente, i modelletti per quattro Putti a sostegno dei candelabri (Enggass, 1974).
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