LEIRIS, Michel
Scrittore ed etnologo francese, nato a Parigi il 20 aprile 1901, morto a Saint-Ilaire (Parigi) il 3 ottobre 1990. Partecipò (1924-29) al movimento surrealista, da cui in seguito si dissociò insieme a Masson, Limbour e Boiffard. La sua opera ha esercitato una forte influenza soprattutto sul nouveau roman per aver preso come punto di riferimento un concetto chiave già lucidamente formulato in De la littérature considérée comme une tauromachie (1939; ripubblicato in ediz. definitiva in L'âge d'homme, 1946; trad. it., 1966), e cioè "Niente è mai completamente finito": concetto che intende mettere in evidenza l'aspetto rituale dell'attività creatrice.
Dopo due volumi di versi (Simulacre, 1925, e Le point cardinal, 1927, poi ripubbl. in Mots sans mémoire, 1969), L. privilegiò in toto il racconto autobiografico, gidianamente inteso come viaggio alla conoscenza di se stessi attraverso introspezione e riflessione etica, dedicando cure particolari alla dimensione stilistica. L'opera più notevole è il ciclo La règle du jeu, costituito dai quattro volumi Biffures (1948; trad. it., 1979), Fourbis (1955), Fibrilles (1966) e Frêle bruit (1976); ma si dovranno ricordare almeno il romanzo in versi Aurora (1946; trad. it., 1980) e le raccolte poetiche Tauromachies (1937), Glossaire (1940), Haut mal (1943), Nuits sans nuits et quelques jours sans jour (1947; trad. it., in Età d'uomo, cit.).
Appassionato viaggiatore e acuto osservatore, L. ha lasciato una nutrita serie di testimonianze e di contributi scientifici di alto livello per la conoscenza dei popoli e soprattutto della civiltà africana alla quale sono dedicati i saggi L'Afrique fantôme (1934; trad. it., 1984), Race et civilisation (1951), La possession et ses aspects théâtraux chez les Ethiopiens de Gondar (1958), Brisées (1966) e Afrique noire (1967; trad. it., 1984). Inoltre si ricordano L'éthnographe devant le colonialisme (1950), un ripensamento sulla posizione ambigua dell'etnografia, scienza dei colonialisti, e Contacts de civilisation en Martinique et en Guadeloupe (1955), nel quale lo studio etnografico viene riscattato come valido strumento di lotta contro il razzismo. Negli ultimi anni, oltre a un saggio su Manet (Le rouban au cou d'Olympia, 1981), una suggestiva indagine sulle proprietà affabulanti delle parole (Langage tangage, ou ce que les mots me disent, 1985) e un'attenta e affettuosa prefazione agli scritti dell'amico Picasso (1989), L. ha pubblicato A cor et à cris (1988), raccolta di impressioni oniriche e riflessioni sul grido, sulla parola e sul canto. Nel 1980 ha rifiutato il Grand Prix national des Lettres.
Bibl.: M. Nadeau, M. Leiris et la quadrature du cercle, Parigi 1963; P. de Boisdeffre, L'expérience de la révolte. M. Leiris, in Où va le roman?, ivi 1972; P. Chappuys, M. Leiris, ivi 1973; P. Lejeune, Lire Leiris, ivi 1975; Id., Le pacte autobiographique, ivi 1975; P. Lombardi, M. Leiris, in I Contemporanei. Letteratura francese, Roma 1977, pp. 245-52; A. Marchetti, L'estetica dell'autenticità di M. Leiris, in Francofonia, 2 (1982), pp. 115-18; A. Calì, Leiris: la narrazione come traccia auto-biografica, in AA.VV., Narrazione, in Lectures 13 (dic. 1983), pp. 113-28; A. Clavel, Leiris, Parigi 1984; N. Nadeau, Jeux de mots, jeux de vie, in La Quinzaine littéraire, 443 (1° luglio 1985); C. Maubon, Leiris à ''documents'', in Rivista di Letterature Moderne e Comparate, 38 (1985), pp. 283-98; Id., Leiris au travail, Pisa 1987.